I grandi campioni del calcio
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I grandi campioni del calcio
qui si parlera delle legende calcistiche i post saranno un po lunghi ma sveleranno molte cose sui calciatori
Ultima modifica di Simone er mitico il Lun 15 Set 2008, 05:50 - modificato 1 volta.
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Alex Delpiero
Alessandro Del Piero OMRI (Conegliano, 9 novembre 1974) è un calciatore italiano, attaccante della Juventus e della Nazionale italiana. È diventato campione del mondo con la Nazionale ai Mondiali di calcio del 2006. Nel 2004 è stato incluso nella FIFA 100, una lista dei 125 più grandi giocatori viventi, selezionata da Pelé e dalla FIFA in occasione delle celebrazioni del centenario della FIFA.
Attualmente è il capitano della Juventus, squadra nella quale milita dal 1993. Della squadra bianconera detiene parecchi record, fra cui il record assoluto di marcature (246 gol), oltre al record di marcature in competizioni europee (44 gol) e il primato di presenze in partite ufficiali (560). Considerato un eccezionale talento del calcio italiano è uno dei pochi calciatori che può vantare la convocazione per 3 Mondiali di calcio per nazioni e 4 Europei di calcio per nazioni. Occupa la 77° posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer.[2]
Ha vestito 90 volte la maglia della Nazionale segnando 27 reti, miglior marcatore azzurro in attività e quarto di sempre, a pari merito con Roberto Baggio. Ha fatto parte della selezione che ha vinto i Mondiali di calcio disputatisi in Germania mettendo a segno un gol nella semifinale contro i tedeschi padroni di casa e segnando uno dei rigori decisivi per la conquista del titolo nella finale contro la Francia.
Negli anni della gioventù, un particolare tipo di gol, realizzato con un tiro a rientrare (o a pallonetto) dal vertice sinistro dell'area di rigore verso l'incrocio dei pali più lontano, realizzato molte volte in sequenza di poche partite (nella stagione 1995/96, soprattutto durante la prima fase a gironi in Champions League), è stato contrassegnato dalla stampa e dal pubblico come "gol alla Del Piero"[citazione necessaria], sebbene si trattasse di un colpo realizzato magistralmente da tanti altri prima di lui ed anche dopo questa incredibile sequenza, che è stata determinante per l'attribuzione del suo nome a quel gol, poichè in quel periodo tutti si aspettavano quel tiro, quando si trovava nei pressi del vertice sinistro dell'area di rigore. A parte l'exploit del 1996, in carriera ha segnato poche altre volte in questo modo, anche a causa del progressivo miglioramento delle sue caratteristiche realizzative che gli hanno consentito di giocare più vicino alla porta.Inizia a giocare nella squadra del suo paese, San Vendemiano, dove mette subito in luce la sua bravura, anche se la madre vorrebbe che giocasse in porta, così da sudare di meno e non ammalarsi. Il sacerdote del paese, che funge anche da presidente della squadra, ne parla con alcuni dirigenti del Padova, inizalmente invano a causa delle perplessità dovute al fisico minuto ed esile.
Nonostante le iniziali titubanze viene acquistato dalla squadra patavina e la cifra fissata resta un piccolo mistero di aneddotica: 7 milioni di lire, garantisce Piero Aggradi, allora Direttore Sportivo del Padova, 30 milioni sostengono altri storici.[citazione necessaria]
All'età di 16 anni ha già esordito in Serie B. L'allenatore è Mauro Sandreani che quando ci ripensa dichiara: «Mi fermavo a vederlo giocare come se fosse "un'opera d'arte"»[3].
Gioca negli Allievi e nella partitella di metà settimana gioca contro la prima squadra. I difensori impazziscono e segna quasi sempre. Così, quando si fa male Angelo Montrone, l'idea di sostituirlo con il giovane Del Piero arriva proprio dai giocatori. Dopo due stagioni passate in bilico tra il settore giovanile, arriva così la prima squadra.
Nell'estate del 1993, la Juventus lo strappa ad un Milan un po' tentennante per il prezzo[citazione necessaria], Giovanni Trapattoni lo porta subito in ritiro e si guadagna i primi titoli sui giornali. Esordisce in Serie A il 12 settembre 1993, la partita è Foggia-Juventus 1-1 ed entra al 74' al posto di Fabrizio Ravanelli. Sette giorni dopo arriva il primo gol: Juventus-Reggiana finisce 4-0. La domenica successiva firma la sua prima tripletta in carriera.
In quella stagione si divide tra Primavera, con cui vince lo scudetto ed il Torneo di Viareggio, e prima squadra, con la quale esordisce anche in Europa. Nell'estate del 1994 nella Juventus cambiano i vertici, arrivano Giraudo, Bettega, Moggi ed arriva l'allenatore Marcello Lippi.
Attualmente è il capitano della Juventus, squadra nella quale milita dal 1993. Della squadra bianconera detiene parecchi record, fra cui il record assoluto di marcature (246 gol), oltre al record di marcature in competizioni europee (44 gol) e il primato di presenze in partite ufficiali (560). Considerato un eccezionale talento del calcio italiano è uno dei pochi calciatori che può vantare la convocazione per 3 Mondiali di calcio per nazioni e 4 Europei di calcio per nazioni. Occupa la 77° posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer.[2]
Ha vestito 90 volte la maglia della Nazionale segnando 27 reti, miglior marcatore azzurro in attività e quarto di sempre, a pari merito con Roberto Baggio. Ha fatto parte della selezione che ha vinto i Mondiali di calcio disputatisi in Germania mettendo a segno un gol nella semifinale contro i tedeschi padroni di casa e segnando uno dei rigori decisivi per la conquista del titolo nella finale contro la Francia.
Negli anni della gioventù, un particolare tipo di gol, realizzato con un tiro a rientrare (o a pallonetto) dal vertice sinistro dell'area di rigore verso l'incrocio dei pali più lontano, realizzato molte volte in sequenza di poche partite (nella stagione 1995/96, soprattutto durante la prima fase a gironi in Champions League), è stato contrassegnato dalla stampa e dal pubblico come "gol alla Del Piero"[citazione necessaria], sebbene si trattasse di un colpo realizzato magistralmente da tanti altri prima di lui ed anche dopo questa incredibile sequenza, che è stata determinante per l'attribuzione del suo nome a quel gol, poichè in quel periodo tutti si aspettavano quel tiro, quando si trovava nei pressi del vertice sinistro dell'area di rigore. A parte l'exploit del 1996, in carriera ha segnato poche altre volte in questo modo, anche a causa del progressivo miglioramento delle sue caratteristiche realizzative che gli hanno consentito di giocare più vicino alla porta.Inizia a giocare nella squadra del suo paese, San Vendemiano, dove mette subito in luce la sua bravura, anche se la madre vorrebbe che giocasse in porta, così da sudare di meno e non ammalarsi. Il sacerdote del paese, che funge anche da presidente della squadra, ne parla con alcuni dirigenti del Padova, inizalmente invano a causa delle perplessità dovute al fisico minuto ed esile.
Nonostante le iniziali titubanze viene acquistato dalla squadra patavina e la cifra fissata resta un piccolo mistero di aneddotica: 7 milioni di lire, garantisce Piero Aggradi, allora Direttore Sportivo del Padova, 30 milioni sostengono altri storici.[citazione necessaria]
All'età di 16 anni ha già esordito in Serie B. L'allenatore è Mauro Sandreani che quando ci ripensa dichiara: «Mi fermavo a vederlo giocare come se fosse "un'opera d'arte"»[3].
Gioca negli Allievi e nella partitella di metà settimana gioca contro la prima squadra. I difensori impazziscono e segna quasi sempre. Così, quando si fa male Angelo Montrone, l'idea di sostituirlo con il giovane Del Piero arriva proprio dai giocatori. Dopo due stagioni passate in bilico tra il settore giovanile, arriva così la prima squadra.
Nell'estate del 1993, la Juventus lo strappa ad un Milan un po' tentennante per il prezzo[citazione necessaria], Giovanni Trapattoni lo porta subito in ritiro e si guadagna i primi titoli sui giornali. Esordisce in Serie A il 12 settembre 1993, la partita è Foggia-Juventus 1-1 ed entra al 74' al posto di Fabrizio Ravanelli. Sette giorni dopo arriva il primo gol: Juventus-Reggiana finisce 4-0. La domenica successiva firma la sua prima tripletta in carriera.
In quella stagione si divide tra Primavera, con cui vince lo scudetto ed il Torneo di Viareggio, e prima squadra, con la quale esordisce anche in Europa. Nell'estate del 1994 nella Juventus cambiano i vertici, arrivano Giraudo, Bettega, Moggi ed arriva l'allenatore Marcello Lippi.
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Diego Armando Maradona
Diego Armando Maradona Franco (Villa Fiorito, 30 ottobre 1960) è un ex calciatore argentino. Noto anche come El Pibe de Oro (Il Ragazzo d'Oro), alla fine del 2000 è stato eletto da un sondaggio popolare della FIFA su internet miglior calciatore del secolo. Il suo fisico di bassa statura non portava ad immaginare gesti di grande capacità atletica che gli permisero di imporsi nel mondo del calcio, facendo fede al suo piede sinistro, capace di calciare traiettorie spesso inimmaginabili e imprevedibili.Figlio di Diego e Dalma Salvadora Franco, Diego Armando nacque il 30 ottobre 1960 nel Policlínico Evita di Lanús, un comune della provincia di Buenos Aires. Crebbe a Villa Fiorito - (una villa miseria situata a sud della Grande Buenos Aires) - in una famiglia trasferitasi da Corrientes. Ha tre sorelle maggiori e due fratelli minori, Hugo e Raul, detto "Lalo", entrambi divenuti poi calciatori professionisti.
Maradona iniziò a giocare a calcio nella squadra del padre, l'Estrella Roja, di cui Diego era il talento più apprezzato. L'antagonista più acerrima era la squadra del miglior amico di Maradona: Goyo Carrizo. Fu proprio questi a farlo partecipare ad una selezione nelle giovanili dell'Argentinos Juniors di Buenos Aires. Entrò così a far parte delle Cebollitas (Cipolline), la squadra giovanile dell'Argentinos. Il suo primo allenatore fu Francisco Cornejo.
Maradona iniziò la sua carriera professionistica nell'Argentinos Juniors nel 1976, debuttando il 20 ottobre nella partita contro il Talleres, dieci giorni prima di compiere sedici anni. Iniziò così a giocare spezzoni di partite fino a diventare titolare fisso. I primi gol nell'Argentinos arrivarono il 14 novembre: una doppietta al San Lorenzo; pochi mesi dopo il debutto in campionato arrivò anche il debutto internazionale: il 27 febbraio 1977 l'allora allenatore della Nazionale Cesar Luis Menotti lo convocò per un'amichevole contro l'Ungheria allo stadio La Bombonera di Buenos Aires.
Diventato capocannoniere del campionato argentino, sembrò destinato a far parte dei convocati per i Mondiali del 1978, ma non venne inserito nella rosa della Selección (che divenne Campione del Mondo per la prima volta nella sua storia) in quanto Menotti lo ritenne troppo giovane per affrontare un torneo di vitale importanza per l'Argentina, sia dal punto di vista sportivo che politico (i campionati del mondo dovevano costituire per il regime militare golpista presieduto da Videla l'occasione di rivalutazione dell'immagine internazionale della Nazione).
Subito dopo la vittoria mondiale, Maradona divenne titolare della Nazionale e giocò importanti partite che riscattarono la sua mancata convocazione. Tra queste un'amichevole fra Argentina e Resto del Mondo allo stadio Monumental di Buenos Aires, il 25 giugno 1979, finita 2-1 per gli avversari, ma con l'unico gol degli argentini segnato da Maradona. Contemporaneamente continuò a giocare con la Nazionale Juniores, vincendo nello stesso anno i Mondiali di calcio giovanili in Giappone (finale vinta contro l'URSS 3-1 in cui segnò un gol
Rifiutata un'offerta del River Plate, si trasferì al Boca Juniors coronando il sogno di giocare nella squadra del cuore del padre. Qui incontrò un ambiente ostile, i dirigenti gli erano contro e l'allenatore Silvio Marzolini puntualizzò subito che per Maradona non ci sarebbe stato alcun tipo di "favoritismo". Per il passaggio alla nuova squadra fu organizzata un'amichevole con l'Argentinos, il 20 febbraio 1981. Maradona giocò il primo tempo con i vecchi compagni e la ripresa con Boca, davanti a venticinquemila spettatori. L'amichevole finì 3-2 per l'Argentinos, con un gol di Maradona. Due giorni dopo il debutto ufficiale alla Bombonera, il Boca vinse contro il Talleres per 4-1, con doppietta di Maradona. Un infortunio lo fermò per quattro giornate, ma al suo rientro diventò l'idolo dei tifosi segnando ventotto gol in quaranta partite e guidando il Boca alla vittoria del Campionato Metropolitano di Apertura 1981.
La squadra argentina organizzò una tournée di amichevoli imponente: otto partite in ventuno giorni in giro per il mondo, Los Angeles, Hong Kong, Malesia, Messico, Guatemala e Giappone. A causa di problemi economici il Boca dovette privarsi di Maradona, non essendo in grado di pagare il suo trasferimento definitivo (Maradona era arrivato in prestito). Si fece quindi avanti il Barcellona, con l'offerta record di una cifra pari a dodici miliardi di lire. L'ufficializzazione poté arrivare solo dopo i Mondiali del 1982, disputati proprio in Spagna e per i quali Maradona - al contrario di quattro anni prima - venne convocato godendo ormai della fama di giocatore di primissimo livello internazionale.
Nel primo turno a gironi, l'Argentina, campione uscente, perse l'incontro d'esordio del campionato del mondo 1982 per 1-0 contro il Belgio. Due vittorie contro l'Ungheria e contro il debole El Salvador diedero ai sudamericani l'accesso alla seconda fase, in un gruppo che comprendeva Brasile e Italia, destinata a succedere agli argentini nella conquista della Coppa del Mondo.
L'incontro con gli italiani fu perso dagli argentini per 1-2, e Maradona soffrì la marcatura particolarmente attenta e aggressiva di Claudio Gentile. Contro i brasiliani la sconfitta fu più pesante: 1-3. Complessivamente Maradona ebbe cinque presenze e fece due gol (entrambi nel 4-1 inflitto all'Ungheria), più un'espulsione contro il Brasile all'85°, per fallaccio di reazione su Joao Batista da Silva, con cui concluse senza gloria il suo primo mondiale.
Il 5 luglio 1984 Maradona venne presentato ufficialmente allo Stadio San Paolo e fu accolto da ben settantamila persone, che pagarono la quota simbolica di mille lire per vederlo. Bastarono un palleggio ed un tiro verso la porta sotto la curva B e l'entusiasmo si trasformò già in tripudio.
Nella prima stagione, però, le aspettative furono in grande parte disattese. Mal supportato da una squadra di mediocre valore Maradona dimostrò quasi esclusivamente le proprie doti di funambolo, ma il suo contributo non poté essere utile per raggiungere grandi traguardi. Il Napoli disputò un brutto girone di andata e solo nel finale riuscì a raggiungere una tranquilla posizione di centro classifica.
Era chiaro che da solo Maradona non avrebbe portato il Napoli a grandi risultati e la società dovette subito correre ai ripari. L'anno successivo arrivarono in azzurro grandi rinforzi del calibro di Bruno Giordano, Claudio Garella, Alessandro Renica e rinforzi dalle giovanili del Napoli, tra i quali Ciro Ferrara che debuttò in prima squadra proprio nel 1985-86. Quella stagione finì col Napoli al terzo posto, ma era solo un anticipo del vero trionfo.
Maradona iniziò a giocare a calcio nella squadra del padre, l'Estrella Roja, di cui Diego era il talento più apprezzato. L'antagonista più acerrima era la squadra del miglior amico di Maradona: Goyo Carrizo. Fu proprio questi a farlo partecipare ad una selezione nelle giovanili dell'Argentinos Juniors di Buenos Aires. Entrò così a far parte delle Cebollitas (Cipolline), la squadra giovanile dell'Argentinos. Il suo primo allenatore fu Francisco Cornejo.
Maradona iniziò la sua carriera professionistica nell'Argentinos Juniors nel 1976, debuttando il 20 ottobre nella partita contro il Talleres, dieci giorni prima di compiere sedici anni. Iniziò così a giocare spezzoni di partite fino a diventare titolare fisso. I primi gol nell'Argentinos arrivarono il 14 novembre: una doppietta al San Lorenzo; pochi mesi dopo il debutto in campionato arrivò anche il debutto internazionale: il 27 febbraio 1977 l'allora allenatore della Nazionale Cesar Luis Menotti lo convocò per un'amichevole contro l'Ungheria allo stadio La Bombonera di Buenos Aires.
Diventato capocannoniere del campionato argentino, sembrò destinato a far parte dei convocati per i Mondiali del 1978, ma non venne inserito nella rosa della Selección (che divenne Campione del Mondo per la prima volta nella sua storia) in quanto Menotti lo ritenne troppo giovane per affrontare un torneo di vitale importanza per l'Argentina, sia dal punto di vista sportivo che politico (i campionati del mondo dovevano costituire per il regime militare golpista presieduto da Videla l'occasione di rivalutazione dell'immagine internazionale della Nazione).
Subito dopo la vittoria mondiale, Maradona divenne titolare della Nazionale e giocò importanti partite che riscattarono la sua mancata convocazione. Tra queste un'amichevole fra Argentina e Resto del Mondo allo stadio Monumental di Buenos Aires, il 25 giugno 1979, finita 2-1 per gli avversari, ma con l'unico gol degli argentini segnato da Maradona. Contemporaneamente continuò a giocare con la Nazionale Juniores, vincendo nello stesso anno i Mondiali di calcio giovanili in Giappone (finale vinta contro l'URSS 3-1 in cui segnò un gol
Rifiutata un'offerta del River Plate, si trasferì al Boca Juniors coronando il sogno di giocare nella squadra del cuore del padre. Qui incontrò un ambiente ostile, i dirigenti gli erano contro e l'allenatore Silvio Marzolini puntualizzò subito che per Maradona non ci sarebbe stato alcun tipo di "favoritismo". Per il passaggio alla nuova squadra fu organizzata un'amichevole con l'Argentinos, il 20 febbraio 1981. Maradona giocò il primo tempo con i vecchi compagni e la ripresa con Boca, davanti a venticinquemila spettatori. L'amichevole finì 3-2 per l'Argentinos, con un gol di Maradona. Due giorni dopo il debutto ufficiale alla Bombonera, il Boca vinse contro il Talleres per 4-1, con doppietta di Maradona. Un infortunio lo fermò per quattro giornate, ma al suo rientro diventò l'idolo dei tifosi segnando ventotto gol in quaranta partite e guidando il Boca alla vittoria del Campionato Metropolitano di Apertura 1981.
La squadra argentina organizzò una tournée di amichevoli imponente: otto partite in ventuno giorni in giro per il mondo, Los Angeles, Hong Kong, Malesia, Messico, Guatemala e Giappone. A causa di problemi economici il Boca dovette privarsi di Maradona, non essendo in grado di pagare il suo trasferimento definitivo (Maradona era arrivato in prestito). Si fece quindi avanti il Barcellona, con l'offerta record di una cifra pari a dodici miliardi di lire. L'ufficializzazione poté arrivare solo dopo i Mondiali del 1982, disputati proprio in Spagna e per i quali Maradona - al contrario di quattro anni prima - venne convocato godendo ormai della fama di giocatore di primissimo livello internazionale.
Nel primo turno a gironi, l'Argentina, campione uscente, perse l'incontro d'esordio del campionato del mondo 1982 per 1-0 contro il Belgio. Due vittorie contro l'Ungheria e contro il debole El Salvador diedero ai sudamericani l'accesso alla seconda fase, in un gruppo che comprendeva Brasile e Italia, destinata a succedere agli argentini nella conquista della Coppa del Mondo.
L'incontro con gli italiani fu perso dagli argentini per 1-2, e Maradona soffrì la marcatura particolarmente attenta e aggressiva di Claudio Gentile. Contro i brasiliani la sconfitta fu più pesante: 1-3. Complessivamente Maradona ebbe cinque presenze e fece due gol (entrambi nel 4-1 inflitto all'Ungheria), più un'espulsione contro il Brasile all'85°, per fallaccio di reazione su Joao Batista da Silva, con cui concluse senza gloria il suo primo mondiale.
Il 5 luglio 1984 Maradona venne presentato ufficialmente allo Stadio San Paolo e fu accolto da ben settantamila persone, che pagarono la quota simbolica di mille lire per vederlo. Bastarono un palleggio ed un tiro verso la porta sotto la curva B e l'entusiasmo si trasformò già in tripudio.
Nella prima stagione, però, le aspettative furono in grande parte disattese. Mal supportato da una squadra di mediocre valore Maradona dimostrò quasi esclusivamente le proprie doti di funambolo, ma il suo contributo non poté essere utile per raggiungere grandi traguardi. Il Napoli disputò un brutto girone di andata e solo nel finale riuscì a raggiungere una tranquilla posizione di centro classifica.
Era chiaro che da solo Maradona non avrebbe portato il Napoli a grandi risultati e la società dovette subito correre ai ripari. L'anno successivo arrivarono in azzurro grandi rinforzi del calibro di Bruno Giordano, Claudio Garella, Alessandro Renica e rinforzi dalle giovanili del Napoli, tra i quali Ciro Ferrara che debuttò in prima squadra proprio nel 1985-86. Quella stagione finì col Napoli al terzo posto, ma era solo un anticipo del vero trionfo.
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Zinédine Yazid Zidane
Zinédine Yazid Zidane (amaziɣ Zineddin Lyazid Zidan; Marsiglia, 23 giugno 1972) è un ex calciatore francese di origine algerina.
Centrocampista e trequartista di grande talento, annoverato tra i migliori calciatori di ogni epoca, è stato più volte accostato a Michel Platini. Nel corso della sua carriera ha vestito le maglie di squadre di prestigio quali Juventus e Real Madrid ed ha militato a lungo nella Nazionale di calcio francese, vincendo la Coppa dei Campioni 2002, la Coppa Intercontinentale nello stesso anno, la Coppa del mondo FIFA 1998 e il campionato europeo di calcio 2000. A livello individuale ha conquistato tre FIFA World Player (1998, 2000, 2003, record che condivide con il brasiliano Ronaldo), giungendo altre due volte nei primi tre posti della classifica del prestigioso riconoscimento, e un Pallone d'Oro (1998). Nel 2004 è stato incluso nella FIFA 100, una lista dei 125 più grandi giocatori viventi, selezionata da Pelé in occasione delle celebrazioni del centenario della FIFA. Si è ritirato al termine della stagione agonistica 2005-2006.
Per le olimpiadi di Atene 2004 è stato uno dei tedofori.
Sposato con Véronique, danzatrice e ballerina francese di origine spagnola, la coppia ha quattro figli maschi, Enzo, Theo, Lucas e Elyaz. Nel 2008 ha interpretato una
Nel 1996 approdò in Italia, alla Juventus, sotto la guida di Marcello Lippi. Vinse due scudetti consecutivi (1997 e 1998), una Supercoppa italiana (1997), una Supercoppa europea (1996), una Coppa Intercontinentale (1996) e una Coppa Intertoto (1999). Perse anche due finali consecutive della UEFA Champions League, nel 1997 contro il Borussia Dortmund (3-1) e nel 1998 contro il Real Madrid (1-0). Con i bianconeri giocò complessivamente 191 partite siglando 28 gol, di cui 24 in Serie A.
La convivenza con un altro giocatore di classe pura come Alessandro Del Piero non creò nessun tipo di problema, ne malumori nello spogliatoio, anzi fu produttivo se si considerano i numerosi e prestigiosi trofei vinti in quegli anni in cui i due fuoriclasse giocarono insieme. L'avventura juventina di Zidane, però, non partì sotto i migliori auspici poiché non riuscì ad adattarsi subito al pressing esercitato dalle squadre del campionato italiano di Serie A. Alcune sue deludenti prestazioni non riuscivano a far dimenticare ai tifosi la partenza di Paulo Sousa, elemento cardine della squadra vincitrice della UEFA Champions League l'anno prima. Con il passare dei mesi Zidane, rendendosi autore di giocate d'alta scuola, divenne un beniamino dei sostenitori bianconeri e una pedina imprescindibile del gioco di Lippi. I suoi assist erano importanti per Christian Vieri, Filippo Inzaghi, Darko Kovačević, mentre la sua eccellente visione di gioco gli consentiva di indirizzare il pallone con precisione verso il compagno.
Nel 2001 si trasferì dalla Juventus al club spagnolo del Real Madrid, che, per averlo tra le sue fila, oltre a siglare un contratto triennale con il giocatore, spese 135 miliardi di lire, rendendolo il giocatore più costoso della storia del calcio[citazione necessaria]. Al suo arrivo Zidane si aggiudicò insieme ai suoi compagni la Supercoppa di Spagna, anche se non si ambientò immediatamente in una squadra piena di altre stelle. In seguito divenne protagonista della stagione dei madrileni, che culminò con la sua pregevole e decisiva marcatura nella vittoria per 2-1 contro il Bayer Leverkusen nella finale della UEFA Champions League 2002. Zidane riuscì a trasformare il cross di Roberto Carlos in un capolavoro balistico che batté il portiere Hans-Jörg Butt. Il suo gesto tecnico fu perfetto se si calcola che la gamba sinistra formava con quella destra un angolo retto e che la stessa gamba sinistra era perfettamente parallela al terreno di gioco. Quell'edizione della Champions League lo vide entrare nel tabellino dei marcatori in altre due circostanze, con altre due apprezzabili marcature. Successivamente conquistò la Supercoppa europea e alcuni mesi dopo la Coppa Intercontinentale. Nel 2002-2003 vinse con il Real Madrid la Liga e nuovamente la Supercoppa di Spagna. Nelle tre annate successive il club non avrebbe più centrato successi.Il 25 aprile 2006 rese nota l'intenzione di ritirarsi dopo i Mondiali di Germania.
Il 7 maggio seguente disputò la sua ultima partita a livello di club, contro il Villarreal allo Stadio Santiago Bernabéu. I tifosi del Real Madrid gli riservarono un caloroso tributo, sventolando dei cartelli con il suo nome e il suo numero, e i suoi compagni di squadra indossarono magliette commemorative con la scritta "ZIDANE 2001–2006" sotto il logo del club. Alla fine Zidane, che aveva aperto le marcature con un colpo di testa vincente su cross di David Beckham (la gara finì 3-3), li ringraziò, visibilmente commosso.
Durante la seconda fase della rassegna iridata si rese autore di ottime prestazioni tra cui quella con il Portogallo dove segnò un gol che valse alla Francia un posto nella finale contro l'Italia. All'inizio della finale con un tiro a cucchiaio segnò con grande freddezza il calcio di rigore che diede il momentaneo vantaggio ai suoi, ma negli ultimi minuti della finale macchiò la propria partita colpendo con una testata il giocatore della Nazionale italiana Marco Materazzi. Il gesto gli costò l'espulsione, la dodicesima della carriera (3 a Bordeaux, 5 con la Juventus, 2 con il Real Madrid ed una con la Nazionale francese contro l'Arabia Saudita nel 1998, anche quest'ultima per gioco violento). Il giorno successivo, il 10 luglio 2006, Zidane fu comunque eletto miglior giocatore del Mondiale.
Il 12 luglio 2006, in un'intervista rilasciata ad una televisione francese, Zidane si scusò pubblicamente del suo atto violento che, riconobbe, "non è cosa da farsi", ma senza rivolgersi direttamente a Materazzi, precisò che "se c'è una reazione è perché c'è una provocazione". Pur escludendo che Materazzi abbia utilizzato offese razziste, Zidane lascia intendere che si trattò di insulti molto gravi e ripetuti alla sua famiglia. Il 18 agosto 2007 Marco Materazzi, in un'intervista a TV Sorrisi e Canzoni, ha spiegato come realmente sono andate le cose. Zinedine Zidane, infastidito dalla stretta marcatura del difensore italiano, avrebbe chiesto a Materazzi se volesse la sua maglietta, ricevendo come risposta "Preferisco la pu...na di tua sorella".
Centrocampista e trequartista di grande talento, annoverato tra i migliori calciatori di ogni epoca, è stato più volte accostato a Michel Platini. Nel corso della sua carriera ha vestito le maglie di squadre di prestigio quali Juventus e Real Madrid ed ha militato a lungo nella Nazionale di calcio francese, vincendo la Coppa dei Campioni 2002, la Coppa Intercontinentale nello stesso anno, la Coppa del mondo FIFA 1998 e il campionato europeo di calcio 2000. A livello individuale ha conquistato tre FIFA World Player (1998, 2000, 2003, record che condivide con il brasiliano Ronaldo), giungendo altre due volte nei primi tre posti della classifica del prestigioso riconoscimento, e un Pallone d'Oro (1998). Nel 2004 è stato incluso nella FIFA 100, una lista dei 125 più grandi giocatori viventi, selezionata da Pelé in occasione delle celebrazioni del centenario della FIFA. Si è ritirato al termine della stagione agonistica 2005-2006.
Per le olimpiadi di Atene 2004 è stato uno dei tedofori.
Sposato con Véronique, danzatrice e ballerina francese di origine spagnola, la coppia ha quattro figli maschi, Enzo, Theo, Lucas e Elyaz. Nel 2008 ha interpretato una
Nel 1996 approdò in Italia, alla Juventus, sotto la guida di Marcello Lippi. Vinse due scudetti consecutivi (1997 e 1998), una Supercoppa italiana (1997), una Supercoppa europea (1996), una Coppa Intercontinentale (1996) e una Coppa Intertoto (1999). Perse anche due finali consecutive della UEFA Champions League, nel 1997 contro il Borussia Dortmund (3-1) e nel 1998 contro il Real Madrid (1-0). Con i bianconeri giocò complessivamente 191 partite siglando 28 gol, di cui 24 in Serie A.
La convivenza con un altro giocatore di classe pura come Alessandro Del Piero non creò nessun tipo di problema, ne malumori nello spogliatoio, anzi fu produttivo se si considerano i numerosi e prestigiosi trofei vinti in quegli anni in cui i due fuoriclasse giocarono insieme. L'avventura juventina di Zidane, però, non partì sotto i migliori auspici poiché non riuscì ad adattarsi subito al pressing esercitato dalle squadre del campionato italiano di Serie A. Alcune sue deludenti prestazioni non riuscivano a far dimenticare ai tifosi la partenza di Paulo Sousa, elemento cardine della squadra vincitrice della UEFA Champions League l'anno prima. Con il passare dei mesi Zidane, rendendosi autore di giocate d'alta scuola, divenne un beniamino dei sostenitori bianconeri e una pedina imprescindibile del gioco di Lippi. I suoi assist erano importanti per Christian Vieri, Filippo Inzaghi, Darko Kovačević, mentre la sua eccellente visione di gioco gli consentiva di indirizzare il pallone con precisione verso il compagno.
Nel 2001 si trasferì dalla Juventus al club spagnolo del Real Madrid, che, per averlo tra le sue fila, oltre a siglare un contratto triennale con il giocatore, spese 135 miliardi di lire, rendendolo il giocatore più costoso della storia del calcio[citazione necessaria]. Al suo arrivo Zidane si aggiudicò insieme ai suoi compagni la Supercoppa di Spagna, anche se non si ambientò immediatamente in una squadra piena di altre stelle. In seguito divenne protagonista della stagione dei madrileni, che culminò con la sua pregevole e decisiva marcatura nella vittoria per 2-1 contro il Bayer Leverkusen nella finale della UEFA Champions League 2002. Zidane riuscì a trasformare il cross di Roberto Carlos in un capolavoro balistico che batté il portiere Hans-Jörg Butt. Il suo gesto tecnico fu perfetto se si calcola che la gamba sinistra formava con quella destra un angolo retto e che la stessa gamba sinistra era perfettamente parallela al terreno di gioco. Quell'edizione della Champions League lo vide entrare nel tabellino dei marcatori in altre due circostanze, con altre due apprezzabili marcature. Successivamente conquistò la Supercoppa europea e alcuni mesi dopo la Coppa Intercontinentale. Nel 2002-2003 vinse con il Real Madrid la Liga e nuovamente la Supercoppa di Spagna. Nelle tre annate successive il club non avrebbe più centrato successi.Il 25 aprile 2006 rese nota l'intenzione di ritirarsi dopo i Mondiali di Germania.
Il 7 maggio seguente disputò la sua ultima partita a livello di club, contro il Villarreal allo Stadio Santiago Bernabéu. I tifosi del Real Madrid gli riservarono un caloroso tributo, sventolando dei cartelli con il suo nome e il suo numero, e i suoi compagni di squadra indossarono magliette commemorative con la scritta "ZIDANE 2001–2006" sotto il logo del club. Alla fine Zidane, che aveva aperto le marcature con un colpo di testa vincente su cross di David Beckham (la gara finì 3-3), li ringraziò, visibilmente commosso.
Durante la seconda fase della rassegna iridata si rese autore di ottime prestazioni tra cui quella con il Portogallo dove segnò un gol che valse alla Francia un posto nella finale contro l'Italia. All'inizio della finale con un tiro a cucchiaio segnò con grande freddezza il calcio di rigore che diede il momentaneo vantaggio ai suoi, ma negli ultimi minuti della finale macchiò la propria partita colpendo con una testata il giocatore della Nazionale italiana Marco Materazzi. Il gesto gli costò l'espulsione, la dodicesima della carriera (3 a Bordeaux, 5 con la Juventus, 2 con il Real Madrid ed una con la Nazionale francese contro l'Arabia Saudita nel 1998, anche quest'ultima per gioco violento). Il giorno successivo, il 10 luglio 2006, Zidane fu comunque eletto miglior giocatore del Mondiale.
Il 12 luglio 2006, in un'intervista rilasciata ad una televisione francese, Zidane si scusò pubblicamente del suo atto violento che, riconobbe, "non è cosa da farsi", ma senza rivolgersi direttamente a Materazzi, precisò che "se c'è una reazione è perché c'è una provocazione". Pur escludendo che Materazzi abbia utilizzato offese razziste, Zidane lascia intendere che si trattò di insulti molto gravi e ripetuti alla sua famiglia. Il 18 agosto 2007 Marco Materazzi, in un'intervista a TV Sorrisi e Canzoni, ha spiegato come realmente sono andate le cose. Zinedine Zidane, infastidito dalla stretta marcatura del difensore italiano, avrebbe chiesto a Materazzi se volesse la sua maglietta, ricevendo come risposta "Preferisco la pu...na di tua sorella".
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Pelè
Pelé, pseudonimo con cui è universalmente noto Edison Arantes do Nascimento[1] (Três Corações, 23 ottobre 1940), è un ex calciatore brasiliano, considerato da molti esperti il miglior calciatore di tutti i tempi.[2]
Il soprannome Pelé con cui è universalmente noto gli fu dato ai tempi della scuola. È anche conosciuto come O Rei (in italiano Il Re) o anche O Rei do Futebol (Il Re del Calcio).
Fu l'unico calciatore a vincere tre edizioni dell'allora Coppa Rimet, con la Nazionale brasiliana nel 1958, 1962 e 1970. Il suo gol realizzato alla Svezia nella finale del 1958 è considerato il terzo più grande gol nella storia della Coppa del Mondo FIFA e primo tra quelli realizzati in una finale di un campionato del mondo.
Detiene il record di reti realizzate in carriera: 1281 in 1363 partite.[3][4]
Inoltre è stato nominato Calciatore sudamericano dell'anno nel 1958, "Atleta del Secolo" dal CIO nel 1999 e "Calciatore del Secolo" insieme a Maradona dalla FIFA nel 2000,[5] mentre è stato dichiarato "Tesoro nazionale" dal presidente del Brasile Jânio Quadros.[4] Fa inoltre parte della National Soccer Hall of Fame.
Talento precoce, capace di sconvolgere le difese avversarie già a quindici anni, Pelé possedeva un dribbling ubriacante e un tiro formidabile per potenza e precisione. Non aveva una statura esagerata, ma disponeva di un tempismo perfetto e di una straordinaria elevazione che lo rendeva estremamente temibile anche nei colpi di testa. Aveva una visione di gioco straordinaria e una spiccata capacità di leggere la partita, tipica dei grandi campioni; da solo faceva reparto d'attacco, grande finalizzatore e rifinitore per i compagni. Era perfettamente ambidestro ed eccelleva in quanto a doti acrobatiche. Era inoltre molto dotato dal punto di vista atletico: era in grado di fare i 100 metri in 11 secondi. Il suo repertorio era completo come pochi altri giocatore nella storia di questo sport.Figlio dell'ex calciatore Dondinho, che terminò prematuramente la propria carriera a causa di un infortunio al ginocchio, e di Maria Celeste Arantes, Pelé fu inizialmente soprannominato Dico dai suoi parenti. A 5 anni, nel 1945, si trasferì con la famiglia a Bauru.
Da bambino si guadagò compensi extra pulendo scarpe e quando il padre gli disse di giocare a calcio inizialmente, vista la povertà della famiglia, non potè comprare un pallone ma giocò solitamente con un calzino o degli stracci riempiti con carta e legati con una laccio oppure con un pompelmo.
Fu in quel periodo che un suo compagno di scuola gli diede il soprannome Pelé. Il nomignolo gli fu dato per farlo arrabbiare, poiché Pelé pronunciava Pilè il nome del portiere Bilé.[6] Sebbene egli non abbia mai nascosto di non gradirlo, esso rimane l'appellativo con cui è stato consegnato alla storia del calcio. In realtà, Pelé ha sempre ricordato con orgoglio come il suo vero nome, con il quale vorrebbe essere chiamato, cioè Edison, gli sia stato imposto in onore di Thomas Alva Edison.[7]
La prima squadra in cui giocò Pelé fu il Bauru, squadra dilettantistica locale, ma a breve fu notato da Waldemar de Brito che all'età di 15 anni lo convinse a fare un provino per il Santos.
Pelé debuttò nella Nazionale brasiliana il 7 luglio 1957, tre mesi prima del suo 17° compleanno, contro gli storici rivali dell'Argentina che in quell'occasione sconfissero il Brasile per 2-1. L'unica rete dei verdeoro fu messa a segno proprio da Pelé
Il soprannome Pelé con cui è universalmente noto gli fu dato ai tempi della scuola. È anche conosciuto come O Rei (in italiano Il Re) o anche O Rei do Futebol (Il Re del Calcio).
Fu l'unico calciatore a vincere tre edizioni dell'allora Coppa Rimet, con la Nazionale brasiliana nel 1958, 1962 e 1970. Il suo gol realizzato alla Svezia nella finale del 1958 è considerato il terzo più grande gol nella storia della Coppa del Mondo FIFA e primo tra quelli realizzati in una finale di un campionato del mondo.
Detiene il record di reti realizzate in carriera: 1281 in 1363 partite.[3][4]
Inoltre è stato nominato Calciatore sudamericano dell'anno nel 1958, "Atleta del Secolo" dal CIO nel 1999 e "Calciatore del Secolo" insieme a Maradona dalla FIFA nel 2000,[5] mentre è stato dichiarato "Tesoro nazionale" dal presidente del Brasile Jânio Quadros.[4] Fa inoltre parte della National Soccer Hall of Fame.
Talento precoce, capace di sconvolgere le difese avversarie già a quindici anni, Pelé possedeva un dribbling ubriacante e un tiro formidabile per potenza e precisione. Non aveva una statura esagerata, ma disponeva di un tempismo perfetto e di una straordinaria elevazione che lo rendeva estremamente temibile anche nei colpi di testa. Aveva una visione di gioco straordinaria e una spiccata capacità di leggere la partita, tipica dei grandi campioni; da solo faceva reparto d'attacco, grande finalizzatore e rifinitore per i compagni. Era perfettamente ambidestro ed eccelleva in quanto a doti acrobatiche. Era inoltre molto dotato dal punto di vista atletico: era in grado di fare i 100 metri in 11 secondi. Il suo repertorio era completo come pochi altri giocatore nella storia di questo sport.Figlio dell'ex calciatore Dondinho, che terminò prematuramente la propria carriera a causa di un infortunio al ginocchio, e di Maria Celeste Arantes, Pelé fu inizialmente soprannominato Dico dai suoi parenti. A 5 anni, nel 1945, si trasferì con la famiglia a Bauru.
Da bambino si guadagò compensi extra pulendo scarpe e quando il padre gli disse di giocare a calcio inizialmente, vista la povertà della famiglia, non potè comprare un pallone ma giocò solitamente con un calzino o degli stracci riempiti con carta e legati con una laccio oppure con un pompelmo.
Fu in quel periodo che un suo compagno di scuola gli diede il soprannome Pelé. Il nomignolo gli fu dato per farlo arrabbiare, poiché Pelé pronunciava Pilè il nome del portiere Bilé.[6] Sebbene egli non abbia mai nascosto di non gradirlo, esso rimane l'appellativo con cui è stato consegnato alla storia del calcio. In realtà, Pelé ha sempre ricordato con orgoglio come il suo vero nome, con il quale vorrebbe essere chiamato, cioè Edison, gli sia stato imposto in onore di Thomas Alva Edison.[7]
La prima squadra in cui giocò Pelé fu il Bauru, squadra dilettantistica locale, ma a breve fu notato da Waldemar de Brito che all'età di 15 anni lo convinse a fare un provino per il Santos.
Pelé debuttò nella Nazionale brasiliana il 7 luglio 1957, tre mesi prima del suo 17° compleanno, contro gli storici rivali dell'Argentina che in quell'occasione sconfissero il Brasile per 2-1. L'unica rete dei verdeoro fu messa a segno proprio da Pelé
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Gigi Buffon
Gianluigi Buffon (Carrara, 28 gennaio 1978) è un calciatore italiano, portiere della Juventus[2] e della Nazionale italiana[3]. Campione del mondo con la Nazionale ai Mondiali di calcio del 2006. La UEFA lo ha premiato con il titolo di miglior portiere dell'edizione 2002/03 della Champions League, mentre la FIFA lo ha premiato come miglior portiere dei Mondiali 2006[4]. Nel 2006 si è classificato secondo nella classifica del Pallone d'Oro, dopo il suo compagno di squadra in nazionale Fabio Cannavaro[5]. Nel 2007, per la quarta volta dopo il 2003[6], 2004[7] e 2006[8], è considerato il miglior portiere in attività dall'IFFHS, organismo che si occupa delle statistiche riguardanti la storia del calcio, che gli ha assegnato nuovamente il premio di "Portiere dell'anno"[9]..Nasce in una famiglia di sportivi: la madre Maria Stella Masocco è stata campionessa di lancio del peso e del disco, lo zio Dante Masocco ha giocato a livello nazionale e nella serie A1 di pallacanestro[citazione necessaria], il padre Adriano è stato campione di lancio del peso e le sorelle Guendalina e Veronica sono state pallavoliste affermate[2]. È lontano parente di Lorenzo Buffon, portiere di Milan, Inter, Fiorentina e della Nazionale.
Tifoso sin da bambino del Genoa[1], inizia nella scuola calcio U.S.d.Canaletto Sepor, una società di calcio dilettantistica della Spezia che attualmente milita nel campionato di Promozione. Passato nella categoria pulcini, torna a Carrara per giocare nel Perticata, altra formazione dilettantistica. Sia nella squadra ligure che in quella toscana ricopre il ruolo di centrocampista[1]. A 12 anni passa al Bonascola, squadra della sua città natale, ed a 13 anni viene acquistato dal Parma. Nelle giovanili dei ducali, a 14 anni, è costretto a giocare in porta, vista la contemporanea assenza di etrambi i portieri infortunati e, dopo due sole settimane, conquista tra i pali il posto di titolare[2].
Fa il suo esordio in Serie A nella partita Parma-Milan 0-0 del 19 novembre 1995 a soli 17 anni[2] ed in Europa, in Coppa Uefa, contro il Vitória Guimarães (partita finita 2-0 per i portoghesi) il 24 settembre dell'anno seguente.
Nella stagione successiva (1996/97) è già titolare della squadra emiliana, con la quale colleziona 27 presenze, e l'anno successivo esordisce in Nazionale. Negli anni in cui veste la maglia parmense conquista il titolo di Campione d'Europa Under-21 nel 1996, una Coppa Uefa ed una Coppa Italia nel 1999.
Viene acquistato dalla Juventus insieme a Thuram, per il campionato 2001/02 per la cifra record di 105 miliardi di lire (75 in contanti più la cessione di Bachini)[10], risultando tutt'ora il giocatore più pagato nella storia della società bianconera.
L'inizio non è semplice: le indecisioni contro il Chievo e la Roma scatenano le critiche, ma riesce a riprendersi ed a disputare una buona stagione, coronata con la vittoria del suo primo Scudetto con un emozionante sorpasso all'Inter all'ultima giornata. Dopo aver saltato gli Europei 2000 per infortunio, partecipa come titolare al Mondiale 2002 durante i quali para anche un rigore al coreano Ahn Jung-Hwan, ma l'avventura degli Azzurri finisce male.
Nel 2002/03 gioca una grandissima stagione che lo porta ad essere considerato il miglior portiere al Mondo per quell'anno. Con le sue parate straordinarie diventa una colonna della Juventus, che vince la Supercoppa Italiana ed un altro Scudetto, ma arriva a perdere la Champions League nella finalissima tutta italiana tra Milan e Juventus: dopo aver parato un rigore a Figo nella semifinale col Real Madrid, la finale di Manchester si decide ai rigori e, nonostante pari i tiri di Seedorf e Kaladze, il suo collega Dida fa meglio e la coppa va ai rossoneri (2-3). Tutt'ora gli manca un grande successo internazionale con la Juventus. Quell'anno viene premiato come miglior giocatore della Champions League.
Nel 2003/04 vince un'altra Supercoppa Italiana, ma la stagione non sorride né a lui né alla Juventus, che esce presto dalla Champions League e giunge terza in campionato, mentre Buffon subisce più di 50 reti nel corso della stagione, contando tutte le competizioni che gioca con la "Vecchia Signora". A fine stagione partecipa agli Europei, ma l'Italia esce al primo turno rimediando un'altra figuraccia.
Nel 2004/05, con Capello in panchina, gioca una grande stagione anche se con qualche indecisione che comunque non compromette la corsa verso il terzo scudetto della sua carriera, in seguito revocato per le vicende di Calciopoli, dopo un bel duello contro il Milan. In Champions League trascina la Juve con le sue grandi parate, ma si arrende nei quarti di finale contro il Liverpool.
Il 14 agosto 2005 si procura una lussazione alla spalla dopo uno scontro con Kaká durante l'amichevole Milan-Juventus per il Trofeo Berlusconi[11]. La successiva operazione lo costringe a fermarsi per circa tre mesi, durante i quali viene sostituito da Christian Abbiati, dato in prestito dal Milan.
Torna tra i pali della Juventus alla fine di novembre, in Coppa Italia contro la Fiorentina, ma la sua forma non è eccelsa e Capello preferisce tenerlo in panchina per consentirgli di recuperare meglio la condizione migliore. Ritorna definitivamente titolare a gennaio 2006, sempre in Coppa Italia, nella partita di ritorno contro i viola. Pur non disputando una stagione ad altissimi livelli, conquista il primo posto in classifica con i bianconeri, poi retrocessi in ultima posizione dalla Giustizia Sportiva in seguito a Calciopoli.
Nonostante le grandi prestazioni di queste stagioni non ha parato un calcio di rigore in partite ufficiali per più di tre anni, dal 26 ottobre 2003 al 1° dicembre 2006.
Dopo le vicende di Calciopoli che hanno visto la Juventus retrocedere in Serie B, nonostante fosse cercato da società come Milan ed Inter, decide di continuare la sua avventura con la società torinese[12].
Durante la stagione nella serie cadetta alterna alcune disattenzioni a grandi parate ed il 18 novembre contro l'Albinoleffe viene espulso per la prima volta in carriera. A fine stagione, dopo aver raggiunto la promozione in Serie A, rinnova il contratto fino al 2012[13]. Durante la nuova stagione in Serie A, prima della partita contro il Genoa, viene eletto miglior portiere del mondo per il quarto anno ed in seguito inizia a soffrire di mal di schiena, causato da una ernia del disco, che lo costringe spesso al riposo lontano dal campo[14]. Il 10 marzo 2008 rinnova il contratto che lo lega alla Juventus FC fino al 2013, dichiarando di voler vincere tutto con la maglia bianconera[15].
Gioca in tutte le rappresentative giovanili italiane dall'Under-15 all'Under-23. Arriva in finale all'Europeo Under-19 del 1995 e vince l'Europeo Under-21 del 1996.
Debutta in Nazionale maggiore a 19 anni, il 29 ottobre 1997 nella partita Russia-Italia (1-1), andata dello spareggio di qualificazione ai Mondiali 1998. Dopo il Mondiale '98, per il quale viene convocato come terzo portiere e diventa poi secondo per l'infortunio di Peruzzi, diventa a 20 anni il portiere titolare della squadra azzurra, anche se un infortunio lo costringe a saltare gli Europei del 2000.
Ai Mondiali del 2006 in Germania subisce solo due reti, messe a segno la prima dal compagno di reparto Cristian Zaccardo, su autogol, durante l'incontro con gli Stati Uniti, e l'altra da Zinédine Zidane, su calcio di rigore, nella finale contro la Francia. Fino a quel momento ha mantenuto la porta italiana inviolata per ben 458 minuti, avvicinandosi al record detenuto da Walter Zenga di 518 minuti, raggiunto nel 1990.
Il 9 luglio 2006, all'Olympiastadion di Berlino, si aggiudica con la Nazionale italiana la sua prima Coppa del Mondo FIFA. Durante la finale è da ricordare la spettacolare quanto decisiva parata durante i tempi supplementari su colpo di testa di Zidane. In questa occasione, è stato premiato come miglior portiere del Mondiale (Premio Yashin).
Gioca titolare durante gli Europei del 2008, indossando la fascia di capitano nella gara d'esordio contro l'Olanda e salvando l'Italia dall'eliminazione parando un calcio di rigore ad Adrian Mutu nella seconda gara del girone eliminatorio e mantenendo inviolata la porta azzurra con grandi parate nella decisiva vittoria contro la Francia e nella gara contro la Spagna decisa ai calci di rigore, durante i quali neutralizza, inutilmente ai fini del risultato, il tiro di Guiza.
Tifoso sin da bambino del Genoa[1], inizia nella scuola calcio U.S.d.Canaletto Sepor, una società di calcio dilettantistica della Spezia che attualmente milita nel campionato di Promozione. Passato nella categoria pulcini, torna a Carrara per giocare nel Perticata, altra formazione dilettantistica. Sia nella squadra ligure che in quella toscana ricopre il ruolo di centrocampista[1]. A 12 anni passa al Bonascola, squadra della sua città natale, ed a 13 anni viene acquistato dal Parma. Nelle giovanili dei ducali, a 14 anni, è costretto a giocare in porta, vista la contemporanea assenza di etrambi i portieri infortunati e, dopo due sole settimane, conquista tra i pali il posto di titolare[2].
Fa il suo esordio in Serie A nella partita Parma-Milan 0-0 del 19 novembre 1995 a soli 17 anni[2] ed in Europa, in Coppa Uefa, contro il Vitória Guimarães (partita finita 2-0 per i portoghesi) il 24 settembre dell'anno seguente.
Nella stagione successiva (1996/97) è già titolare della squadra emiliana, con la quale colleziona 27 presenze, e l'anno successivo esordisce in Nazionale. Negli anni in cui veste la maglia parmense conquista il titolo di Campione d'Europa Under-21 nel 1996, una Coppa Uefa ed una Coppa Italia nel 1999.
Viene acquistato dalla Juventus insieme a Thuram, per il campionato 2001/02 per la cifra record di 105 miliardi di lire (75 in contanti più la cessione di Bachini)[10], risultando tutt'ora il giocatore più pagato nella storia della società bianconera.
L'inizio non è semplice: le indecisioni contro il Chievo e la Roma scatenano le critiche, ma riesce a riprendersi ed a disputare una buona stagione, coronata con la vittoria del suo primo Scudetto con un emozionante sorpasso all'Inter all'ultima giornata. Dopo aver saltato gli Europei 2000 per infortunio, partecipa come titolare al Mondiale 2002 durante i quali para anche un rigore al coreano Ahn Jung-Hwan, ma l'avventura degli Azzurri finisce male.
Nel 2002/03 gioca una grandissima stagione che lo porta ad essere considerato il miglior portiere al Mondo per quell'anno. Con le sue parate straordinarie diventa una colonna della Juventus, che vince la Supercoppa Italiana ed un altro Scudetto, ma arriva a perdere la Champions League nella finalissima tutta italiana tra Milan e Juventus: dopo aver parato un rigore a Figo nella semifinale col Real Madrid, la finale di Manchester si decide ai rigori e, nonostante pari i tiri di Seedorf e Kaladze, il suo collega Dida fa meglio e la coppa va ai rossoneri (2-3). Tutt'ora gli manca un grande successo internazionale con la Juventus. Quell'anno viene premiato come miglior giocatore della Champions League.
Nel 2003/04 vince un'altra Supercoppa Italiana, ma la stagione non sorride né a lui né alla Juventus, che esce presto dalla Champions League e giunge terza in campionato, mentre Buffon subisce più di 50 reti nel corso della stagione, contando tutte le competizioni che gioca con la "Vecchia Signora". A fine stagione partecipa agli Europei, ma l'Italia esce al primo turno rimediando un'altra figuraccia.
Nel 2004/05, con Capello in panchina, gioca una grande stagione anche se con qualche indecisione che comunque non compromette la corsa verso il terzo scudetto della sua carriera, in seguito revocato per le vicende di Calciopoli, dopo un bel duello contro il Milan. In Champions League trascina la Juve con le sue grandi parate, ma si arrende nei quarti di finale contro il Liverpool.
Il 14 agosto 2005 si procura una lussazione alla spalla dopo uno scontro con Kaká durante l'amichevole Milan-Juventus per il Trofeo Berlusconi[11]. La successiva operazione lo costringe a fermarsi per circa tre mesi, durante i quali viene sostituito da Christian Abbiati, dato in prestito dal Milan.
Torna tra i pali della Juventus alla fine di novembre, in Coppa Italia contro la Fiorentina, ma la sua forma non è eccelsa e Capello preferisce tenerlo in panchina per consentirgli di recuperare meglio la condizione migliore. Ritorna definitivamente titolare a gennaio 2006, sempre in Coppa Italia, nella partita di ritorno contro i viola. Pur non disputando una stagione ad altissimi livelli, conquista il primo posto in classifica con i bianconeri, poi retrocessi in ultima posizione dalla Giustizia Sportiva in seguito a Calciopoli.
Nonostante le grandi prestazioni di queste stagioni non ha parato un calcio di rigore in partite ufficiali per più di tre anni, dal 26 ottobre 2003 al 1° dicembre 2006.
Dopo le vicende di Calciopoli che hanno visto la Juventus retrocedere in Serie B, nonostante fosse cercato da società come Milan ed Inter, decide di continuare la sua avventura con la società torinese[12].
Durante la stagione nella serie cadetta alterna alcune disattenzioni a grandi parate ed il 18 novembre contro l'Albinoleffe viene espulso per la prima volta in carriera. A fine stagione, dopo aver raggiunto la promozione in Serie A, rinnova il contratto fino al 2012[13]. Durante la nuova stagione in Serie A, prima della partita contro il Genoa, viene eletto miglior portiere del mondo per il quarto anno ed in seguito inizia a soffrire di mal di schiena, causato da una ernia del disco, che lo costringe spesso al riposo lontano dal campo[14]. Il 10 marzo 2008 rinnova il contratto che lo lega alla Juventus FC fino al 2013, dichiarando di voler vincere tutto con la maglia bianconera[15].
Gioca in tutte le rappresentative giovanili italiane dall'Under-15 all'Under-23. Arriva in finale all'Europeo Under-19 del 1995 e vince l'Europeo Under-21 del 1996.
Debutta in Nazionale maggiore a 19 anni, il 29 ottobre 1997 nella partita Russia-Italia (1-1), andata dello spareggio di qualificazione ai Mondiali 1998. Dopo il Mondiale '98, per il quale viene convocato come terzo portiere e diventa poi secondo per l'infortunio di Peruzzi, diventa a 20 anni il portiere titolare della squadra azzurra, anche se un infortunio lo costringe a saltare gli Europei del 2000.
Ai Mondiali del 2006 in Germania subisce solo due reti, messe a segno la prima dal compagno di reparto Cristian Zaccardo, su autogol, durante l'incontro con gli Stati Uniti, e l'altra da Zinédine Zidane, su calcio di rigore, nella finale contro la Francia. Fino a quel momento ha mantenuto la porta italiana inviolata per ben 458 minuti, avvicinandosi al record detenuto da Walter Zenga di 518 minuti, raggiunto nel 1990.
Il 9 luglio 2006, all'Olympiastadion di Berlino, si aggiudica con la Nazionale italiana la sua prima Coppa del Mondo FIFA. Durante la finale è da ricordare la spettacolare quanto decisiva parata durante i tempi supplementari su colpo di testa di Zidane. In questa occasione, è stato premiato come miglior portiere del Mondiale (Premio Yashin).
Gioca titolare durante gli Europei del 2008, indossando la fascia di capitano nella gara d'esordio contro l'Olanda e salvando l'Italia dall'eliminazione parando un calcio di rigore ad Adrian Mutu nella seconda gara del girone eliminatorio e mantenendo inviolata la porta azzurra con grandi parate nella decisiva vittoria contro la Francia e nella gara contro la Spagna decisa ai calci di rigore, durante i quali neutralizza, inutilmente ai fini del risultato, il tiro di Guiza.
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Cristiano Ronaldo
Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro (Funchal, 5 febbraio 1985) è un calciatore portoghese che gioca come centrocampista offensivo-ala destra nel Manchester United e nella Nazionale portoghese.
Secondo nella classifica del Pallone d'oro 2007, nel 2008 è stato tra i protagonisti del doppio successo in UEFA Champions League e in Premier League del Manchester United, nelle cui file milita dal 2003. È considerato uno dei calciatori più talentuosi del panorama calcistico internazionale.
Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro è nato nel 1985 da Maria Dolores dos Santos Aveiro e José Dinis Aveiro. Il nome "Cristiano" è dovuto alla cristianità della madre, mentre il secondo nome, "Ronaldo", fu scelto in onore di Ronald Reagan, attore preferito del padre e Presidente degli Stati Uniti a quell'epoca.[2] Ha un fratello maggiore, Hugo (nato nel 1975), e due sorelle maggiori, Elma (nata nel 1974) e Liliana Cátia (nata a Madeira il 5 ottobre 1976). Liliana Cátia lavora come cantante con lo pseudonimo di "Ronalda" in Portogallo.Dotato di ottima tecnica ed ottima abilità nell'uno contro uno con l'avversario, possiede una grande facilità di corsa e una velocità fulminea che, abbinate alla tecnica e al dribbling, lo rendono uno dei migliori calciatori al mondo. Giocatore polivalente, è in grado di adattarsi ai ruoli di ala destra, centrocampista offensivo, mezzapunta e, all'occorrenza, anche centravanti. Nella stagione 2006/2007 Sir Alex Ferguson ha sfruttato questa caratteristica schierando Ronaldo sulla fascia sinistra perché, pur essendo prevalentemente destro, il portoghese possiede un'abilità notevole anche con il piede sinistro. Inoltre tale posizione gli consente di rientrare sul piede destro così da concludere a rete con grande pericolosità. Alla duttilità tattica abbina un notevole bagaglio tecnico, in cui rientrano dribbling fulminei, tocchi di prima, rapidi cambi di passo e la cosiddetta rabona. Con il tempo è migliorato anche nello sfruttare il suo fisico, affinando la sua abilità nello stacco e nel colpo di testa. Inoltre nel novero delle sue abilità rientrano anche i calci piazzati: è un ottimo rigorista e calcia delle punizioni uniche nel loro genere che spesso colgono impreparati i portieri. Questo insieme di caratteristiche rendono Cristiano Ronaldo uno dei più forti giocatori al mondo, tanto da fargli valere il secondo posto nella classifica del Pallone d'oro 2007, dietro al brasiliano Kaká. Nel 2008, in occasione dei sorteggi dei gironi di Champions League è stato premiato come miglior giocatore della competizione nella stagione precedente, ricevendo il riconoscimento dalle mani di Zinedine Zidane.Cresciuto calcisticamente nel Nacional (dove fa la trafila nelle giovanili), nel 1997 approda allo Sporting Lisbona dove gioca per cinque anni mostrando da subito il suo strepitoso talento e la sua classe sopraffina soprattutto in occasione degli europei Under-17. Esordisce con la squadra di Lisbona nel terzo turno preliminare di UEFA Champions League contro l’Inter, nella stagione 2002-2003. Nella sua unica stagione allo Sporting colleziona 25 presenze, partendo titolare in undici occasioni. Gérard Houllier allenatore del Liverpool lo nota e decide di portarlo a Liverpool, ma la sua giovane età e la sua inesperienza pesano ancora molto e Houllier decide di lasciarlo allo Sporting a maturare.È notato dal Manchester United in una partita amichevole tra Sporting Lisbona e Manchester United disputatasi nel luglio 2003. La squadra inglese perde l'incontro per 2-0 anche per merito del giovane talento portoghese, che diviene così un obiettivo del club. Cristiano Ronaldo inoltre era molto vicino alla firma con il Parma ma poi visto il crack Parmalat si sono chiuse le trattative. Il 13 agosto 2003, stesso giorno dell’arrivo di Kleberson al Manchester United, si trasferisce ai Red Devils per 17,75 milioni di euro, cifra molto alta per un giovane della sua età.
Sir Alex Ferguson, tecnico del Manchester, consegna a Cristiano Ronaldo la maglia numero 7, appartenuta fino alla stagione precedente a David Beckham. Per Ronaldo è lo stesso numero dell'idolo e futuro compagno di squadra nel Portogallo Luís Figo. La maglia numero 7 è inoltre una maglia storica per i tifosi del Manchester, essendo stata quella di Beckham, George Best, Bryan Robson ed Eric Cantona.
Dopo aver pagato un periodo di adattamento al calcio inglese, si rende protagonista di un'ottima stagione d'esordio, collezionando 29 presenze e segnando anche il primo gol nella finale di Coppa d'Inghilterra.
Nella stagione 2004-2005, malgrado il Manchester concluda l'annata senza vincere alcun trofeo, è ancora tra i migliori giocatori della squadra.
Nella stagione 2005-2006 mette a segno 10 gol, l'ultimo dei quali nella finale di Carling Cup contro il Wigan Athletic vinta dai Red Devils. È quello l'unico trofeo conquistato dal Manchester United, eliminato nella prima fase della Champions League ed giunto secondo nella Premiership.
Nel 2006-2007 si afferma definitivamente come uno dei migliori calciatori del mondo, trasformandosi da promessa a campione affermato. Batte il primato personale di gol in campionato il 24 febbraio 2007, realizzando la rete numero 17, il che fa di lui il detentore del record di gol segnati in una sola stagione da un centrocampista, con ancora alcune gare da giocare. Si rende autore di ottime prestazioni in campionato e in Champions League, siglando i suoi primi gol nella principale rassegna continentale nel trionfale 7-1 ai danni della Roma. In seguito, grazie ad un suo gol nella finale della Community Shield contro il Manchester City, vince il suo primo trofeo inglese, seguito dalla vittoria della Premier League 2006-2007.
L'annata seguente è quella dei grandi successi personali e di squadra. Con la doppietta contro il Bolton Wanderers nel recupero della Premier League 2007-2008, il portoghese supera George Best, che nella stagione 1967-1968 aveva messo a segno 33 gol tra coppe e campionato. Il record era rimasto imbattuto per 40 anni. Alla fine sarà capocannoniere della Premiership, con 31 gol in 34 partite (31 delle quali giocate da titolare), e della UEFA Champions League 2007-2008, con 8 reti in 11 partite, contribuendo in maniera decisiva alla conquista dell'accoppiata titolo inglese-Champions League da parte dei Red Devils. Nella finale di coppa, a Mosca contro il Chelsea, realizza il gol del momentaneo 1-0 e in seguito sbaglia il proprio tiro della serie di rigori. I 31 gol in Premiership gli valgono comunque la Scarpa d'oro 2008, con 62 punti.
Nell' estate 2008 annuncia di voler lasciare il Manchester UTD per passare al Real Madrid sollevando una serie di polemiche e speculazioni e provocando le ire di Alex Ferguson.
Nazionale Under-18 e Under-21 portoghese, Cristiano Ronaldo esordisce con la Nazionale maggiore nel 2003, entrando nel secondo tempo della gara vinta per 1-0 contro il Kazakistan. Guadagnatosi una maglia da titolare in vista del campionato d’Europa 2004, nella rassegna continentale impressiona positivamente per le ottime prestazioni e per le due reti messe a segno in sei partite, gol che hanno garantito al Portogallo un posto in finale e al giocatore l'inserimento nella "squadra ideale" del torneo. Ha preso parte, ancora nel 2004, ai Giochi Olimpici di Atene.
Nel 2006 ha partecipato ai Mondiali di Germania, nei quali il Portogallo si è piazzato quarto. Nel corso del torneo il giocatore ha calciato e segnato il tiro decisivo della serie di rigori, quello che ha eliminato l'Inghilterra nei quarti di finale.
Il 6 febbraio 2007, nell'amichevole di Londra contro il Brasile, gioca la sua prima partita da capitano, a soli 22 anni ed un giorno.
Nel 2008 ha disputato il Campionato europeo in Austria e Svizzera, segnando una rete. La sua Nazionale è stata eliminata ai quarti di finale dalla Germania.
Secondo nella classifica del Pallone d'oro 2007, nel 2008 è stato tra i protagonisti del doppio successo in UEFA Champions League e in Premier League del Manchester United, nelle cui file milita dal 2003. È considerato uno dei calciatori più talentuosi del panorama calcistico internazionale.
Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro è nato nel 1985 da Maria Dolores dos Santos Aveiro e José Dinis Aveiro. Il nome "Cristiano" è dovuto alla cristianità della madre, mentre il secondo nome, "Ronaldo", fu scelto in onore di Ronald Reagan, attore preferito del padre e Presidente degli Stati Uniti a quell'epoca.[2] Ha un fratello maggiore, Hugo (nato nel 1975), e due sorelle maggiori, Elma (nata nel 1974) e Liliana Cátia (nata a Madeira il 5 ottobre 1976). Liliana Cátia lavora come cantante con lo pseudonimo di "Ronalda" in Portogallo.Dotato di ottima tecnica ed ottima abilità nell'uno contro uno con l'avversario, possiede una grande facilità di corsa e una velocità fulminea che, abbinate alla tecnica e al dribbling, lo rendono uno dei migliori calciatori al mondo. Giocatore polivalente, è in grado di adattarsi ai ruoli di ala destra, centrocampista offensivo, mezzapunta e, all'occorrenza, anche centravanti. Nella stagione 2006/2007 Sir Alex Ferguson ha sfruttato questa caratteristica schierando Ronaldo sulla fascia sinistra perché, pur essendo prevalentemente destro, il portoghese possiede un'abilità notevole anche con il piede sinistro. Inoltre tale posizione gli consente di rientrare sul piede destro così da concludere a rete con grande pericolosità. Alla duttilità tattica abbina un notevole bagaglio tecnico, in cui rientrano dribbling fulminei, tocchi di prima, rapidi cambi di passo e la cosiddetta rabona. Con il tempo è migliorato anche nello sfruttare il suo fisico, affinando la sua abilità nello stacco e nel colpo di testa. Inoltre nel novero delle sue abilità rientrano anche i calci piazzati: è un ottimo rigorista e calcia delle punizioni uniche nel loro genere che spesso colgono impreparati i portieri. Questo insieme di caratteristiche rendono Cristiano Ronaldo uno dei più forti giocatori al mondo, tanto da fargli valere il secondo posto nella classifica del Pallone d'oro 2007, dietro al brasiliano Kaká. Nel 2008, in occasione dei sorteggi dei gironi di Champions League è stato premiato come miglior giocatore della competizione nella stagione precedente, ricevendo il riconoscimento dalle mani di Zinedine Zidane.Cresciuto calcisticamente nel Nacional (dove fa la trafila nelle giovanili), nel 1997 approda allo Sporting Lisbona dove gioca per cinque anni mostrando da subito il suo strepitoso talento e la sua classe sopraffina soprattutto in occasione degli europei Under-17. Esordisce con la squadra di Lisbona nel terzo turno preliminare di UEFA Champions League contro l’Inter, nella stagione 2002-2003. Nella sua unica stagione allo Sporting colleziona 25 presenze, partendo titolare in undici occasioni. Gérard Houllier allenatore del Liverpool lo nota e decide di portarlo a Liverpool, ma la sua giovane età e la sua inesperienza pesano ancora molto e Houllier decide di lasciarlo allo Sporting a maturare.È notato dal Manchester United in una partita amichevole tra Sporting Lisbona e Manchester United disputatasi nel luglio 2003. La squadra inglese perde l'incontro per 2-0 anche per merito del giovane talento portoghese, che diviene così un obiettivo del club. Cristiano Ronaldo inoltre era molto vicino alla firma con il Parma ma poi visto il crack Parmalat si sono chiuse le trattative. Il 13 agosto 2003, stesso giorno dell’arrivo di Kleberson al Manchester United, si trasferisce ai Red Devils per 17,75 milioni di euro, cifra molto alta per un giovane della sua età.
Sir Alex Ferguson, tecnico del Manchester, consegna a Cristiano Ronaldo la maglia numero 7, appartenuta fino alla stagione precedente a David Beckham. Per Ronaldo è lo stesso numero dell'idolo e futuro compagno di squadra nel Portogallo Luís Figo. La maglia numero 7 è inoltre una maglia storica per i tifosi del Manchester, essendo stata quella di Beckham, George Best, Bryan Robson ed Eric Cantona.
Dopo aver pagato un periodo di adattamento al calcio inglese, si rende protagonista di un'ottima stagione d'esordio, collezionando 29 presenze e segnando anche il primo gol nella finale di Coppa d'Inghilterra.
Nella stagione 2004-2005, malgrado il Manchester concluda l'annata senza vincere alcun trofeo, è ancora tra i migliori giocatori della squadra.
Nella stagione 2005-2006 mette a segno 10 gol, l'ultimo dei quali nella finale di Carling Cup contro il Wigan Athletic vinta dai Red Devils. È quello l'unico trofeo conquistato dal Manchester United, eliminato nella prima fase della Champions League ed giunto secondo nella Premiership.
Nel 2006-2007 si afferma definitivamente come uno dei migliori calciatori del mondo, trasformandosi da promessa a campione affermato. Batte il primato personale di gol in campionato il 24 febbraio 2007, realizzando la rete numero 17, il che fa di lui il detentore del record di gol segnati in una sola stagione da un centrocampista, con ancora alcune gare da giocare. Si rende autore di ottime prestazioni in campionato e in Champions League, siglando i suoi primi gol nella principale rassegna continentale nel trionfale 7-1 ai danni della Roma. In seguito, grazie ad un suo gol nella finale della Community Shield contro il Manchester City, vince il suo primo trofeo inglese, seguito dalla vittoria della Premier League 2006-2007.
L'annata seguente è quella dei grandi successi personali e di squadra. Con la doppietta contro il Bolton Wanderers nel recupero della Premier League 2007-2008, il portoghese supera George Best, che nella stagione 1967-1968 aveva messo a segno 33 gol tra coppe e campionato. Il record era rimasto imbattuto per 40 anni. Alla fine sarà capocannoniere della Premiership, con 31 gol in 34 partite (31 delle quali giocate da titolare), e della UEFA Champions League 2007-2008, con 8 reti in 11 partite, contribuendo in maniera decisiva alla conquista dell'accoppiata titolo inglese-Champions League da parte dei Red Devils. Nella finale di coppa, a Mosca contro il Chelsea, realizza il gol del momentaneo 1-0 e in seguito sbaglia il proprio tiro della serie di rigori. I 31 gol in Premiership gli valgono comunque la Scarpa d'oro 2008, con 62 punti.
Nell' estate 2008 annuncia di voler lasciare il Manchester UTD per passare al Real Madrid sollevando una serie di polemiche e speculazioni e provocando le ire di Alex Ferguson.
Nazionale Under-18 e Under-21 portoghese, Cristiano Ronaldo esordisce con la Nazionale maggiore nel 2003, entrando nel secondo tempo della gara vinta per 1-0 contro il Kazakistan. Guadagnatosi una maglia da titolare in vista del campionato d’Europa 2004, nella rassegna continentale impressiona positivamente per le ottime prestazioni e per le due reti messe a segno in sei partite, gol che hanno garantito al Portogallo un posto in finale e al giocatore l'inserimento nella "squadra ideale" del torneo. Ha preso parte, ancora nel 2004, ai Giochi Olimpici di Atene.
Nel 2006 ha partecipato ai Mondiali di Germania, nei quali il Portogallo si è piazzato quarto. Nel corso del torneo il giocatore ha calciato e segnato il tiro decisivo della serie di rigori, quello che ha eliminato l'Inghilterra nei quarti di finale.
Il 6 febbraio 2007, nell'amichevole di Londra contro il Brasile, gioca la sua prima partita da capitano, a soli 22 anni ed un giorno.
Nel 2008 ha disputato il Campionato europeo in Austria e Svizzera, segnando una rete. La sua Nazionale è stata eliminata ai quarti di finale dalla Germania.
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Ronaldo Ronaldinho
Ronaldo de Assís Moreira, conosciuto in Europa come Ronaldinho[2] (IPA: /χonawˈdʒĩɲu/; Porto Alegre, 21 marzo 1980), è un calciatore brasiliano, trequartista del Milan e della Nazionale brasiliana.
È stato eletto FIFA World Player dalla FIFA nel 2004 e nel 2005 e Pallone d'oro 2005 dalla rivista francese France Football. Nel marzo 2004 Pelé l'ha inserito nel FIFA 100, la lista dei più forti calciatori viventi.
Il 27 agosto 2007 ha acquisito anche la cittadinanza spagnola.[3]
Considerato uno dei giocatori più forti in circolazione, ha nell'imprevedibilità uno dei suoi punti di forza. È in possesso di un bagaglio tecnico di primissimo ordine e di ottima visione di gioco, oltre a eccellere nel dribbling e nel tiro.[citazione necessaria] Può giocare sia da trequartista che da attaccante ed è anche un buon tiratore di calci piazzati.Di umili origini, Ronaldo de Assis Moreira trascorse la sua infanzia nel barrio Vila Nova di Porto Alegre.[4] Terzo e ultimo figlio di Dona Miguelina, negoziante con diploma di infermiera, e di Joao Da Silva Moreira, operaio in un cantiere navale ed ex calciatore dell'Esporte Clube Cruzeiro (da non confondere con il Cruzeiro Esporte Clube)[4], morto di infarto quando Ronaldinho aveva otto anni. Con la morte del padre, assunse importanza fondamentale per Ronaldo de Assis la figura del fratello maggiore Roberto de Assis (nato nel 1971), all'epoca una delle promesse del calcio brasiliano e in seguito suo procuratore. Quando questi firmò per il Grêmio, la famiglia si trasferì in una nuova casa più spaziosa donata dal club a Roberto, la cui carriera conobbe, tuttavia, una brusca interruzione a causa di un infortunio.
Le abilità calcistiche di Ronaldo de Assis Moreira si fecero notare subito. Fu soprannominato Ronaldinho perché di solito era il più piccolo nelle partite che giocava.[5] Dopo aver praticato futsal e beach soccer si dedicò al calcio vero e proprio. Nel 1993 si mise in luce nella formazione della sua scuola, realizzando tutti e 23 i gol con cui la sua squadra vinse un incontro.[4]
Nel 1995 fu convocato per la prima volta nelle selezioni giovanili del Grêmio. Nel 1997 firmò il suo primo contratto da professionista con il Grêmio. Debuttò in Coppa Libertadores nel 1998[6] e nel 1999 si aggiudicò il suo primo trofeo, il Campionato Gaúcho, realizzando 15 gol in 14 partite. In quattro anni disputò 35 partite di campionato e mise a segno 14 gol.
Il 19 luglio 2003 lo acquistò il Barcellona per 21 milioni di sterline,[8] dopo trattative molto laboriose. Inizialmente non era un obiettivo del Barcellona, che decise di acquistarlo solo dopo che il Real Madrid aveva soffiato al club blaugrana David Beckham. Il notevole investimento del club catalano si è comunque rivelato più che positivo. Nella sua prima stagione in Spagna il brasiliano realizzò 19 reti, contribuendo alla rimonta della squadra fino al secondo posto nella Liga.Nel 2004/05 fu eletto FIFA World Player, riconoscimento assegnato dalla FIFA al miglior calciatore del mondo secondo i voti dei commissari tecnici e dei capitani delle Nazionali di calcio iscritte alla Federazione calcistica mondiale. In Champions League segnò gol molto spettacolari, fra cui uno all'ultimo minuto di Barcellona-Milan 2-1 nella fase a gironi e un altro nella gara ritorno degli ottavi di finale Chelsea-Barcellona 4-2 (suo anche il secondo gol dei blaugrana su rigore), punteggio che, tuttavia, estromise la squadra catalana dalla competizione. A fine stagione vinse il suo primo campionato spagnolo con il Barcellona.
Il 25 febbraio 2005 è diventato padre di Joao, partorito da una modella brasiliana. Il giocatore ha riconosciuto il bambino, che è allevato dalla madre in Brasile.[4]
Nella stagione 2005/06 si rese nuovamente autore di giocate d'alta classe e prestazioni di altissimo livello, su cui spicca quella di Madrid contro il Real nella vittoria del Barcellona per 3-0 sugli storici rivali. Nell'occasione il fuoriclasse brasiliano percorse metà del campo palla al piede, superando in dribbling tre avversari e depositando poi il pallone in rete con un morbido tocco. A novembre la giuria di France Football lo nominò Pallone d'oro 2005, mentre la FIFA gli assegnò il FIFA World Player per il secondo anno consecutivo. I premi suggellarono a una stagione ricca di trofei: un'altra Liga spagnola e la Champions League nella finale di Parigi contro l'Arsenal. Fu poi nominato miglior giocatore della Campions League 2005/06.
La stagione 2006/07 si è rivelata avara di soddisfazioni per il Barcellona e per Ronaldinho. Il 25 novembre 2006 segnò il suo 50° gol in campionato contro il Villarreal al Camp Nou di Barcellona. Nella stessa partita realizzò un altro gol in rovesciata dopo aver controllato il pallone con il petto. Più tardi dichiarò che fin da bambino sognava di fare un gol così.[9] Nel novembre 2006 si classificò al quarto posto nella graduatoria del Pallone d'oro e un mese più tardi è giunto terzo nella classifica del FIFA World Player. Il 14 dicembre 2006 Ronaldinho condusse il Barça alla vittoria contro i messicani dell'América (4-0) nella semifinale della Coppa del Mondo per club 2006 a Yokohama segnado un gol e propiziandone altri due,[10], ma poi il Barcellona fu sconfitto in finale dall'Internacional.
Il 3 febbraio 2008 Ronaldinho ha disputato la 200a partita con il Barcellona al Camp Nou contro l'Osasuna. La stagione 2007/08, però, è stata segnata da diversi infortuni, l'ultimo dei quali, subito in allenamento il 3 aprile 2008 all'adduttore della gamba sinistra, lo ha costretto a uno stop di 6 settimane e a chiudere quindi anticipatamente la stagione.[11]
Ronaldinho è stato acquistato dal Milan il 15 luglio 2008.[12][13] Al Barcellona sono andati 21 milioni di euro più altri 4 di bonus nel caso i rossoneri raggiungano la qualificazione alla Champions League nei prossimi anni.[14] Il brasiliano il 17 luglio, giorno della presentazione, ha firmato il contratto che lo lega alla società rossonera fino al 30 giugno 2011, per uno stipendio di 6,5 milioni di euro netti l'anno[15] davanti ai giornalisti e in diretta televisiva.[16] La stessa sera è stato presentato a San Siro, dove lo hanno accolto 40.000 tifosi.[17] Essendo il numero 10 già assegnato a Clarence Seedorf, ha scelto di vestire la maglia numero 80, suo anno di nascita.[18]
Ha esordito in partite ufficiali con la maglia rossonera il 31 agosto 2008 in Milan-Bologna 1-2, prima giornata del campionato 2008/09.
Ronaldinho è uno dei pochi giocatori ad aver giocato per tutte le diverse selezioni del Brasile, essendo sceso in campo con l'Under-15, l'Under-17, l'Under-20, l'Under-23 e la Nazionale maggiore.
È stato eletto FIFA World Player dalla FIFA nel 2004 e nel 2005 e Pallone d'oro 2005 dalla rivista francese France Football. Nel marzo 2004 Pelé l'ha inserito nel FIFA 100, la lista dei più forti calciatori viventi.
Il 27 agosto 2007 ha acquisito anche la cittadinanza spagnola.[3]
Considerato uno dei giocatori più forti in circolazione, ha nell'imprevedibilità uno dei suoi punti di forza. È in possesso di un bagaglio tecnico di primissimo ordine e di ottima visione di gioco, oltre a eccellere nel dribbling e nel tiro.[citazione necessaria] Può giocare sia da trequartista che da attaccante ed è anche un buon tiratore di calci piazzati.Di umili origini, Ronaldo de Assis Moreira trascorse la sua infanzia nel barrio Vila Nova di Porto Alegre.[4] Terzo e ultimo figlio di Dona Miguelina, negoziante con diploma di infermiera, e di Joao Da Silva Moreira, operaio in un cantiere navale ed ex calciatore dell'Esporte Clube Cruzeiro (da non confondere con il Cruzeiro Esporte Clube)[4], morto di infarto quando Ronaldinho aveva otto anni. Con la morte del padre, assunse importanza fondamentale per Ronaldo de Assis la figura del fratello maggiore Roberto de Assis (nato nel 1971), all'epoca una delle promesse del calcio brasiliano e in seguito suo procuratore. Quando questi firmò per il Grêmio, la famiglia si trasferì in una nuova casa più spaziosa donata dal club a Roberto, la cui carriera conobbe, tuttavia, una brusca interruzione a causa di un infortunio.
Le abilità calcistiche di Ronaldo de Assis Moreira si fecero notare subito. Fu soprannominato Ronaldinho perché di solito era il più piccolo nelle partite che giocava.[5] Dopo aver praticato futsal e beach soccer si dedicò al calcio vero e proprio. Nel 1993 si mise in luce nella formazione della sua scuola, realizzando tutti e 23 i gol con cui la sua squadra vinse un incontro.[4]
Nel 1995 fu convocato per la prima volta nelle selezioni giovanili del Grêmio. Nel 1997 firmò il suo primo contratto da professionista con il Grêmio. Debuttò in Coppa Libertadores nel 1998[6] e nel 1999 si aggiudicò il suo primo trofeo, il Campionato Gaúcho, realizzando 15 gol in 14 partite. In quattro anni disputò 35 partite di campionato e mise a segno 14 gol.
Il 19 luglio 2003 lo acquistò il Barcellona per 21 milioni di sterline,[8] dopo trattative molto laboriose. Inizialmente non era un obiettivo del Barcellona, che decise di acquistarlo solo dopo che il Real Madrid aveva soffiato al club blaugrana David Beckham. Il notevole investimento del club catalano si è comunque rivelato più che positivo. Nella sua prima stagione in Spagna il brasiliano realizzò 19 reti, contribuendo alla rimonta della squadra fino al secondo posto nella Liga.Nel 2004/05 fu eletto FIFA World Player, riconoscimento assegnato dalla FIFA al miglior calciatore del mondo secondo i voti dei commissari tecnici e dei capitani delle Nazionali di calcio iscritte alla Federazione calcistica mondiale. In Champions League segnò gol molto spettacolari, fra cui uno all'ultimo minuto di Barcellona-Milan 2-1 nella fase a gironi e un altro nella gara ritorno degli ottavi di finale Chelsea-Barcellona 4-2 (suo anche il secondo gol dei blaugrana su rigore), punteggio che, tuttavia, estromise la squadra catalana dalla competizione. A fine stagione vinse il suo primo campionato spagnolo con il Barcellona.
Il 25 febbraio 2005 è diventato padre di Joao, partorito da una modella brasiliana. Il giocatore ha riconosciuto il bambino, che è allevato dalla madre in Brasile.[4]
Nella stagione 2005/06 si rese nuovamente autore di giocate d'alta classe e prestazioni di altissimo livello, su cui spicca quella di Madrid contro il Real nella vittoria del Barcellona per 3-0 sugli storici rivali. Nell'occasione il fuoriclasse brasiliano percorse metà del campo palla al piede, superando in dribbling tre avversari e depositando poi il pallone in rete con un morbido tocco. A novembre la giuria di France Football lo nominò Pallone d'oro 2005, mentre la FIFA gli assegnò il FIFA World Player per il secondo anno consecutivo. I premi suggellarono a una stagione ricca di trofei: un'altra Liga spagnola e la Champions League nella finale di Parigi contro l'Arsenal. Fu poi nominato miglior giocatore della Campions League 2005/06.
La stagione 2006/07 si è rivelata avara di soddisfazioni per il Barcellona e per Ronaldinho. Il 25 novembre 2006 segnò il suo 50° gol in campionato contro il Villarreal al Camp Nou di Barcellona. Nella stessa partita realizzò un altro gol in rovesciata dopo aver controllato il pallone con il petto. Più tardi dichiarò che fin da bambino sognava di fare un gol così.[9] Nel novembre 2006 si classificò al quarto posto nella graduatoria del Pallone d'oro e un mese più tardi è giunto terzo nella classifica del FIFA World Player. Il 14 dicembre 2006 Ronaldinho condusse il Barça alla vittoria contro i messicani dell'América (4-0) nella semifinale della Coppa del Mondo per club 2006 a Yokohama segnado un gol e propiziandone altri due,[10], ma poi il Barcellona fu sconfitto in finale dall'Internacional.
Il 3 febbraio 2008 Ronaldinho ha disputato la 200a partita con il Barcellona al Camp Nou contro l'Osasuna. La stagione 2007/08, però, è stata segnata da diversi infortuni, l'ultimo dei quali, subito in allenamento il 3 aprile 2008 all'adduttore della gamba sinistra, lo ha costretto a uno stop di 6 settimane e a chiudere quindi anticipatamente la stagione.[11]
Ronaldinho è stato acquistato dal Milan il 15 luglio 2008.[12][13] Al Barcellona sono andati 21 milioni di euro più altri 4 di bonus nel caso i rossoneri raggiungano la qualificazione alla Champions League nei prossimi anni.[14] Il brasiliano il 17 luglio, giorno della presentazione, ha firmato il contratto che lo lega alla società rossonera fino al 30 giugno 2011, per uno stipendio di 6,5 milioni di euro netti l'anno[15] davanti ai giornalisti e in diretta televisiva.[16] La stessa sera è stato presentato a San Siro, dove lo hanno accolto 40.000 tifosi.[17] Essendo il numero 10 già assegnato a Clarence Seedorf, ha scelto di vestire la maglia numero 80, suo anno di nascita.[18]
Ha esordito in partite ufficiali con la maglia rossonera il 31 agosto 2008 in Milan-Bologna 1-2, prima giornata del campionato 2008/09.
Ronaldinho è uno dei pochi giocatori ad aver giocato per tutte le diverse selezioni del Brasile, essendo sceso in campo con l'Under-15, l'Under-17, l'Under-20, l'Under-23 e la Nazionale maggiore.
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Arthur Antunes Coimbra detto Zico
Arthur Antunes Coimbra detto Zico (Rio de Janeiro, 3 marzo 1953) è un ex calciatore e allenatore di calcio brasiliano.
Considerato uno dei migliori talenti del calcio mondiale nel corso degli anni ottanta, partecipò a diverse edizioni del Mondiale, intraprendendo poi fruttuosamente la carriera di allenatore.
Fu eletto Pallone d'Oro sudamericano per tre volte (1977, 1981, 1982). Occupa la 14° posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata por FIFA.
In totale ha giocato 750 partite ufficiali segnando 516 gol, [1]contando anche le partite non ufficiali giocate il suo totale sale a 1180 presenze e 826 gol.[2] Ragione per la quale è considerato uno dei migliori marcatore di sempre della storia del calcio.
Trequartista dotato di un fisico gracile, ha ampiamente sopperito a questo limite con una tecnica sopraffina. Ottimo realizzatore, dotato di un tiro potente ed estremamente preciso e di una visione del gioco notevole, poteva giocare indifferentemente come centrocampista avanzato o seconda punta.Tecnicamente senz'altro uno dei più grandi di tutti i tempi. Anche Pelé ha di recente affermato che l'unico che gli si è avvicinato è stato ZicoNel periodo 1975-1986 è stato senza dubbio il giocatore brasiliano più popolare ed uno degli attaccanti più forti del mondo: vinse difatti per ben tre volte il Pallone d'Oro sudamericano (1977, 1981 e 1982) e per 11 volte consecutive la classifica come miglior marcatore.
In Brasile il suo nome è legato al Flamengo squadra con la quale ha vinto, segnando ben oltre 600 gol, Campionati di calcio brasiliano, una Coppa Libertadores e una Coppa Intercontinentale, ma è ricordato in Italia anche per i due campionati di calcio disputati con la squadra dell'Udinese, l'unica squadra Europea in cui ha giocato segnando 22 gol pur avendo giocato solo 39 partite, classificandosi secondo nella classifica dei marcatori nella stagione 1983/1984 dietro al grande Michel Platini. Grazie a lui l' Udinese visse uno dei momenti migliori della sua storia: grazie a Zico risalì in classifica dal sesto al terzo posto insieme alle grandi del calcio, ma in seguito ad un infortunio a fine stagione giunse solo nona.
Nel 1983, la vicenda dell'acquisto da parte di una squadra cosiddetta provinciale di un giocatore di caratura mondiale aveva suscitato notevole scalpore, dovuto anche al prezzo sborsato dalla società friulana che poteva contare sul potere economico della Zanussi, e causato una piccola rivolta tra i tifosi brasiliani.
Con la nazionale di calcio brasiliana partecipò a tre edizioni dei Campionati mondiali di calcio: nel 1978, nel 1982 e nel 1986, senza riuscire però a vincere la competizione. In totale con i verdeoro ha giocato 72 partite ufficiali segnando 52 gol (quarto miglior marcatore di sempre della nazionale brasiliana), contando anche le partite non ufficiali giocate il suo totale sale a 88 presenze e 66 gol
Considerato uno dei migliori talenti del calcio mondiale nel corso degli anni ottanta, partecipò a diverse edizioni del Mondiale, intraprendendo poi fruttuosamente la carriera di allenatore.
Fu eletto Pallone d'Oro sudamericano per tre volte (1977, 1981, 1982). Occupa la 14° posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata por FIFA.
In totale ha giocato 750 partite ufficiali segnando 516 gol, [1]contando anche le partite non ufficiali giocate il suo totale sale a 1180 presenze e 826 gol.[2] Ragione per la quale è considerato uno dei migliori marcatore di sempre della storia del calcio.
Trequartista dotato di un fisico gracile, ha ampiamente sopperito a questo limite con una tecnica sopraffina. Ottimo realizzatore, dotato di un tiro potente ed estremamente preciso e di una visione del gioco notevole, poteva giocare indifferentemente come centrocampista avanzato o seconda punta.Tecnicamente senz'altro uno dei più grandi di tutti i tempi. Anche Pelé ha di recente affermato che l'unico che gli si è avvicinato è stato ZicoNel periodo 1975-1986 è stato senza dubbio il giocatore brasiliano più popolare ed uno degli attaccanti più forti del mondo: vinse difatti per ben tre volte il Pallone d'Oro sudamericano (1977, 1981 e 1982) e per 11 volte consecutive la classifica come miglior marcatore.
In Brasile il suo nome è legato al Flamengo squadra con la quale ha vinto, segnando ben oltre 600 gol, Campionati di calcio brasiliano, una Coppa Libertadores e una Coppa Intercontinentale, ma è ricordato in Italia anche per i due campionati di calcio disputati con la squadra dell'Udinese, l'unica squadra Europea in cui ha giocato segnando 22 gol pur avendo giocato solo 39 partite, classificandosi secondo nella classifica dei marcatori nella stagione 1983/1984 dietro al grande Michel Platini. Grazie a lui l' Udinese visse uno dei momenti migliori della sua storia: grazie a Zico risalì in classifica dal sesto al terzo posto insieme alle grandi del calcio, ma in seguito ad un infortunio a fine stagione giunse solo nona.
Nel 1983, la vicenda dell'acquisto da parte di una squadra cosiddetta provinciale di un giocatore di caratura mondiale aveva suscitato notevole scalpore, dovuto anche al prezzo sborsato dalla società friulana che poteva contare sul potere economico della Zanussi, e causato una piccola rivolta tra i tifosi brasiliani.
Con la nazionale di calcio brasiliana partecipò a tre edizioni dei Campionati mondiali di calcio: nel 1978, nel 1982 e nel 1986, senza riuscire però a vincere la competizione. In totale con i verdeoro ha giocato 72 partite ufficiali segnando 52 gol (quarto miglior marcatore di sempre della nazionale brasiliana), contando anche le partite non ufficiali giocate il suo totale sale a 88 presenze e 66 gol
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Michel Platini
Michel François Platini (Jœuf, 21 giugno 1955) è un ex calciatore, allenatore di calcio e dirigente sportivo francese, presidente dell'UEFA dal 26 gennaio 2007.
Reputato uno dei migliori calciatori della storia, fu tra i principali artefici dei successi della Nazionale francese e della Juventus negli anni Ottanta. Dotato di un bagaglio tecnico di primissimo ordine, era un trequartista dalla classe sopraffina, visione del gioco notevole, specialista del calcio di punizione e in possesso di un innato fiuto per il gol. La sua grande capacità tecnica e l'attitudine ad essere un leader gli valsero il soprannome di Le Roi (Il Re, in francese). Legò il suo nome a quello dei bianconeri di Torino, con cui giocò dal 1982 al 1987, quando terminò la carriera dopo aver conquistato numerosi trofei.
È l'unico calciatore ad aver vinto il Pallone d'Oro per tre anni consecutivi (dal 1983 al 1985). Anche Johan Cruijff e Marco van Basten riuscirono a conquistare tre volte il trofeo, ma non in sequenza. Nella graduatoria del 1983 segna il massimo distacco in percentuale dal secondo classificato nella storia del premio, totalizzando ben 5 volte (110 contro 26) il punteggio di Kenny Dalglish stella dell' allora pluricampione Liverpool. Anche se nei suoi anni il premio era ancora riservato a calciatori solamente europei, come peraltro è stato anche per gli altri due tri-vincitori, tutti i suoi tre riconoscimenti non sarebbero stati messi in discussione da una votazione aperta a tutti i calciatori, giacchè nessuno raggiunse il suo livello di gioco e vinse altrettanto negli anni del suo apice.
La rivista di calcio internazionale World Soccer lo ha inserito al 5° posto nella classifica dei migliori calciatori del secolo. Ha anche raggiunto la percentuale di voto più alta nella votazione del premio "Calciatore dell'anno" assegnata dalla stessa rivista: nell'anno d'oro 1984 ottenne il 54% delle preferenze, risultando tuttora l'unico giocatore ad aver superato la soglia del 50%.
Occupa la 7a posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata por FIFA.
Nacque in Francia da una famiglia di ascendenze italiane, essendo il nonno originario di Agrate Conturbia, in provincia di Novara. Abilissimo nella costruzione del gioco, sin dall'inizio della carriera predilesse il ruolo di mezzapunta. Affermatosi nel campionato francese, fu acquistato dalla Juventus nel 1982 e vi rimase sino al termine della carriera, vincendo in cinque anni due scudetti (1983-1984 e 1985-1986), una Coppa Italia nel 1982-1983, una Coppa dei Campioni nel 1984-1985, una Coppa delle Coppe nel 1983-1984), una Coppa Intercontinentale (1985) e una Supercoppa europea (1984).
Con la Nazionale vinse il campionato d’Europa 1984 da protagonista, risultando capocannoniere e miglior giocatore del torneo. Fu quarto nel campionato del mondo 1982 e terzo nel campionato del mondo 1986. Ha disputato inoltre con la nazionale il campionato del mondo 1978 e le Olimpiadi di Montreal.
È stato uno dei numeri 10 per eccellenza della storia del calcio. Quel numero che è sinonimo non solo di grande tecnica e classe, ma anche universalità nel gioco. Ed è proprio in questo senso, l'universalità, che Platini si distingue dal resto delle leggende del calcio. Forse, solo l'olandese Johan Cruijff può essere paragonato a lui per la sua capacità di occupare qualunque posizione su un campo di calcio.
È difficile scegliere quale fosse la caratteristica principale di Platini: la sua visione di gioco non teme confronti con i più grandi giocatori della storia, e, abbinata alla sua grande tecnica, ne ha fatto il modello del regista del suo tempo e uno dei migliori di sempre, l'uomo-faro del centrocampo che mette il suo marchio su tutto il gioco della squadra. Dai suoi piedi poteva nascere sia un passaggio misurato sulla linea del centrocampo ad iniziare un'azione, sia una lunga fiondata per il compagno lanciato a rete. In questo secondo tipo di lancio ha raggiunto forse livelli mai arrivati da nessun altro; per lui, un lancio da 40-50 metri si risolveva in poco più di una pratica da risolvere, con il risultato di un pallone sempre messo sul piede dei compagni con non solo la forza, ma spesso anche l' effetto calibrato al fine di poter essere addomesticato nella maniera migliore. Per questa sua capacità, sovente andava a prendere il pallone dai difensori all'inizio di una nuova azione di gioco, e talvolta lo faceva direttamente dal portiere. Ma non erano solo lunghe gittate: in zona avanzata, le intuizioni di gioco si risolvevano in morbidi e calibrati tocchi di precisioni che diventavano assist preziosissimi per i suoi compagni. Quanto detto sopra, già basterebbe a fare di Platini un giocatore straordinario; ma non è tutto, anzi. Passerà alla storia in quanto a tutto ciò ha abbinato una straordinaria abilità nell'andare in rete. Le sue statistiche sono impressionanti, sia in nazionale che nelle squadre di club. Lui centrocampista, non ha visto nessun attaccante a lui contemporaneo segnare più di lui, ed ha stabilito una serie di record assoluti in fatto di gol realizzati: 9 gol in 5 partite nell'Europeo vinto dalla Francia nel 1984, 41 in 72 partite totali in nazionale; 3 volte capocannoniere consecutivamente in Italia. Il suo marchio di fabbrica era l'inserimento centrale: sapeva fiutare benissimo l'occasione propizia, e quando nella difesa si apriva un varco lui ci si buttava dentro e, sovente dopo uno scambio ravvicinato con un compagno, con la sua grande tecnica sapeva stoppare la palla in modo da presentarsi davanti al portiere nel migliore dei modi; qui, a sussidio della tecnica, subentrava una chirurgica freddezza nel trovare lo spiraglio giusto. Non mancavano i gol scaturiti da un senso della posizione degno dei migliori opportunisti dell'area di rigore. A tutto ciò, si aggiungono i calci piazzati: praticamente infallibile dal dischetto del rigore,gli errori si contano sulle dita di una mano,è stato parimenti uno dei migliori specialisti di sempre, se non il migliore in assoluto, nei calci di punizione da fuori area. Nonostante una taglia di piede n° 43, aveva una grandissima sensibilità di tiro, ciò che gli permettava di tracciare traiettorie precisissime più che potenti, inarrivabili per i portieri. Era questa una dote innata, dato che non vi si esercitava molto in allenamento. Anche su azione, numerosi e pregevoli sono state le sue stoccate vincenti.E'interessante notare come in qualsiasi categoria,in qualsiasi squadra e in qualsivoglia competizione abbia giocato,egli abbia mantenuto praticamente la medesima media gol.
Tutto ciò che ha fatto sul campo è stato dunque frutto di innate capacità e classe; d'altronde la sua statura fisica, all' insegna della più assoluta normalità, nemmeno accompagnata da grandi doti atletiche, non gli permetteva di avere altri modi per prendere la supremazia in un campo di calcio.
Ma un elenco delle sue doti tecniche non farebbe merito a quello che era un'altra sua caratteristica fondamentale, anch'essa innata: il suo carisma, la sua capacità di essere leader e trascinatore della squadra. Non è un caso che dopo il suo abbandono del calcio, sia la Francia che la Juve hanno vissuto anni di difficoltà, come se d'improvviso si siano ritrovate orfane di chi le aveva condotte quasi per mano a grandi traguardi.
A proposito del suo ruolo e della sua posizione in campo, è interessante l'aneddoto di una sua dichiarazione rilasciata dopo il suo ritiro dal calcio giocato. Quando, dopo anni di difficoltà, la Juve decide di puntare nuovamente al vertice in maniera decisa, acquista il talento emergente del calcio italiano e mondiale, Roberto Baggio. A lui va naturalmente la maglia n° 10 che nel dopo-Platini è divenuta troppo pesante per chiunque da indossare. A conferma di ciò, l'inizio della carriera di Baggio alla Juve non è delle migliori e Platini, intervistato in proposito, dichiara che in realtà "Baggio è un 9 e mezzo, piuttosto che un 10". La stampa italiana è subito pronta ad alzare il polverone di un presunto affronto di Platini alla nuova stella, ma lo stesso Michel spiegherà qualche giorno dopo che il numero leggermente inferiore affibiato a Baggio non era un voto al suo valore assoluto, bensì relativo al fatto di essere più spiccatamente una punta che non un giocatore a tutto campo, e quindi più vicino al numero 9 tipico dei centravanti.
La Juventus da anni domina la scena in Italia, ma non riesce ad affermarsi altrettanto autorevolmente anche in Europa. Per questo motivo, durante il mercato estivo, la società torinese deciderà di modificare l'assetto della squadra. Per volere personale di Gianni Agnelli viene acquistato Michel Platini al posto del pur ottimo Liam Brady che aveva condotto la squadra a due titoli consecutivi. Il cartellino di Platini è pagato 880 milioni in quello che si rivelerà uno dei più grandi affari del calciomercato di ogni tempo. Infatti, l'asso francese supererà anche le più rosee aspettative che il top team di Torino aveva posto su di lui, ritagliandosi un ruolo di primo piano nella storia non solo della società, ma del calcio mondiale. A dire il vero, l'inizio, pur non essendo stato completamente deludente, non è nemmeno scintillante, e nell'ambiente circolano dubbi sulla scelta della società bianconera. In realtà, fu difficile per Platini non solo il passaggio ad un campionato più competitivo e con un gioco diverso da quello cui era abituato, ma anche entrare in un gruppo che contava ben 6 titolari fra quelli che avevano condotto l'Italia a vincere i Mondiali disputati proprio quella stessa estate in Spagna. Ma l'attesa non è lunga: varcata la boa del girone d'andata, il francese esplode trascinando la Juventus in una grande seconda parte di stagione.
La svolta è a inizio marzo: domenica 6 è in programma lo scontro diretto all'Olimpico contro la Roma capolista, avanti 5 punti in classifica. La formazione giallorossa va in vantaggio nel secondo tempo con Falcao e sembra chiudere il discorso scudetto. Ma Platini prima pareggia all'83° con una punizione dal limite, e poi dalla linea di fondo, senza vedere, serve l'assist a Brio per appoggiare in porta il match-point all'89°. Non è che la conferma di quanto dimostrato solo 4 giorni prima dallo stesso Michel in campo internazionale: è infatti lui a trascinare la Juventus ad una grandiosa cavalcata in Europa, con un assalto più deciso che mai al titolo di squadra campione d'Europa; l'investitura ufficiale arriva nel turno dei quarti di finale quando il sorteggio pone la Juventus di fronte all'Aston Villa, campione in carica. Le squadre inglesi fino a quell'anno fanno particolarmente paura perché da ben 6 anni dominano la scena europea vincendo la Coppa più ambita. La partita di andata a Birmingham, il 2 marzo 1983, segna l'avvento di Platini quale leader della Juve, l'uomo capace non solo di farne parte ma di esserne il trascinatore e condurla ai più alti traguardi. Dopo il vantaggio siglato da Paolo Rossi, il Villa trova il pareggio: è allora che l'asso francese prende in mano la squadra, e con una serie di giocate d'alta scuola e l'assist a Boniek incide in maniera decisiva sull'1-2 finale. Il ritorno a Torino è la consacrazione definitiva di questa presa di possesso della scena internazionale della Juve e di Platini: questo segnerà una doppietta per condurre la Juventus sul 3-0, cui si aggiunge il gol della bandiera per gli inglesi per il 3-1 finale. I giornali inglesi titoleranno sull'inutilità di essere andati a Torino. Ma la lanciatissima Juventus troverà in finale, ad Atene, una delle più inaspettate e cocenti sconfitte della sua storia: contro tutti i pronostici di critica e appassionati, l'Amburgo avrà la meglio su una spenta Juventus che non riuscirà mai ad esprimere il suo potenziale. Si racconta che nell'immediato pre-partita negli spogliatoi, l'allenatore della Juventus Trapattoni mise in guardia i suoi sul fatto che quella fosse “una partita da vincere con la testa”; Platini, ormai leader del gruppo, prontamente replicò che quella fosse invece una partita da “vincere con il cuore”.
La distrazione europea costerà alla Juve anche la mancata rimonta sulla Roma, e si dovrà accontentare del secondo posto in campionato. L'unica consolazione dell'anno sarà la conquista della Coppa Italia: dopo aver perso per 2-0 la finale di andata contro l'emergente Hellas Verona al Bentegodi, ancora Platini sarà il protagonista della grande rimonta bianconera nel ritorno al Comunale di Torino, realizzando una doppietta nel 3-0 che dopo i tempi supplementari condurrà il trofeo sotto la Mole.
Platini comunque conquista il primo dei tre titoli consecutivi come primatista tra i cannonieri del campionato italiano di calcio, allora indiscutibilmente il più bello e difficile del mondo, nonostante gli vengano anche tolti i gol di una doppietta contro l' Inter causa una squalifica al campo della Juventus.
Reputato uno dei migliori calciatori della storia, fu tra i principali artefici dei successi della Nazionale francese e della Juventus negli anni Ottanta. Dotato di un bagaglio tecnico di primissimo ordine, era un trequartista dalla classe sopraffina, visione del gioco notevole, specialista del calcio di punizione e in possesso di un innato fiuto per il gol. La sua grande capacità tecnica e l'attitudine ad essere un leader gli valsero il soprannome di Le Roi (Il Re, in francese). Legò il suo nome a quello dei bianconeri di Torino, con cui giocò dal 1982 al 1987, quando terminò la carriera dopo aver conquistato numerosi trofei.
È l'unico calciatore ad aver vinto il Pallone d'Oro per tre anni consecutivi (dal 1983 al 1985). Anche Johan Cruijff e Marco van Basten riuscirono a conquistare tre volte il trofeo, ma non in sequenza. Nella graduatoria del 1983 segna il massimo distacco in percentuale dal secondo classificato nella storia del premio, totalizzando ben 5 volte (110 contro 26) il punteggio di Kenny Dalglish stella dell' allora pluricampione Liverpool. Anche se nei suoi anni il premio era ancora riservato a calciatori solamente europei, come peraltro è stato anche per gli altri due tri-vincitori, tutti i suoi tre riconoscimenti non sarebbero stati messi in discussione da una votazione aperta a tutti i calciatori, giacchè nessuno raggiunse il suo livello di gioco e vinse altrettanto negli anni del suo apice.
La rivista di calcio internazionale World Soccer lo ha inserito al 5° posto nella classifica dei migliori calciatori del secolo. Ha anche raggiunto la percentuale di voto più alta nella votazione del premio "Calciatore dell'anno" assegnata dalla stessa rivista: nell'anno d'oro 1984 ottenne il 54% delle preferenze, risultando tuttora l'unico giocatore ad aver superato la soglia del 50%.
Occupa la 7a posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata por FIFA.
Nacque in Francia da una famiglia di ascendenze italiane, essendo il nonno originario di Agrate Conturbia, in provincia di Novara. Abilissimo nella costruzione del gioco, sin dall'inizio della carriera predilesse il ruolo di mezzapunta. Affermatosi nel campionato francese, fu acquistato dalla Juventus nel 1982 e vi rimase sino al termine della carriera, vincendo in cinque anni due scudetti (1983-1984 e 1985-1986), una Coppa Italia nel 1982-1983, una Coppa dei Campioni nel 1984-1985, una Coppa delle Coppe nel 1983-1984), una Coppa Intercontinentale (1985) e una Supercoppa europea (1984).
Con la Nazionale vinse il campionato d’Europa 1984 da protagonista, risultando capocannoniere e miglior giocatore del torneo. Fu quarto nel campionato del mondo 1982 e terzo nel campionato del mondo 1986. Ha disputato inoltre con la nazionale il campionato del mondo 1978 e le Olimpiadi di Montreal.
È stato uno dei numeri 10 per eccellenza della storia del calcio. Quel numero che è sinonimo non solo di grande tecnica e classe, ma anche universalità nel gioco. Ed è proprio in questo senso, l'universalità, che Platini si distingue dal resto delle leggende del calcio. Forse, solo l'olandese Johan Cruijff può essere paragonato a lui per la sua capacità di occupare qualunque posizione su un campo di calcio.
È difficile scegliere quale fosse la caratteristica principale di Platini: la sua visione di gioco non teme confronti con i più grandi giocatori della storia, e, abbinata alla sua grande tecnica, ne ha fatto il modello del regista del suo tempo e uno dei migliori di sempre, l'uomo-faro del centrocampo che mette il suo marchio su tutto il gioco della squadra. Dai suoi piedi poteva nascere sia un passaggio misurato sulla linea del centrocampo ad iniziare un'azione, sia una lunga fiondata per il compagno lanciato a rete. In questo secondo tipo di lancio ha raggiunto forse livelli mai arrivati da nessun altro; per lui, un lancio da 40-50 metri si risolveva in poco più di una pratica da risolvere, con il risultato di un pallone sempre messo sul piede dei compagni con non solo la forza, ma spesso anche l' effetto calibrato al fine di poter essere addomesticato nella maniera migliore. Per questa sua capacità, sovente andava a prendere il pallone dai difensori all'inizio di una nuova azione di gioco, e talvolta lo faceva direttamente dal portiere. Ma non erano solo lunghe gittate: in zona avanzata, le intuizioni di gioco si risolvevano in morbidi e calibrati tocchi di precisioni che diventavano assist preziosissimi per i suoi compagni. Quanto detto sopra, già basterebbe a fare di Platini un giocatore straordinario; ma non è tutto, anzi. Passerà alla storia in quanto a tutto ciò ha abbinato una straordinaria abilità nell'andare in rete. Le sue statistiche sono impressionanti, sia in nazionale che nelle squadre di club. Lui centrocampista, non ha visto nessun attaccante a lui contemporaneo segnare più di lui, ed ha stabilito una serie di record assoluti in fatto di gol realizzati: 9 gol in 5 partite nell'Europeo vinto dalla Francia nel 1984, 41 in 72 partite totali in nazionale; 3 volte capocannoniere consecutivamente in Italia. Il suo marchio di fabbrica era l'inserimento centrale: sapeva fiutare benissimo l'occasione propizia, e quando nella difesa si apriva un varco lui ci si buttava dentro e, sovente dopo uno scambio ravvicinato con un compagno, con la sua grande tecnica sapeva stoppare la palla in modo da presentarsi davanti al portiere nel migliore dei modi; qui, a sussidio della tecnica, subentrava una chirurgica freddezza nel trovare lo spiraglio giusto. Non mancavano i gol scaturiti da un senso della posizione degno dei migliori opportunisti dell'area di rigore. A tutto ciò, si aggiungono i calci piazzati: praticamente infallibile dal dischetto del rigore,gli errori si contano sulle dita di una mano,è stato parimenti uno dei migliori specialisti di sempre, se non il migliore in assoluto, nei calci di punizione da fuori area. Nonostante una taglia di piede n° 43, aveva una grandissima sensibilità di tiro, ciò che gli permettava di tracciare traiettorie precisissime più che potenti, inarrivabili per i portieri. Era questa una dote innata, dato che non vi si esercitava molto in allenamento. Anche su azione, numerosi e pregevoli sono state le sue stoccate vincenti.E'interessante notare come in qualsiasi categoria,in qualsiasi squadra e in qualsivoglia competizione abbia giocato,egli abbia mantenuto praticamente la medesima media gol.
Tutto ciò che ha fatto sul campo è stato dunque frutto di innate capacità e classe; d'altronde la sua statura fisica, all' insegna della più assoluta normalità, nemmeno accompagnata da grandi doti atletiche, non gli permetteva di avere altri modi per prendere la supremazia in un campo di calcio.
Ma un elenco delle sue doti tecniche non farebbe merito a quello che era un'altra sua caratteristica fondamentale, anch'essa innata: il suo carisma, la sua capacità di essere leader e trascinatore della squadra. Non è un caso che dopo il suo abbandono del calcio, sia la Francia che la Juve hanno vissuto anni di difficoltà, come se d'improvviso si siano ritrovate orfane di chi le aveva condotte quasi per mano a grandi traguardi.
A proposito del suo ruolo e della sua posizione in campo, è interessante l'aneddoto di una sua dichiarazione rilasciata dopo il suo ritiro dal calcio giocato. Quando, dopo anni di difficoltà, la Juve decide di puntare nuovamente al vertice in maniera decisa, acquista il talento emergente del calcio italiano e mondiale, Roberto Baggio. A lui va naturalmente la maglia n° 10 che nel dopo-Platini è divenuta troppo pesante per chiunque da indossare. A conferma di ciò, l'inizio della carriera di Baggio alla Juve non è delle migliori e Platini, intervistato in proposito, dichiara che in realtà "Baggio è un 9 e mezzo, piuttosto che un 10". La stampa italiana è subito pronta ad alzare il polverone di un presunto affronto di Platini alla nuova stella, ma lo stesso Michel spiegherà qualche giorno dopo che il numero leggermente inferiore affibiato a Baggio non era un voto al suo valore assoluto, bensì relativo al fatto di essere più spiccatamente una punta che non un giocatore a tutto campo, e quindi più vicino al numero 9 tipico dei centravanti.
La Juventus da anni domina la scena in Italia, ma non riesce ad affermarsi altrettanto autorevolmente anche in Europa. Per questo motivo, durante il mercato estivo, la società torinese deciderà di modificare l'assetto della squadra. Per volere personale di Gianni Agnelli viene acquistato Michel Platini al posto del pur ottimo Liam Brady che aveva condotto la squadra a due titoli consecutivi. Il cartellino di Platini è pagato 880 milioni in quello che si rivelerà uno dei più grandi affari del calciomercato di ogni tempo. Infatti, l'asso francese supererà anche le più rosee aspettative che il top team di Torino aveva posto su di lui, ritagliandosi un ruolo di primo piano nella storia non solo della società, ma del calcio mondiale. A dire il vero, l'inizio, pur non essendo stato completamente deludente, non è nemmeno scintillante, e nell'ambiente circolano dubbi sulla scelta della società bianconera. In realtà, fu difficile per Platini non solo il passaggio ad un campionato più competitivo e con un gioco diverso da quello cui era abituato, ma anche entrare in un gruppo che contava ben 6 titolari fra quelli che avevano condotto l'Italia a vincere i Mondiali disputati proprio quella stessa estate in Spagna. Ma l'attesa non è lunga: varcata la boa del girone d'andata, il francese esplode trascinando la Juventus in una grande seconda parte di stagione.
La svolta è a inizio marzo: domenica 6 è in programma lo scontro diretto all'Olimpico contro la Roma capolista, avanti 5 punti in classifica. La formazione giallorossa va in vantaggio nel secondo tempo con Falcao e sembra chiudere il discorso scudetto. Ma Platini prima pareggia all'83° con una punizione dal limite, e poi dalla linea di fondo, senza vedere, serve l'assist a Brio per appoggiare in porta il match-point all'89°. Non è che la conferma di quanto dimostrato solo 4 giorni prima dallo stesso Michel in campo internazionale: è infatti lui a trascinare la Juventus ad una grandiosa cavalcata in Europa, con un assalto più deciso che mai al titolo di squadra campione d'Europa; l'investitura ufficiale arriva nel turno dei quarti di finale quando il sorteggio pone la Juventus di fronte all'Aston Villa, campione in carica. Le squadre inglesi fino a quell'anno fanno particolarmente paura perché da ben 6 anni dominano la scena europea vincendo la Coppa più ambita. La partita di andata a Birmingham, il 2 marzo 1983, segna l'avvento di Platini quale leader della Juve, l'uomo capace non solo di farne parte ma di esserne il trascinatore e condurla ai più alti traguardi. Dopo il vantaggio siglato da Paolo Rossi, il Villa trova il pareggio: è allora che l'asso francese prende in mano la squadra, e con una serie di giocate d'alta scuola e l'assist a Boniek incide in maniera decisiva sull'1-2 finale. Il ritorno a Torino è la consacrazione definitiva di questa presa di possesso della scena internazionale della Juve e di Platini: questo segnerà una doppietta per condurre la Juventus sul 3-0, cui si aggiunge il gol della bandiera per gli inglesi per il 3-1 finale. I giornali inglesi titoleranno sull'inutilità di essere andati a Torino. Ma la lanciatissima Juventus troverà in finale, ad Atene, una delle più inaspettate e cocenti sconfitte della sua storia: contro tutti i pronostici di critica e appassionati, l'Amburgo avrà la meglio su una spenta Juventus che non riuscirà mai ad esprimere il suo potenziale. Si racconta che nell'immediato pre-partita negli spogliatoi, l'allenatore della Juventus Trapattoni mise in guardia i suoi sul fatto che quella fosse “una partita da vincere con la testa”; Platini, ormai leader del gruppo, prontamente replicò che quella fosse invece una partita da “vincere con il cuore”.
La distrazione europea costerà alla Juve anche la mancata rimonta sulla Roma, e si dovrà accontentare del secondo posto in campionato. L'unica consolazione dell'anno sarà la conquista della Coppa Italia: dopo aver perso per 2-0 la finale di andata contro l'emergente Hellas Verona al Bentegodi, ancora Platini sarà il protagonista della grande rimonta bianconera nel ritorno al Comunale di Torino, realizzando una doppietta nel 3-0 che dopo i tempi supplementari condurrà il trofeo sotto la Mole.
Platini comunque conquista il primo dei tre titoli consecutivi come primatista tra i cannonieri del campionato italiano di calcio, allora indiscutibilmente il più bello e difficile del mondo, nonostante gli vengano anche tolti i gol di una doppietta contro l' Inter causa una squalifica al campo della Juventus.
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Frank Lampard
Frank James Lampard jr. (pron. IPA: /fræŋk ʤeimz ˈlæmpɑːd/; Romford, 20 giugno 1978) è un calciatore britannico che gioca come centrocampista centrale del Chelsea e della Nazionale inglese. In passato ha vestito le maglie di West Ham e Swansea City.
Lampard nacque a Romford, un borough dell'East End londinese. Proviene da una famiglia di calciatori di successo: è figlio di Frank Lampard, Sr. - ex difensore del West Ham con cui vinse due volte la FA Cup -, nipote di Harry Redknapp - anch'egli calciatore del West Ham - e cugino di Jamie Redknapp, che vinse la Coppa UEFA nel 2001 con il Liverpool. Lampard fu poi educato alla Brentwood School, una scuola indipendenti per ragazzi a Brentwood, in Essex.
Ha vinto due volte la Premier League (con il Chelsea nel 2004 e nel 2005), due volte la League Cup (sempre nel 2005 e nel 2007), una volta la FA Cup (nel 2007), una volta la Community Shield (nel 2005) e una volta la Coppa Intertoto (con il West Ham nel 1999).
Fu eletto FWA Footballer of the Year nel 2005[1] e nello stesso anno si piazzò secondo nella classifica del Pallone d'oro e del FIFA World Player.
È un giocatore dotato di un ottimo senso del gol nonostante ricopra il ruolo di centrocampista, prevalentemente offensivo. Rapido nelle giocate e negli inserimenti in area avversaria, è dotato di ottimo senso della posizione e di fondamentali di valore. Oltre a questo Frank Lampard possiede una buona resistenza fisica e una grande tecnica, è abile nel tener palla e a farla girare e ha un ottimo tiro dalla lunga distanza, è anche un buonissimo calciatore di punizioni.Si è formato nelle giovanili del West Ham, squadra con la quale esordì nel calcio professionistico e nella quale rimase fino al 2001 (a parte un brevissimo prestito semestrale ai gallesi dello Swansea), riuscendo anche a vincere la Coppa Intertoto del 1999. I maggiori successi sportivi di Lampard sono, tuttavia, legati al Chelsea, il club che lo rilevò dal West Ham. Si ricordano i due titoli consecutivi di campione d'Inghilterra (2004/2005 e 2005/2006) e la Coppa di Lega inglese. Nel 2005 giunse secondo nella classifica del FIFA World Player of the Year.
Nello stesso anno scese in campo in 164 partite consecutive. La striscia terminò nella fase di riscaldamento di un match contro il Manchester City. Si tratta di un'impresa notevole se si pensa che giocatori che hanno superato le 100 partite consecutive sono per lo più portieri.[2]
Nell'aprile del 2008, durante la semifinale di ritorno di Champions League contro il Liverpool, ha segnato su calcio di rigore il gol del vantaggio del Chelsea (alla fine vincitore per 3-1). È poi corso ad esultare piangendo in ginocchio e baciando la fascia del lutto, in onore di sua madre scomparsa qualche giorno prima. [3]
Nella finale del torneo contro il Manchester United, il 21 maggio 2008 allo Stadio Lužniki di Mosca, ha realizzato il gol del pareggio in risposta a quello di Cristiano Ronaldo, ma il Chelsea ha perso ai tiri di rigore alla prima partecipazione nella storia della squadra alla finale
All'inizio della sua carriera Lampard fu molto stimato da Peter Taylor, il tecnico dell'Under-21 inglese, che lo convocò più volte. Il suo debutto risale al 13 novembre 1997, quando giocò a Creta contro la Grecia. Militò poi stabilmente nell'Under-21, partecipando anche al Campionato europeo di calcio Under-21 del 2000. L'ultima presenza prima di passare con la Nazionale maggiore la collezionò contro la Slovacchia nel giugno 2000. Lampard stabilì in totale 9 gol con gli Under-21. Meglio di lui fecero solo Alan Shearer e Francis Jeffers (entrambi a quota 13).
Esordì in Nazionale maggiore il 10 ottobre 1999 in un'amichevole contro il Belgio a Sunderland: giocò 76 minuti prima di essere sostituito da Dennis Wise. Non fu scelto come uno dei 23 inglesi che avrebbero giocato gli Europei 2000 e non partecipò al Campionato mondiale di calcio 2002 in Giappone e Corea.
Lampard segnò il suo primo gol in un'amichevole contro la Croazia, quando l'Inghilterra vinse 3-1. Grazie alle sue prestazioni sempre migliori nelle squadre di club si guadagnò un posto fisso in Nazionale e fu convocato agli Europei 2004 in Portogallo. L'Inghilterra raggiunse i quarti di finale e Lampard disputò ottime partite: segnò 3 gol e fu inserito nella Euro 2004 All-Star squad della UEFA.[4] Con il ritiro di Paul Scholes dal calcio internazionale, Lampard divenne un pilastro della squadra di Sven-Göran Eriksson, segnando 5 gol durante le qualificazioni ai mondiali di calcio Germania 2006 con la maglia numero 8, indossata precedentemente da Scholes. Il culmine del successo personale lo raggiunse quando venne eletto nel 2004 e nel 2005 Calciatore inglese dell'anno dai fan.[5][6]
Ai Mondiali di Germania 2006, però, Lampard non ripeté le buone prestazioni di cui era stato autore in precedenza, il che causò molte discussioni tra gli inglesi.[7] Nel torneo realizzò 24 tiri in porta, 10 dei quali furono chiare occasioni da gol tutte fallite.[8] Il tecnico della Nazionale Eriksson difese il ragazzo affermando: "Sta lavorando assai duramente per fare bene. Ha fatto più tiri che qualunque altro giocatore nella competizione, il che è molto buono".
Lampard giocò ogni minuto delle cinque partite del torneo disputate dalla sua Nazionale. Fu uno dei tre giocatori (assieme a Steven Gerrard e Jamie Carragher) che si fecero parare il tiro di rigore dal portiere lusitano Ricardo Pereira durante i quarti di finale contro il Portogallo il 1° luglio 2006, sancendo così l'eliminazione dell'Inghilterra dal Mondiale.
Lampard nacque a Romford, un borough dell'East End londinese. Proviene da una famiglia di calciatori di successo: è figlio di Frank Lampard, Sr. - ex difensore del West Ham con cui vinse due volte la FA Cup -, nipote di Harry Redknapp - anch'egli calciatore del West Ham - e cugino di Jamie Redknapp, che vinse la Coppa UEFA nel 2001 con il Liverpool. Lampard fu poi educato alla Brentwood School, una scuola indipendenti per ragazzi a Brentwood, in Essex.
Ha vinto due volte la Premier League (con il Chelsea nel 2004 e nel 2005), due volte la League Cup (sempre nel 2005 e nel 2007), una volta la FA Cup (nel 2007), una volta la Community Shield (nel 2005) e una volta la Coppa Intertoto (con il West Ham nel 1999).
Fu eletto FWA Footballer of the Year nel 2005[1] e nello stesso anno si piazzò secondo nella classifica del Pallone d'oro e del FIFA World Player.
È un giocatore dotato di un ottimo senso del gol nonostante ricopra il ruolo di centrocampista, prevalentemente offensivo. Rapido nelle giocate e negli inserimenti in area avversaria, è dotato di ottimo senso della posizione e di fondamentali di valore. Oltre a questo Frank Lampard possiede una buona resistenza fisica e una grande tecnica, è abile nel tener palla e a farla girare e ha un ottimo tiro dalla lunga distanza, è anche un buonissimo calciatore di punizioni.Si è formato nelle giovanili del West Ham, squadra con la quale esordì nel calcio professionistico e nella quale rimase fino al 2001 (a parte un brevissimo prestito semestrale ai gallesi dello Swansea), riuscendo anche a vincere la Coppa Intertoto del 1999. I maggiori successi sportivi di Lampard sono, tuttavia, legati al Chelsea, il club che lo rilevò dal West Ham. Si ricordano i due titoli consecutivi di campione d'Inghilterra (2004/2005 e 2005/2006) e la Coppa di Lega inglese. Nel 2005 giunse secondo nella classifica del FIFA World Player of the Year.
Nello stesso anno scese in campo in 164 partite consecutive. La striscia terminò nella fase di riscaldamento di un match contro il Manchester City. Si tratta di un'impresa notevole se si pensa che giocatori che hanno superato le 100 partite consecutive sono per lo più portieri.[2]
Nell'aprile del 2008, durante la semifinale di ritorno di Champions League contro il Liverpool, ha segnato su calcio di rigore il gol del vantaggio del Chelsea (alla fine vincitore per 3-1). È poi corso ad esultare piangendo in ginocchio e baciando la fascia del lutto, in onore di sua madre scomparsa qualche giorno prima. [3]
Nella finale del torneo contro il Manchester United, il 21 maggio 2008 allo Stadio Lužniki di Mosca, ha realizzato il gol del pareggio in risposta a quello di Cristiano Ronaldo, ma il Chelsea ha perso ai tiri di rigore alla prima partecipazione nella storia della squadra alla finale
All'inizio della sua carriera Lampard fu molto stimato da Peter Taylor, il tecnico dell'Under-21 inglese, che lo convocò più volte. Il suo debutto risale al 13 novembre 1997, quando giocò a Creta contro la Grecia. Militò poi stabilmente nell'Under-21, partecipando anche al Campionato europeo di calcio Under-21 del 2000. L'ultima presenza prima di passare con la Nazionale maggiore la collezionò contro la Slovacchia nel giugno 2000. Lampard stabilì in totale 9 gol con gli Under-21. Meglio di lui fecero solo Alan Shearer e Francis Jeffers (entrambi a quota 13).
Esordì in Nazionale maggiore il 10 ottobre 1999 in un'amichevole contro il Belgio a Sunderland: giocò 76 minuti prima di essere sostituito da Dennis Wise. Non fu scelto come uno dei 23 inglesi che avrebbero giocato gli Europei 2000 e non partecipò al Campionato mondiale di calcio 2002 in Giappone e Corea.
Lampard segnò il suo primo gol in un'amichevole contro la Croazia, quando l'Inghilterra vinse 3-1. Grazie alle sue prestazioni sempre migliori nelle squadre di club si guadagnò un posto fisso in Nazionale e fu convocato agli Europei 2004 in Portogallo. L'Inghilterra raggiunse i quarti di finale e Lampard disputò ottime partite: segnò 3 gol e fu inserito nella Euro 2004 All-Star squad della UEFA.[4] Con il ritiro di Paul Scholes dal calcio internazionale, Lampard divenne un pilastro della squadra di Sven-Göran Eriksson, segnando 5 gol durante le qualificazioni ai mondiali di calcio Germania 2006 con la maglia numero 8, indossata precedentemente da Scholes. Il culmine del successo personale lo raggiunse quando venne eletto nel 2004 e nel 2005 Calciatore inglese dell'anno dai fan.[5][6]
Ai Mondiali di Germania 2006, però, Lampard non ripeté le buone prestazioni di cui era stato autore in precedenza, il che causò molte discussioni tra gli inglesi.[7] Nel torneo realizzò 24 tiri in porta, 10 dei quali furono chiare occasioni da gol tutte fallite.[8] Il tecnico della Nazionale Eriksson difese il ragazzo affermando: "Sta lavorando assai duramente per fare bene. Ha fatto più tiri che qualunque altro giocatore nella competizione, il che è molto buono".
Lampard giocò ogni minuto delle cinque partite del torneo disputate dalla sua Nazionale. Fu uno dei tre giocatori (assieme a Steven Gerrard e Jamie Carragher) che si fecero parare il tiro di rigore dal portiere lusitano Ricardo Pereira durante i quarti di finale contro il Portogallo il 1° luglio 2006, sancendo così l'eliminazione dell'Inghilterra dal Mondiale.
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Marca Van Basten
Marcel van Basten detto Marco (pronuncia [?]; Utrecht, 31 ottobre 1964) è un ex calciatore e allenatore di calcio olandese.
Fra gli attaccanti più forti della storia del calcio, ha segnato 300 gol in carriera (276 con le squadre di club, 24 con la Nazionale olandese), conclusasi prematuramente a 28 anni per via di alcuni infortuni.
Campione d'Europa con l'Olanda nel 1988, torneo in cui fu anche capocannoniere, van Basten è (insieme a Johan Cruijff e Michel Platini) il calciatore che ha vinto più Palloni d'oro nella storia di questo sport: tre (1988, 1989 e 1992). Fu eletto FIFA World Player nel 1992 e occupa la 9a posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata da World Soccer.
È uno dei sei calciatori che hanno segnato una quadripletta in una sola partita di Coppa Campioni/Champions League. Condivide il record con Andrij Šhevčhenko, Simone Inzaghi, Dado Pršo, Ruud van Nistelrooy e Ferenc Puskás.
Centravanti di tecnica eccezionale e sublime eleganza nei movimenti, coniugava la grazia del trequartista con la concretezza del vero bomber. Nonostante la notevole altezza, possedeva un'incredibile rapidità nei movimenti. Abile con entrambi i piedi, concreto anche nel gioco aereo e nelle acrobazie, mostrava un'insieme di caratteristiche per le quali è ritenuto uno tra i più forti e completi attaccanti di sempre. A ciò si aggiungano un'intelligenza calcistica e una rapidità di pensiero tipiche dei grandissimi registi della storia di questo sport.Marco van Basten arriva nell'estate del 1987 al Milan, che lo ha ingaggiato per meno di 2 miliardi di lire. Con la maglia rossonera, si presenta subito al suo nuovo pubblico segnando nella prima partita in Coppa Italia contro il Bari. Segue il debutto in campionato a Pisa, anch'esso bagnato da un gol, ma i guai fisici tornano e arriva anche il primo stop: l'altra caviglia inizia a dargli problemi dopo il match di Coppa UEFA contro l'Espanyol. Si fa così nuovamente operare e resta inattivo 6 mesi. Quando torna in campo, il Milan è alla rincorsa del Napoli, e segna i gol decisivi contro l'Empoli a San Siro e contro la squadra di Maradona, nella decisiva gara giocata e vinta al San Paolo, con cui praticamente il Milan vince lo scudetto.
Fra gli attaccanti più forti della storia del calcio, ha segnato 300 gol in carriera (276 con le squadre di club, 24 con la Nazionale olandese), conclusasi prematuramente a 28 anni per via di alcuni infortuni.
Campione d'Europa con l'Olanda nel 1988, torneo in cui fu anche capocannoniere, van Basten è (insieme a Johan Cruijff e Michel Platini) il calciatore che ha vinto più Palloni d'oro nella storia di questo sport: tre (1988, 1989 e 1992). Fu eletto FIFA World Player nel 1992 e occupa la 9a posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata da World Soccer.
È uno dei sei calciatori che hanno segnato una quadripletta in una sola partita di Coppa Campioni/Champions League. Condivide il record con Andrij Šhevčhenko, Simone Inzaghi, Dado Pršo, Ruud van Nistelrooy e Ferenc Puskás.
Centravanti di tecnica eccezionale e sublime eleganza nei movimenti, coniugava la grazia del trequartista con la concretezza del vero bomber. Nonostante la notevole altezza, possedeva un'incredibile rapidità nei movimenti. Abile con entrambi i piedi, concreto anche nel gioco aereo e nelle acrobazie, mostrava un'insieme di caratteristiche per le quali è ritenuto uno tra i più forti e completi attaccanti di sempre. A ciò si aggiungano un'intelligenza calcistica e una rapidità di pensiero tipiche dei grandissimi registi della storia di questo sport.Marco van Basten arriva nell'estate del 1987 al Milan, che lo ha ingaggiato per meno di 2 miliardi di lire. Con la maglia rossonera, si presenta subito al suo nuovo pubblico segnando nella prima partita in Coppa Italia contro il Bari. Segue il debutto in campionato a Pisa, anch'esso bagnato da un gol, ma i guai fisici tornano e arriva anche il primo stop: l'altra caviglia inizia a dargli problemi dopo il match di Coppa UEFA contro l'Espanyol. Si fa così nuovamente operare e resta inattivo 6 mesi. Quando torna in campo, il Milan è alla rincorsa del Napoli, e segna i gol decisivi contro l'Empoli a San Siro e contro la squadra di Maradona, nella decisiva gara giocata e vinta al San Paolo, con cui praticamente il Milan vince lo scudetto.
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Gabriel Batistuta
…È un grande sia per le sue straordinarie qualità di goleador sia per le sue qualità umane… È grande per questa sua capacità di stare insieme alla gente in modo cordiale… È un patrimonio per la Firenze calcistica, ma anche per l'intero calcio »Soprannominato Batigol, negli anni novanta è stato capitano e uomo squadra della Fiorentina, oltre che per molti il miglior centravanti in circolazione di quel periodo. Nel 1994 ha stabilito il nuovo record di gol in giornate consecutive nel campionato italiano (11) in precedenza appartenente ad Ezio Pascutti. È, inoltre, l'ottavo marcatore della storia della Serie A ed il miglior realizzatore nella storia della Nazionale di calcio dell'Argentina (56 gol).Gabriel Batistuta nasce il 1º febbraio 1969 a Reconquista, un piccolo paese vicino Santa Fe, in Argentina: suo padre, Omar Batistuta, è un macellaio, mentre la madre Gloria una segretaria scolastica, i quali oltre a lui hanno anche tre figlie minori, Alejandra, Elisa e Gabriela.
Conosce Irina Fernández all'età di sedici anni, durante la sua quinceañera e, nonostante lei lo ignori all'inizio, i due si sposano 5 anni dopo, esattamente il 28 dicembre 1990. In seguito, hanno tre figli: Thiago, Lucas e Joaquin.
Uscito dalle squadre minori del Newell's Old Boys di Rosario, Argentina. Ha giocato inoltre nel River Plate e nel Boca Juniors (ottenendo il titolo argentino nel 1991); ed in Italia nella Fiorentina (con cui ha vinto una Coppa Italia ed una Supercoppa italiana), nella Roma (con cui ha vinto uno Scudetto e una Supercoppa italiana) e nell'Inter. Nel 2005 ha terminato la sua splendida carriera, a causa di un infortunio ad un ginocchio, in una squadra del campionato del Qatar, l'Al-Arabi.Da bambino, Batistuta preferiva altri sport al calcio. Provò il basket, agevolato dalla sua altezza, ma l'evento che segnò la sua vita fu la vittoria della Nazionale argentina ai Mondiali di calcio 1978: le gesta dei calciatori dell'Albiceleste, in particolare dell'attaccante Mario Kempes, entusiasmarono il piccolo Gabriel che iniziò a dedicarsi al calcio. Dopo un po' di tempo di calci alla buona con gli amici per le strade e successivamente un'esperienza nel piccolo club Grupo Alegria, entrò nelle giovanili del Platense. Fu in questo periodo che vinse con una selezione di Reconquista il campionato provinciale battendo addirittura la squadra giovanile del Newell's Old Boys di Rosario. I suoi 2 gol segnati attirarono su di se l'attenzione della squadra rivale, che lo ingaggiò nel 1988.
Al Newell's Old Boys il diciannovenne Batistuta incontra il tecnico Marcelo Bielsa, che l'avrebbe allenato in seguito nella nazionale argentina. La prima stagione professionistica del giocatore fu irta di difficoltà: distante da casa, dalla sua famiglia, dalla sua fidanzata Irina e costretto a dormire in una stanza dello stadio locale, dovette fare i conti anche con problemi di sovrappeso che lo tennero spesso distante dal campo di gioco. A fine stagione fu ceduto in prestito ad una squadra minore, il Deportivo Italiano di Buenos Aires e partecipò al Torneo di Viareggio in Italia, diventando capocannoniere della manifestazione con 3 gol e entrando nelle grazie di alcuni talent scout italiani.
Le buone prestazioni offerte col modesto Deportivo portarono Batistuta in uno dei più grandi club argentini, il River Plate, dove segnò 17 gol. Nonostante ciò, le cose non andarono per il verso giusto, soprattutto con l'allenatore Daniel Passarella (con il quale avrà problemi in futuro, anche in nazionale), che a metà stagione lo mise fuori rosa.
Questi fatti favorirono la cessione del giocatore, che firmò nel 1990 per gli arcirivali di Buenos Aires, il Boca Juniors. La prima stagione fu abbastanza mediocre, dato che Gabriel era decisamente fuori forma per il tempo trascorso fuori dal campo di gioco ed incontrò notevoli difficoltà di adattamento. Fu decisivo a tal proposito, l'arrivo nel 1991 di Oscar Washington Tabárez come allenatore della squadra, che ripose le sue fiducie sul giovane Gabriel: Batistuta non lo deluse, dato che il Boca vinse il campionato e lui la classifica cannonieri.
In Italia [modifica]
Fiorentina [modifica]
L'ottimo campionato col Boca portò presto Batistuta in nazionale per partecipare alla Copa América in Cile. Le sue sei reti lo portarono in vetta tra i cannonieri e sul tetto del Sudamerica con la propria selezione. Le gesta di Batistuta nell'estate 1991 in maglia bianco-celeste impressionarono il neo vice-presidente della Fiorentina Vittorio Cecchi Gori che decise di portarlo in Italia a tutti i costi.
Batistuta cominciò subito ad appassionare il pubblico viola, cominciando a segnare alla sua solita maniera: tanto e anche bene. La prima stagione in maglia viola, nel 1991-92, si concluse con 27 presenze e 13 gol, alcune pesanti come alla Juventus. Nella sua prima stagione Batistuta apparve un giocatore giovane molto potente e prolifico ma ancora grezzo nel tocco di palla.[1] Il centravanti argentino continuò il suo ottimo trend di realizzazioni l'anno successivo, segnando 15 gol in 32 partite:[2] tuttavia la tormentata stagione viola, iniziata tra l'altro molto bene, finì con una drammatica retrocessione in Serie B per una scellerata gestione societaria. Emblematiche e celebri divennero le immagini dell'ultima giornata di campionato, con Batistuta in lacrime per la retrocessione.
La stagione in Serie B fu invece molto importante per la Fiorentina, che poté risistemare in maniera più funzionale l'organico, troppo disomogeneo tra campioni e calciatori troppo modesti in altri reparti, ma anche per Batistuta, che decise di scendere di categoria per riportare la sua squadra in Serie A in breve tempo e colse l'occasione per crescere calcisticamente. Nella Serie B 1993-94, l'argentino collezionò 26 presenze e 16 gol,[3] cominciando a segnare gol, non solo di potenza o con spunti da centravanti, ma anche decisamente pregevoli, in acrobazia o di fino. La Fiorentina dominò il campionato di Serie B e tornò presto in Serie A festeggiando con una vittoria in amichevole col Milan per 2-0: Batistuta non è presente perché, nonostante la poca visibilità, riuscì a convincere il tecnico della nazionale argentina a farlo partecipare ai Mondiali di calcio 1994.
Fu la stagione 1994-95 quella della definitiva consacrazione di Batigol, come anche i tifosi della Fiorentina ormai erano abituati a chiamarlo. Nella nuova stagione in Serie A, la prima con il fuoriclasse portoghese Manuel Rui Costa, con cui entra subito in sintonia e forma una grande amicizia, Batistuta domina le statistiche e le pagine dei quotidiani: comincia a segnare senza fermarsi più. A fine stagione il suo bottino sarà di 26 gol, che lo porterà in testa alla classifica cannonieri.[4] Batterà inoltre il record precedentemente imposto da Ezio Pascutti, fermo da più di trent'anni, dei gol consecutivi in Serie A, tuttora suo, avendo impresso il proprio nome sul tabellino dei marcatori per 11 giornate di seguito.
La straordinaria stagione conclusa a suon di record infranti, fa diventare Batistuta autentico leader della squadra, della quale è anche vice-capitano subito dopo il compagno di reparto Francesco Baiano (che comunque gli cederà la fascetta dopo breve tempo), titolare inamovibile e soprattutto autentico idolo della tifoseria. La stagione 1995-96 non delude le attese: Batistuta continua a segnare tanto, e soprattutto migliora continuamente la sua intelligenza tattica e la sua qualità tecnica. In una partita casalinga contro la Lazio, vinta dai Viola per 2-0, i tifosi gli dedicano addirittura una statua che espongono davanti alla Curva Fiesole: l'attaccante argentino ringrazia realizzando una doppietta ai biancocelesti. Nell'occasione Batistuta festeggia anche le 100 presenze in Serie A. Per la Fiorentina è una grande stagione, per un periodo i Viola combattono addirittura per il titolo con un Milan però nettamente superiore e terminano il campionato terzi a parimerito con la Lazio. Batistuta realizza 17 gol, alcuni molto pesanti, ma soprattutto trascina la squadra in Coppa Italia, sfoderando prestazioni esaltanti soprattutto contro l'Inter, sconfitta a Firenze 3-1 e a Milano 1-0 con un gol meraviglioso sotto al sette. Vince così la Coppa Italia con la propria squadra nella doppia finale con l'Atalanta.
La stagione successiva è più altalenante in campionato, la Fiorentina non ottiene neanche un posto in Europa ed anche le prestazioni di Batigol sono più deludenti, segna comunque 12 gol in 32 partite. Tuttavia in Coppa delle Coppe la squadra, nonostante un inizio decisamente sofferto con Gloria Bistrita e Sparta Praga, comincia ad entusiasmare. Con il ben più blasonato Benfica, la Fiorentina scende in campo da grande squadra e si impone a Lisbona per 2-0 con una grandissima rete di Batistuta, una delle sue migliori in carriera, che riceve anche i complimenti del pluridecorato portiere belga Michel Preud'homme, mentre al ritorno perde di misura ma riesce a passare. In semifinale incontra il Barcellona: sulla carta i blaugrana sono di un'altra categoria, potendo annoverare nelle proprie file campioni del calibro di Ronaldo e Figo, e al Camp Nou passano subito in vantaggio, ma nonostante gli stenti, la Fiorentina riesce a pareggiare con un bellissimo tiro di Batistuta, violento e preciso.[5] La partita finisce 1-1 con l'immagine, rimasta impressa nelle memorie del pubblico viola, di Batistuta che esulta col dito alla bocca e che zittisce il Nou Camp, ma il centravanti argentino viene ammonito e, già diffidato, salta la partita di ritorno che i Viola, senza il loro leader perdono 2-0 a Firenze venendo eliminati dalla futura squadra campione.
La deludente stagione in campionato, nonostante le imprese in Europa, lascia il segno: il tecnico Claudio Ranieri lascia la panchina viola e anche Batistuta ha grossi dubbi sul suo futuro. Dopo un periodo sofferto, decide di rimanere alla propria squadra con aumento di ingaggio e garanzie di vittoria da parte della dirigenza.
La stagione 1997-98 segna la definitiva rinascita del bomber viola, che segna una tripletta nella prima giornata di campionato nella difficile trasferta ad Udine, l'ultimo gol in acrobazia da fuori area che manda in delirio il nuovo tecnico Alberto Malesani. L'ormai indiscusso leader, capitano e riferimento viola finisce la stagione con 21 gol in 31 partite e con la qualificazione alla Coppa UEFA in tasca.
Tuttavia, la partecipazione ai Mondiali di calcio 1998 crea nuovi dubbi al centravanti viola, che, cominciando ad avanzare con gli anni, vorrebbe vincere qualcosa di concreto nella carriera e comincia a sentire la mancanza di stimoli in Viola. Per la seconda estate consecutiva il bomber argentino è al centro di una intricata telenovela riguardo una sua eventuale cessione, cosa che fa irritare non poco i tifosi fiorentini che cominciano ad accusarlo di battere cassa ogni estate. È una telefonata del nuovo allenatore della Fiorentina Giovanni Trapattoni a convincerlo a restare, rassicurandolo che nella sua gestione lotterà per il titolo. Trapattoni non mente, la Fiorentina lotta per il titolo già dalla prima giornata e si laureerà campione d'inverno a febbraio: le prestazioni di Batistuta sono, come solito, eccezionali, ma la sfortuna gli si accanisce contro. Durante una partita contro il Milan il giocatore s'accascia a terra per un problema muscolare mentre tenta uno scatto che lo terrà fuori per più di un mese dal campo di gioco. Senza il suo bomber e leader la Fiorentina è un'altra squadra e rallenta la sua corsa verso il tricolore, lasciando le sorti del campionato a Lazio e Milan. La stagione si conclude con un terzo posto che vale la Champions League, parecchi rimpianti e un ruolino di marcia comunque ottimo per Batigol, che segna 21 gol in 28 partite.
La stagione 1999-2000 sarà l'ultima alla Fiorentina sia per Trapattoni che, soprattutto, per Batistuta. L'estate è tranquilla per l'argentino, che potrà ritentare l'assalto allo scudetto con la Fiorentina, sfiorata la stagione precedente, ma soprattutto confrontarsi con le migliori d'Europa in Champions. Ad allietarlo c'è anche l'arrivo di Abel Balbo, grande amico e compagno della nazionale, dal Parma. In campionato le cose non vanno per il meglio, dopo un inizio buono, la Fiorentina perde terreno e si prodiga in una stagione anonima. In Champions invece, la Fiorentina segnerà pagine di storia, soprattutto grazie a Batistuta. Dopo un inizio traumatico in casa con l'Arsenal e una brutta sconfitta a Barcellona, la Fiorentina si impone due volte con gli svedesi dell'AIK Solna e si gioca un dentro-fuori al cardiopalmo con l'Arsenal a Londra. In uno Wembley stracolmo di gente Batistuta realizza una prodezza entrata nella storia: ricevendo palla dal tedesco Heinrich, dribbla il diretto avversario allungandosi la palla in maniera che all'inizio sembra eccessiva, ma riesce a scaricare da posizione angolatissima un'autentica bordata.[6] La vittoria ha una portata storica di spessore, dato che la Fiorentina sarà l'unica squadra italiana ad aver vinto nel vecchio stadio di Wembley, ma soprattutto regala la qualificazione certa al girone successivo. Nonostante la Fiorentina perda smalto nel turno successivo e non riesca, anche per sfortuna, a qualificarsi alle eliminatorie, Batistuta continua a segnare gol incredibili, specialmente col Manchester United che viene sconfitto a Firenze 2-0 e che vince in casa all'Old Trafford subendo però una rete da distanza incredibile dal centravanti viola.[7] A fine stagione Batistuta segna 23 gol[8] in campionato in 31 apparizioni e decide di lasciare Firenze tra le lacrime, mentre il pubblico fiorentino si spacca: chi lo accusa di tradimento, chi comprende le sue scelte. Nella stagione 1999-2000 segna tra l'altro una tripletta nell'ultima giornata di serie A (la sua ultima partita in maglia viola) diventando con 152 gol il maggior marcatore della società nella massima serie, battendo lo svedese Kurt Hamrin che nel 1967 si fermò a 151.
Con la Fiorentina ha disputato un totale di 332 partite tra campionati e coppe segnando l'incredibile numero di 207 gol.
Roma [modifica]
Nell'estate del 2000 Batistuta passò alla Roma (per l'acquisto del giocatore il presidente giallorosso Franco Sensi sborsò ben 70 miliardi di lire). Al suo passaggio alla Roma, la sua maglia storica, la numero 9, era già di Vincenzo Montella. Dopo una lunga polemica durata tutta l'estate del 2000, alla fine Batistuta decise di prendere il numero 18. I due anni successivi invece utilizzò il 20 (come i gol da lui segnati nella sua prima stagione capitolina) e il 33 (i suoi anni nel 2002).
Alla Roma Batistuta disputò una stagione strepitosa, in cui segnò 20 gol,[9] contribuendo in maniera decisiva alla vittoria del terzo scudetto della storia della squadra capitolina, il primo della carriera per l'argentino; ancora nella memoria dei tifosi giallorossi sono la sua doppietta nella partita di andata al Parma, il gol nel derby con la Lazio e all'ultima giornata di campionato sempre contro il Parma. Durante Roma-Fiorentina del 26 novembre del 2000 Batistuta segnò negli ultimi minuti il gol della vittoria per i giallorossi. Nell'occasione non esultò, e anzi scoppiò in lacrime, consolato poi dai compagni di squadra.[10] Il 19 agosto 2001 inoltre l'argentino vinse la sua seconda Supercoppa Italiana. I ben noti problemi alla caviglia cominciarono però a farsi sentire e infatti la stagione successiva non si rivelò brillante come la precedente, poiché Batistuta segnò solo 6 gol.
Conosce Irina Fernández all'età di sedici anni, durante la sua quinceañera e, nonostante lei lo ignori all'inizio, i due si sposano 5 anni dopo, esattamente il 28 dicembre 1990. In seguito, hanno tre figli: Thiago, Lucas e Joaquin.
Uscito dalle squadre minori del Newell's Old Boys di Rosario, Argentina. Ha giocato inoltre nel River Plate e nel Boca Juniors (ottenendo il titolo argentino nel 1991); ed in Italia nella Fiorentina (con cui ha vinto una Coppa Italia ed una Supercoppa italiana), nella Roma (con cui ha vinto uno Scudetto e una Supercoppa italiana) e nell'Inter. Nel 2005 ha terminato la sua splendida carriera, a causa di un infortunio ad un ginocchio, in una squadra del campionato del Qatar, l'Al-Arabi.Da bambino, Batistuta preferiva altri sport al calcio. Provò il basket, agevolato dalla sua altezza, ma l'evento che segnò la sua vita fu la vittoria della Nazionale argentina ai Mondiali di calcio 1978: le gesta dei calciatori dell'Albiceleste, in particolare dell'attaccante Mario Kempes, entusiasmarono il piccolo Gabriel che iniziò a dedicarsi al calcio. Dopo un po' di tempo di calci alla buona con gli amici per le strade e successivamente un'esperienza nel piccolo club Grupo Alegria, entrò nelle giovanili del Platense. Fu in questo periodo che vinse con una selezione di Reconquista il campionato provinciale battendo addirittura la squadra giovanile del Newell's Old Boys di Rosario. I suoi 2 gol segnati attirarono su di se l'attenzione della squadra rivale, che lo ingaggiò nel 1988.
Al Newell's Old Boys il diciannovenne Batistuta incontra il tecnico Marcelo Bielsa, che l'avrebbe allenato in seguito nella nazionale argentina. La prima stagione professionistica del giocatore fu irta di difficoltà: distante da casa, dalla sua famiglia, dalla sua fidanzata Irina e costretto a dormire in una stanza dello stadio locale, dovette fare i conti anche con problemi di sovrappeso che lo tennero spesso distante dal campo di gioco. A fine stagione fu ceduto in prestito ad una squadra minore, il Deportivo Italiano di Buenos Aires e partecipò al Torneo di Viareggio in Italia, diventando capocannoniere della manifestazione con 3 gol e entrando nelle grazie di alcuni talent scout italiani.
Le buone prestazioni offerte col modesto Deportivo portarono Batistuta in uno dei più grandi club argentini, il River Plate, dove segnò 17 gol. Nonostante ciò, le cose non andarono per il verso giusto, soprattutto con l'allenatore Daniel Passarella (con il quale avrà problemi in futuro, anche in nazionale), che a metà stagione lo mise fuori rosa.
Questi fatti favorirono la cessione del giocatore, che firmò nel 1990 per gli arcirivali di Buenos Aires, il Boca Juniors. La prima stagione fu abbastanza mediocre, dato che Gabriel era decisamente fuori forma per il tempo trascorso fuori dal campo di gioco ed incontrò notevoli difficoltà di adattamento. Fu decisivo a tal proposito, l'arrivo nel 1991 di Oscar Washington Tabárez come allenatore della squadra, che ripose le sue fiducie sul giovane Gabriel: Batistuta non lo deluse, dato che il Boca vinse il campionato e lui la classifica cannonieri.
In Italia [modifica]
Fiorentina [modifica]
L'ottimo campionato col Boca portò presto Batistuta in nazionale per partecipare alla Copa América in Cile. Le sue sei reti lo portarono in vetta tra i cannonieri e sul tetto del Sudamerica con la propria selezione. Le gesta di Batistuta nell'estate 1991 in maglia bianco-celeste impressionarono il neo vice-presidente della Fiorentina Vittorio Cecchi Gori che decise di portarlo in Italia a tutti i costi.
Batistuta cominciò subito ad appassionare il pubblico viola, cominciando a segnare alla sua solita maniera: tanto e anche bene. La prima stagione in maglia viola, nel 1991-92, si concluse con 27 presenze e 13 gol, alcune pesanti come alla Juventus. Nella sua prima stagione Batistuta apparve un giocatore giovane molto potente e prolifico ma ancora grezzo nel tocco di palla.[1] Il centravanti argentino continuò il suo ottimo trend di realizzazioni l'anno successivo, segnando 15 gol in 32 partite:[2] tuttavia la tormentata stagione viola, iniziata tra l'altro molto bene, finì con una drammatica retrocessione in Serie B per una scellerata gestione societaria. Emblematiche e celebri divennero le immagini dell'ultima giornata di campionato, con Batistuta in lacrime per la retrocessione.
La stagione in Serie B fu invece molto importante per la Fiorentina, che poté risistemare in maniera più funzionale l'organico, troppo disomogeneo tra campioni e calciatori troppo modesti in altri reparti, ma anche per Batistuta, che decise di scendere di categoria per riportare la sua squadra in Serie A in breve tempo e colse l'occasione per crescere calcisticamente. Nella Serie B 1993-94, l'argentino collezionò 26 presenze e 16 gol,[3] cominciando a segnare gol, non solo di potenza o con spunti da centravanti, ma anche decisamente pregevoli, in acrobazia o di fino. La Fiorentina dominò il campionato di Serie B e tornò presto in Serie A festeggiando con una vittoria in amichevole col Milan per 2-0: Batistuta non è presente perché, nonostante la poca visibilità, riuscì a convincere il tecnico della nazionale argentina a farlo partecipare ai Mondiali di calcio 1994.
Fu la stagione 1994-95 quella della definitiva consacrazione di Batigol, come anche i tifosi della Fiorentina ormai erano abituati a chiamarlo. Nella nuova stagione in Serie A, la prima con il fuoriclasse portoghese Manuel Rui Costa, con cui entra subito in sintonia e forma una grande amicizia, Batistuta domina le statistiche e le pagine dei quotidiani: comincia a segnare senza fermarsi più. A fine stagione il suo bottino sarà di 26 gol, che lo porterà in testa alla classifica cannonieri.[4] Batterà inoltre il record precedentemente imposto da Ezio Pascutti, fermo da più di trent'anni, dei gol consecutivi in Serie A, tuttora suo, avendo impresso il proprio nome sul tabellino dei marcatori per 11 giornate di seguito.
La straordinaria stagione conclusa a suon di record infranti, fa diventare Batistuta autentico leader della squadra, della quale è anche vice-capitano subito dopo il compagno di reparto Francesco Baiano (che comunque gli cederà la fascetta dopo breve tempo), titolare inamovibile e soprattutto autentico idolo della tifoseria. La stagione 1995-96 non delude le attese: Batistuta continua a segnare tanto, e soprattutto migliora continuamente la sua intelligenza tattica e la sua qualità tecnica. In una partita casalinga contro la Lazio, vinta dai Viola per 2-0, i tifosi gli dedicano addirittura una statua che espongono davanti alla Curva Fiesole: l'attaccante argentino ringrazia realizzando una doppietta ai biancocelesti. Nell'occasione Batistuta festeggia anche le 100 presenze in Serie A. Per la Fiorentina è una grande stagione, per un periodo i Viola combattono addirittura per il titolo con un Milan però nettamente superiore e terminano il campionato terzi a parimerito con la Lazio. Batistuta realizza 17 gol, alcuni molto pesanti, ma soprattutto trascina la squadra in Coppa Italia, sfoderando prestazioni esaltanti soprattutto contro l'Inter, sconfitta a Firenze 3-1 e a Milano 1-0 con un gol meraviglioso sotto al sette. Vince così la Coppa Italia con la propria squadra nella doppia finale con l'Atalanta.
La stagione successiva è più altalenante in campionato, la Fiorentina non ottiene neanche un posto in Europa ed anche le prestazioni di Batigol sono più deludenti, segna comunque 12 gol in 32 partite. Tuttavia in Coppa delle Coppe la squadra, nonostante un inizio decisamente sofferto con Gloria Bistrita e Sparta Praga, comincia ad entusiasmare. Con il ben più blasonato Benfica, la Fiorentina scende in campo da grande squadra e si impone a Lisbona per 2-0 con una grandissima rete di Batistuta, una delle sue migliori in carriera, che riceve anche i complimenti del pluridecorato portiere belga Michel Preud'homme, mentre al ritorno perde di misura ma riesce a passare. In semifinale incontra il Barcellona: sulla carta i blaugrana sono di un'altra categoria, potendo annoverare nelle proprie file campioni del calibro di Ronaldo e Figo, e al Camp Nou passano subito in vantaggio, ma nonostante gli stenti, la Fiorentina riesce a pareggiare con un bellissimo tiro di Batistuta, violento e preciso.[5] La partita finisce 1-1 con l'immagine, rimasta impressa nelle memorie del pubblico viola, di Batistuta che esulta col dito alla bocca e che zittisce il Nou Camp, ma il centravanti argentino viene ammonito e, già diffidato, salta la partita di ritorno che i Viola, senza il loro leader perdono 2-0 a Firenze venendo eliminati dalla futura squadra campione.
La deludente stagione in campionato, nonostante le imprese in Europa, lascia il segno: il tecnico Claudio Ranieri lascia la panchina viola e anche Batistuta ha grossi dubbi sul suo futuro. Dopo un periodo sofferto, decide di rimanere alla propria squadra con aumento di ingaggio e garanzie di vittoria da parte della dirigenza.
La stagione 1997-98 segna la definitiva rinascita del bomber viola, che segna una tripletta nella prima giornata di campionato nella difficile trasferta ad Udine, l'ultimo gol in acrobazia da fuori area che manda in delirio il nuovo tecnico Alberto Malesani. L'ormai indiscusso leader, capitano e riferimento viola finisce la stagione con 21 gol in 31 partite e con la qualificazione alla Coppa UEFA in tasca.
Tuttavia, la partecipazione ai Mondiali di calcio 1998 crea nuovi dubbi al centravanti viola, che, cominciando ad avanzare con gli anni, vorrebbe vincere qualcosa di concreto nella carriera e comincia a sentire la mancanza di stimoli in Viola. Per la seconda estate consecutiva il bomber argentino è al centro di una intricata telenovela riguardo una sua eventuale cessione, cosa che fa irritare non poco i tifosi fiorentini che cominciano ad accusarlo di battere cassa ogni estate. È una telefonata del nuovo allenatore della Fiorentina Giovanni Trapattoni a convincerlo a restare, rassicurandolo che nella sua gestione lotterà per il titolo. Trapattoni non mente, la Fiorentina lotta per il titolo già dalla prima giornata e si laureerà campione d'inverno a febbraio: le prestazioni di Batistuta sono, come solito, eccezionali, ma la sfortuna gli si accanisce contro. Durante una partita contro il Milan il giocatore s'accascia a terra per un problema muscolare mentre tenta uno scatto che lo terrà fuori per più di un mese dal campo di gioco. Senza il suo bomber e leader la Fiorentina è un'altra squadra e rallenta la sua corsa verso il tricolore, lasciando le sorti del campionato a Lazio e Milan. La stagione si conclude con un terzo posto che vale la Champions League, parecchi rimpianti e un ruolino di marcia comunque ottimo per Batigol, che segna 21 gol in 28 partite.
La stagione 1999-2000 sarà l'ultima alla Fiorentina sia per Trapattoni che, soprattutto, per Batistuta. L'estate è tranquilla per l'argentino, che potrà ritentare l'assalto allo scudetto con la Fiorentina, sfiorata la stagione precedente, ma soprattutto confrontarsi con le migliori d'Europa in Champions. Ad allietarlo c'è anche l'arrivo di Abel Balbo, grande amico e compagno della nazionale, dal Parma. In campionato le cose non vanno per il meglio, dopo un inizio buono, la Fiorentina perde terreno e si prodiga in una stagione anonima. In Champions invece, la Fiorentina segnerà pagine di storia, soprattutto grazie a Batistuta. Dopo un inizio traumatico in casa con l'Arsenal e una brutta sconfitta a Barcellona, la Fiorentina si impone due volte con gli svedesi dell'AIK Solna e si gioca un dentro-fuori al cardiopalmo con l'Arsenal a Londra. In uno Wembley stracolmo di gente Batistuta realizza una prodezza entrata nella storia: ricevendo palla dal tedesco Heinrich, dribbla il diretto avversario allungandosi la palla in maniera che all'inizio sembra eccessiva, ma riesce a scaricare da posizione angolatissima un'autentica bordata.[6] La vittoria ha una portata storica di spessore, dato che la Fiorentina sarà l'unica squadra italiana ad aver vinto nel vecchio stadio di Wembley, ma soprattutto regala la qualificazione certa al girone successivo. Nonostante la Fiorentina perda smalto nel turno successivo e non riesca, anche per sfortuna, a qualificarsi alle eliminatorie, Batistuta continua a segnare gol incredibili, specialmente col Manchester United che viene sconfitto a Firenze 2-0 e che vince in casa all'Old Trafford subendo però una rete da distanza incredibile dal centravanti viola.[7] A fine stagione Batistuta segna 23 gol[8] in campionato in 31 apparizioni e decide di lasciare Firenze tra le lacrime, mentre il pubblico fiorentino si spacca: chi lo accusa di tradimento, chi comprende le sue scelte. Nella stagione 1999-2000 segna tra l'altro una tripletta nell'ultima giornata di serie A (la sua ultima partita in maglia viola) diventando con 152 gol il maggior marcatore della società nella massima serie, battendo lo svedese Kurt Hamrin che nel 1967 si fermò a 151.
Con la Fiorentina ha disputato un totale di 332 partite tra campionati e coppe segnando l'incredibile numero di 207 gol.
Roma [modifica]
Nell'estate del 2000 Batistuta passò alla Roma (per l'acquisto del giocatore il presidente giallorosso Franco Sensi sborsò ben 70 miliardi di lire). Al suo passaggio alla Roma, la sua maglia storica, la numero 9, era già di Vincenzo Montella. Dopo una lunga polemica durata tutta l'estate del 2000, alla fine Batistuta decise di prendere il numero 18. I due anni successivi invece utilizzò il 20 (come i gol da lui segnati nella sua prima stagione capitolina) e il 33 (i suoi anni nel 2002).
Alla Roma Batistuta disputò una stagione strepitosa, in cui segnò 20 gol,[9] contribuendo in maniera decisiva alla vittoria del terzo scudetto della storia della squadra capitolina, il primo della carriera per l'argentino; ancora nella memoria dei tifosi giallorossi sono la sua doppietta nella partita di andata al Parma, il gol nel derby con la Lazio e all'ultima giornata di campionato sempre contro il Parma. Durante Roma-Fiorentina del 26 novembre del 2000 Batistuta segnò negli ultimi minuti il gol della vittoria per i giallorossi. Nell'occasione non esultò, e anzi scoppiò in lacrime, consolato poi dai compagni di squadra.[10] Il 19 agosto 2001 inoltre l'argentino vinse la sua seconda Supercoppa Italiana. I ben noti problemi alla caviglia cominciarono però a farsi sentire e infatti la stagione successiva non si rivelò brillante come la precedente, poiché Batistuta segnò solo 6 gol.
Ultima modifica di Simone er mitico il Lun 15 Set 2008, 06:05 - modificato 1 volta.
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Fabio Cannavaro
Fabio Cannavaro (Napoli, 13 settembre 1973) è un calciatore italiano che gioca come difensore centrale nel Real Madrid e nella Nazionale italiana, della quale è capitano e con cui ha vinto il Mondiale 2006. In occasione della finale del torneo contro la Francia ha raggiunto la sua 100ª presenza in Nazionale.
Tra i migliori difensori della sua generazione, ha vinto l'edizione 2006 del Pallone d'Oro, premio istituito dalla rivista francese France Football e attribuito annualmente al miglior calciatore militante in una squadra iscritta all'UEFA, in seguito ai voti di una giuria composta da giornalisti specializzati. Nel dicembre dello stesso anno è stato eletto FIFA World Player come miglior calciatore dell'anno in assoluto, scelto in base ai voti dei commissari tecnici e dei capitani delle Nazionali di calcio.
Come difensore centrale Fabio Cannavaro è famoso per la capacità di anticipo sull'avversario, la concentrazione e la freddezza, qualità che gli consentono intercettazioni puntuali e precisi interventi in scivolata e di testa. Pur non essendo particolarmente alto (175 cm), è dotato di una notevole capacità di stacco, che lo contraddistingue in fase difensiva e occasionalmente anche in fase offensiva. Ha anche una buona accelerazione. Queste caratteristiche – unite ad altri fattori quali la forza fisica e la grinta – fanno sì che venga considerato dalla critica come uno dei migliori difensori d'area di sempre.[citazione necessaria]Crebbe nel settore giovanile del Napoli, la squadra della sua città. L'esordio in Serie A avvenne contro la Juventus a 19 anni (7 marzo 1993), così come avvenuto al suo modello e compagno di squadra Ciro Ferrara.
Nel ruolo di difensore fin dagli esordi mostrò le sue caratteristiche di anticipo, chiusura e capacità di rilanciare l'azione. Per sanare problemi economici del club fu ceduto nel 1995 dal Napoli al Parma, squadra nella quale, insieme con il collega di reparto Lilian Thuram e al portiere Gianluigi Buffon, formò un pacchetto difensivo di valore assoluto.
In sette stagioni a Parma vinse due Coppa Italia (1999 e 2002), una Supercoppa italiana (2000) e una Coppa UEFA (1999).
È del 2002 il passaggio all'Inter, dove Cannavaro non fu mai capace di fornire un rendimento all'altezza delle sue possibilità, anche a causa di una lunga serie di infortuni. Il giocatore chiese di essere ceduto.
Nell'agosto del 2004 lo ingaggiò la Juventus di Fabio Capello. Nelle due stagioni di permanenza a Torino, nel corso delle quali aveva riformato il pacchetto difensivo con i vecchi compagni di squadra - Ferrara (ritiratosi poi nel giugno 2005), Thuram e Buffon, conquistò gli scudetti del 2004-2005 e 2005-2006, entrambi revocati dopo lo scandalo nel quale fu coinvolta la società bianconera (e pertanto non annoverabili nel suo palmarès).
Nel 2005 sorsero alcune polemiche sulla condotta di Cannavaro in un video mandato in onda dalla Rai e risalente alla vigilia della finale di Coppa UEFA 1998-1999 nell'albergo in cui risiedeva il Parma. Nel filmato Cannavaro viene sottoposto ad una flebo di neoton, sostanza non proibita. citazione di Cannavaro durante il filmato in questione "...è questa la prova che facciamo schifo..." mentre il calciatore si sottoponeva all'assunzione del citato farmaco, neuton, che viene solitamente somministrato alle persone affette da malanni cardiaci; da qui la polemica rigurdante l'abuso di farmaci per finalità dopanti, scandalo che ha coinvolto la juventus.
Nel luglio 2006, a seguito delle vicende giudiziarie che coinvolsero la Juventus relegandola nel campionato di Serie B, Cannavaro lasciò la squadra torinese e fu acquistato dal Real Madrid del neo-allenatore Capello. A Madrid Cannavaro ritrovò il compagno di squadra alla Juventus Emerson.
Il 27 novembre 2006 gli fu assegnato il Pallone d'Oro. Divenne il quarto italiano a vincere il trofeo individuale (dopo Gianni Rivera, Paolo Rossi e Roberto Baggio)[1] e il terzo nel ruolo di difensore (succedendo a Franz Beckenbauer e Matthias Sammer). Cannavaro precedette nella scelta del giocatore dell'anno l'ex compagno di squadra Gianluigi Buffon e il francese Thierry Henry. Dedicò alla città di Napoli l'assegnazione del premio. Il 19 dicembre ricevette anche il FIFA World Player, secondo italiano, dopo Roberto Baggio, ad aggiudicarsi questo riconoscimento.
Con il Real Madrid ha vinto due campionati di Primera División consecutivi, nel 2006-2007 e nel 2007-2008.
Cannavaro esordì in Nazionale il 22 gennaio 1997, a 23 anni, in un'amichevole vinta contro l'Irlanda del Nord per 2-0 a Palermo, dopo aver vinto 2 campionati d'Europa Under-21 (1994 e 1996) con la Nazionale Under-21 di Cesare Maldini, lo stesso tecnico che lo fece debuttare in maglia azzurra. Partecipò alle edizioni del campionato mondiale di calcio del 1998,dove fu già titolare, del 2002 e del 2006 e ai campionati d'Europa del 2000 e 2004, diventando anche capitano dell'Italia dopo l'abbandono di Paolo Maldini alla Nazionale azzurra dopo il campionato del mondo 2002.
Il 9 luglio 2006 si è laureato campione del mondo con la Nazionale guidata da Marcello Lippi ai Mondiali di Germania, avendo poi l'onore - come capitano - di ricevere e levare al cielo la coppa vinta. Per Cannavaro si è trattato del coronamento di una brillante carriera, in cui si è affermato come uno dei migliori difensori centrali del mondo. La finale del campionato del mondo 2006 ha consentito a Cannavaro di raggiungere le cento presenze in maglia azzurra.
Le ottime prestazioni nel Mondiale gli sono valse anche il Pallone d'argento Adidas, onorificenza attribuita al secondo classificato nella graduatoria stilata con i voti dei media presenti al torneo. Nella graduatoria Cannavaro è stato preceduto non senza polemiche da Zinédine Zidane e ha a sua volta preceduto il compagno di squadra Andrea Pirlo.
Per la splendida prestazione nella finale di Berlino i tifosi italiani gli hanno attribuito il soprannome di Nuovo Muro di Berlino, a sottolineare la qualità della linea difensiva azzurra da lui guidata. Anche grazie all'impressione suscitata ai Mondiali di Germania 2006 il difensore ha poi ricevuto i prestigiosi riconoscimenti del Pallone d'Oro e del FIFA World Player.
Viene convocato dal CT Roberto Donadoni per Euro 2008, ma il 2 giugno 2008 durante il primo allenamento in Austria si infortuna ai legamenti della caviglia sinistra in uno scontro con Giorgio Chiellini ed è costretto a saltare gli Europei[2]. Al suo posto viene convocato Alessandro Gamberini della Fiorentina.
Tra i migliori difensori della sua generazione, ha vinto l'edizione 2006 del Pallone d'Oro, premio istituito dalla rivista francese France Football e attribuito annualmente al miglior calciatore militante in una squadra iscritta all'UEFA, in seguito ai voti di una giuria composta da giornalisti specializzati. Nel dicembre dello stesso anno è stato eletto FIFA World Player come miglior calciatore dell'anno in assoluto, scelto in base ai voti dei commissari tecnici e dei capitani delle Nazionali di calcio.
Come difensore centrale Fabio Cannavaro è famoso per la capacità di anticipo sull'avversario, la concentrazione e la freddezza, qualità che gli consentono intercettazioni puntuali e precisi interventi in scivolata e di testa. Pur non essendo particolarmente alto (175 cm), è dotato di una notevole capacità di stacco, che lo contraddistingue in fase difensiva e occasionalmente anche in fase offensiva. Ha anche una buona accelerazione. Queste caratteristiche – unite ad altri fattori quali la forza fisica e la grinta – fanno sì che venga considerato dalla critica come uno dei migliori difensori d'area di sempre.[citazione necessaria]Crebbe nel settore giovanile del Napoli, la squadra della sua città. L'esordio in Serie A avvenne contro la Juventus a 19 anni (7 marzo 1993), così come avvenuto al suo modello e compagno di squadra Ciro Ferrara.
Nel ruolo di difensore fin dagli esordi mostrò le sue caratteristiche di anticipo, chiusura e capacità di rilanciare l'azione. Per sanare problemi economici del club fu ceduto nel 1995 dal Napoli al Parma, squadra nella quale, insieme con il collega di reparto Lilian Thuram e al portiere Gianluigi Buffon, formò un pacchetto difensivo di valore assoluto.
In sette stagioni a Parma vinse due Coppa Italia (1999 e 2002), una Supercoppa italiana (2000) e una Coppa UEFA (1999).
È del 2002 il passaggio all'Inter, dove Cannavaro non fu mai capace di fornire un rendimento all'altezza delle sue possibilità, anche a causa di una lunga serie di infortuni. Il giocatore chiese di essere ceduto.
Nell'agosto del 2004 lo ingaggiò la Juventus di Fabio Capello. Nelle due stagioni di permanenza a Torino, nel corso delle quali aveva riformato il pacchetto difensivo con i vecchi compagni di squadra - Ferrara (ritiratosi poi nel giugno 2005), Thuram e Buffon, conquistò gli scudetti del 2004-2005 e 2005-2006, entrambi revocati dopo lo scandalo nel quale fu coinvolta la società bianconera (e pertanto non annoverabili nel suo palmarès).
Nel 2005 sorsero alcune polemiche sulla condotta di Cannavaro in un video mandato in onda dalla Rai e risalente alla vigilia della finale di Coppa UEFA 1998-1999 nell'albergo in cui risiedeva il Parma. Nel filmato Cannavaro viene sottoposto ad una flebo di neoton, sostanza non proibita. citazione di Cannavaro durante il filmato in questione "...è questa la prova che facciamo schifo..." mentre il calciatore si sottoponeva all'assunzione del citato farmaco, neuton, che viene solitamente somministrato alle persone affette da malanni cardiaci; da qui la polemica rigurdante l'abuso di farmaci per finalità dopanti, scandalo che ha coinvolto la juventus.
Nel luglio 2006, a seguito delle vicende giudiziarie che coinvolsero la Juventus relegandola nel campionato di Serie B, Cannavaro lasciò la squadra torinese e fu acquistato dal Real Madrid del neo-allenatore Capello. A Madrid Cannavaro ritrovò il compagno di squadra alla Juventus Emerson.
Il 27 novembre 2006 gli fu assegnato il Pallone d'Oro. Divenne il quarto italiano a vincere il trofeo individuale (dopo Gianni Rivera, Paolo Rossi e Roberto Baggio)[1] e il terzo nel ruolo di difensore (succedendo a Franz Beckenbauer e Matthias Sammer). Cannavaro precedette nella scelta del giocatore dell'anno l'ex compagno di squadra Gianluigi Buffon e il francese Thierry Henry. Dedicò alla città di Napoli l'assegnazione del premio. Il 19 dicembre ricevette anche il FIFA World Player, secondo italiano, dopo Roberto Baggio, ad aggiudicarsi questo riconoscimento.
Con il Real Madrid ha vinto due campionati di Primera División consecutivi, nel 2006-2007 e nel 2007-2008.
Cannavaro esordì in Nazionale il 22 gennaio 1997, a 23 anni, in un'amichevole vinta contro l'Irlanda del Nord per 2-0 a Palermo, dopo aver vinto 2 campionati d'Europa Under-21 (1994 e 1996) con la Nazionale Under-21 di Cesare Maldini, lo stesso tecnico che lo fece debuttare in maglia azzurra. Partecipò alle edizioni del campionato mondiale di calcio del 1998,dove fu già titolare, del 2002 e del 2006 e ai campionati d'Europa del 2000 e 2004, diventando anche capitano dell'Italia dopo l'abbandono di Paolo Maldini alla Nazionale azzurra dopo il campionato del mondo 2002.
Il 9 luglio 2006 si è laureato campione del mondo con la Nazionale guidata da Marcello Lippi ai Mondiali di Germania, avendo poi l'onore - come capitano - di ricevere e levare al cielo la coppa vinta. Per Cannavaro si è trattato del coronamento di una brillante carriera, in cui si è affermato come uno dei migliori difensori centrali del mondo. La finale del campionato del mondo 2006 ha consentito a Cannavaro di raggiungere le cento presenze in maglia azzurra.
Le ottime prestazioni nel Mondiale gli sono valse anche il Pallone d'argento Adidas, onorificenza attribuita al secondo classificato nella graduatoria stilata con i voti dei media presenti al torneo. Nella graduatoria Cannavaro è stato preceduto non senza polemiche da Zinédine Zidane e ha a sua volta preceduto il compagno di squadra Andrea Pirlo.
Per la splendida prestazione nella finale di Berlino i tifosi italiani gli hanno attribuito il soprannome di Nuovo Muro di Berlino, a sottolineare la qualità della linea difensiva azzurra da lui guidata. Anche grazie all'impressione suscitata ai Mondiali di Germania 2006 il difensore ha poi ricevuto i prestigiosi riconoscimenti del Pallone d'Oro e del FIFA World Player.
Viene convocato dal CT Roberto Donadoni per Euro 2008, ma il 2 giugno 2008 durante il primo allenamento in Austria si infortuna ai legamenti della caviglia sinistra in uno scontro con Giorgio Chiellini ed è costretto a saltare gli Europei[2]. Al suo posto viene convocato Alessandro Gamberini della Fiorentina.
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John Terry
Difensore centrale forte e roccioso, eccelle nel senso della posizione e nell'abilità nell'anticipare gli avversari, caratteristiche unite ad una buona abilità nel colpo di testa. Queste doti fanno di lui un elemento utilissimo anche in fase d'attacco, specialmente sui calci piazzati.Terry è il perno della difesa del Chelsea grazie alle sue grandi abilità di difensore.Terry è entrato a 14 anni nel settore giovanile del Chelsea, giocando come centrocampista centrale. Cresciuto nei Blues, ha giocato in prestito con il Nottingham Forest da gennaio a maggio 2000, prima di fare ritorno nel club di Londra, dove è diventato capitano sotto la gestione di José Mourinho.[1]
Nel corso degli anni si è affermato come elemento portante del Chelsea di Mourinho, insieme ad altre bandiere come Frank Lampard, Didier Drogba e Petr Čech, vincendo da capitano due campionati e quattro coppe nazionali. Nel 2005 è stato nominato giocatore dell'anno della Premier League e membro della squadra dell'anno FIFPro World XI.
Nella stagione 2007/08 porta finalmente il Chelsea in finale di Champions League contro il Manchester United, ma una volta giunti ai calci di rigore, sbaglia il penalty decisivo che avrebbe consegnato la coppa alla sua squadra scivolando sul dischetto al momento del tiro. Il Chelsea poi perderà la finale dopo un altro errore susseguente di Nicolas Anelka.
Conta più di 40 presenze nella Nazionale inglese, con cui ha preso parte al campionato d’Europa 2004 e al campionato del mondo 2006. Dal 2006 al 2007 è stato capitano della selezione del suo paese, prima che tale ruolo venisse demandato dal neo-CT Fabio Capello, a Gerrard prima e a Ferdinand dopo.
Nel corso degli anni si è affermato come elemento portante del Chelsea di Mourinho, insieme ad altre bandiere come Frank Lampard, Didier Drogba e Petr Čech, vincendo da capitano due campionati e quattro coppe nazionali. Nel 2005 è stato nominato giocatore dell'anno della Premier League e membro della squadra dell'anno FIFPro World XI.
Nella stagione 2007/08 porta finalmente il Chelsea in finale di Champions League contro il Manchester United, ma una volta giunti ai calci di rigore, sbaglia il penalty decisivo che avrebbe consegnato la coppa alla sua squadra scivolando sul dischetto al momento del tiro. Il Chelsea poi perderà la finale dopo un altro errore susseguente di Nicolas Anelka.
Conta più di 40 presenze nella Nazionale inglese, con cui ha preso parte al campionato d’Europa 2004 e al campionato del mondo 2006. Dal 2006 al 2007 è stato capitano della selezione del suo paese, prima che tale ruolo venisse demandato dal neo-CT Fabio Capello, a Gerrard prima e a Ferdinand dopo.
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Lionel Messi
Lionel Andrés Messi (Rosario, 24 giugno 1987) è un calciatore argentino, trequartista del Barcellona e della Nazionale argentina. Soprannominato la Pulga (La Pulce), per via della sua statura piuttosto ridotta, è considerato da molti come uno dei calciatori più forti del panorama mondiale, e si candida a divenire l'erede di Diego Armando Maradona, come è stato da lui stesso più volte battezzato..Nato nel ruolo di trequartista, può giocare all'occorrenza anche come ala o seconda punta. Mancino, è dotato di ottima accelerazione e grande visione di gioco. Tanto nel suo club quanto in Nazionale viene impiegato o come esterno (sia destro che sinistro), o da seconda punta, posizioni in cui sa essere micidiale nell'uno contro uno, per il suo dribbling funambolico, grazie al quale arriva spesso in porta per concludere a rete.
Per sopperire al deficit fisico che gli causava la sua malattia, ben presto imparò a giocare palla a terra, sviluppando una grande tecnica palla al piede che lo rende oggi uno tra i giocatori piu' forti al mondo.
Inizia a giocare a calcio all'età di 5 anni nel Grandoli, squadra allenata dal padre. Nel 1995, a 7 anni, passa al Newell's Old Boys[2]. All'età di 11 anni, gli viene diagnosticato una deficienza all'ormone della crescita[3]. Il River Plate mostra interesse nei suoi confronti, ma non ha abbastanza denaro per pagargli le cure necessarie. È quindi il Barcellona, attraverso il suo direttore sportivo Carles Rexach, ad interessarsi al suo talento dopo averlo visto giocare[4] e si rende disponibile per pagare le sue cure, se si fosse trasferito in Spagna[2]. Tutta la sua famiglia si trasferisce così in Europa ed inizia a giocare nelle giovanili blaugrana[4].Fa il suo esordio non ufficiale con la prima squadra contro l'FC Porto il 16 novembre 2003 e dopo meno di un anno debutta in una gara ufficiale contro l'Espanyol il 16 ottobre 2004, diventando il terzo più giovane giocatore a vestire la maglia del FC Barcelona ed il più giovane a giocare nella Liga (record battuto solo dal compagno Bojan Krkić nel settembre 2007). Quando realizza il suo primo gol in prima squadra contro l'Albacete Balompié il 1° maggio 2005, ha solo 17 anni, 10 mesi e 7 giorni, diventando così il più giovane giocatore ad aver segnato in una gara di campionato per il Barça fino al 2007 quando è ancora Bojan Krkić a superare questo record, realizzando una rete su assist dello stesso Messi[5].
La sua ribalta internazionale risale all'estate 2005 quando, segnando 6 gol in 7 partite, contribuisce alla vittoria della sua nazionale al Mondiale Under 20, venendo eletto miglior giocatore del torneo.
Dios di Maradona.
La rete, come quella del Pibe de oro, è stata convalidata tra le proteste degli avversari, il che ha suscitato molte polemiche verso il direttore di gara e nei suoi confronti, ricevendo accuse di antisportività. Alla domanda se avesse toccato il pallone con la mano, ha dichiarato che «non importa come abbia segnato il gol»[18]. Ha aggiunto che «è stato un gol come un altro» e che «sono giocate che in una partita possono arrivare. È stato un gol come altri, quindi da festeggiare con allegria»[19].
La stagione 2006/07 lo conferma come uno dei migliori giocatori al mondo, vince il Trofeo Bravo del Guerin Sportivo come miglior calciatore europeo sotto i 21 anni, arriva terzo al Pallone d'oro 2007 vinto da Kaká e secondo al FIFA World Player of the Year.
Con la rappresentativa Under-20 si impone a livello internazionale nell'estate 2005 quando, segnando 6 gol in 7 partite, contribuisce alla vittoria della sua nazionale al Mondiale Under 20 in Olanda, venendo eletto miglior giocatore del torneo (Adidas Gold Ball) e ottenendo il titolo di capocannoniere (Adidas Golden Shoe).Il 4 agosto 2005 José Pekerman lo convoca nella Nazionale maggiore e debutta il 17 agosto contro l'Ungheria, ma è si rivela un'occasione da dimenticare. Entrato al 63esimo minuto, viene espulso dopo solo 40 secondi, in quanto l'arbitro della gara, il tedesco Markus Merk, lo punisce per una gomitata rifilata al difensore Vilmos Vanczák, che si era aggrappato alla sua maglia, e lascia il campo in lacrime.
Il mese successivo, il 3 settembre, disputa la sua prima "vera" gara internazionale nella sconfitta dell'Argentina in Paraguay nelle qualificazioni al Campionato mondiale di calcio 2006. Riguardo alla gara afferma: "Questo è un ri-debutto. Il primo era un po' corto."[26].
L'infortunio che lo ha fermato per due mesi al termine della stagione 2005/06 mette in pericolo la partecipazione al Campionato mondiale di calcio in Germania. Nonostante questo viene convocato nella squadra argentina il 15 maggio e riesce anche a disputare qualche minuto della gara amichevole disputata dalla Argentina Under-20 contro l'Angola[27][28].
Rimane a guardare la gara di apertura dell'Argentina contro la Costa d'Avorio dalla panchina, ma nella gara successiva contro la Serbia, diventa il più giovane giocatore a rappresentare l'Argentina ad una Coppa del Mondo, entrando al 74esimo minuto per Maxi Rodríguez. Dopo pochi minuti fornisce a Hernan Crespo l'assist vincente e sigla anche il gol finale della vittoria 6-0, che lo rende il più giovane marcatore della competizione del 2006 ed il quinto in assoluto della Coppa del Mondo[29]. Parte da titolare nel successivo paregio 0-0 contro l'Olanda[30].
Nella seguente gara contro il Messico entra solo al 84esimo minuto, sul punteggio di 1-1. Realizza un gol, annullato per dubbio fuorigioco[31][32] e l'Argentina ha bisogno dei tempi supplementari per vincere. Durante la gara dei quarti di finale contro la Germania si siede in panchina e l'Argentina perde ai rigori[33].
Data la sua giovane età, nel 2008 è stato convocato dal C.T. della Nazionale olimpica Sergio Batista per disputare i Giochi olimpici di Pechino. Realizza il primo gol della vittoria 2-1 sulla Costa d'Avorio Under-23 nella gara inaugurale e nei quarti realizza il primo gol e serve l'assist a Ángel Di María per il secondo gol che batte l'Olanda Under-23 ai tempi supplementari.
Fornisce un'altra grande prestazione contro il Brasile Under-23 in semifinale, in cui l'Argentina si impone 3-0, avanzando alla finale. Nel match che assegna la medaglia d'oro, si guadagna l'Oro Olimpico fornendo a Di Maria l'assist per l'unico gol segnato dai sudamericani, che consente loro di vincere la gara contro la Nigeria Under-23.
Per sopperire al deficit fisico che gli causava la sua malattia, ben presto imparò a giocare palla a terra, sviluppando una grande tecnica palla al piede che lo rende oggi uno tra i giocatori piu' forti al mondo.
Inizia a giocare a calcio all'età di 5 anni nel Grandoli, squadra allenata dal padre. Nel 1995, a 7 anni, passa al Newell's Old Boys[2]. All'età di 11 anni, gli viene diagnosticato una deficienza all'ormone della crescita[3]. Il River Plate mostra interesse nei suoi confronti, ma non ha abbastanza denaro per pagargli le cure necessarie. È quindi il Barcellona, attraverso il suo direttore sportivo Carles Rexach, ad interessarsi al suo talento dopo averlo visto giocare[4] e si rende disponibile per pagare le sue cure, se si fosse trasferito in Spagna[2]. Tutta la sua famiglia si trasferisce così in Europa ed inizia a giocare nelle giovanili blaugrana[4].Fa il suo esordio non ufficiale con la prima squadra contro l'FC Porto il 16 novembre 2003 e dopo meno di un anno debutta in una gara ufficiale contro l'Espanyol il 16 ottobre 2004, diventando il terzo più giovane giocatore a vestire la maglia del FC Barcelona ed il più giovane a giocare nella Liga (record battuto solo dal compagno Bojan Krkić nel settembre 2007). Quando realizza il suo primo gol in prima squadra contro l'Albacete Balompié il 1° maggio 2005, ha solo 17 anni, 10 mesi e 7 giorni, diventando così il più giovane giocatore ad aver segnato in una gara di campionato per il Barça fino al 2007 quando è ancora Bojan Krkić a superare questo record, realizzando una rete su assist dello stesso Messi[5].
La sua ribalta internazionale risale all'estate 2005 quando, segnando 6 gol in 7 partite, contribuisce alla vittoria della sua nazionale al Mondiale Under 20, venendo eletto miglior giocatore del torneo.
Dios di Maradona.
La rete, come quella del Pibe de oro, è stata convalidata tra le proteste degli avversari, il che ha suscitato molte polemiche verso il direttore di gara e nei suoi confronti, ricevendo accuse di antisportività. Alla domanda se avesse toccato il pallone con la mano, ha dichiarato che «non importa come abbia segnato il gol»[18]. Ha aggiunto che «è stato un gol come un altro» e che «sono giocate che in una partita possono arrivare. È stato un gol come altri, quindi da festeggiare con allegria»[19].
La stagione 2006/07 lo conferma come uno dei migliori giocatori al mondo, vince il Trofeo Bravo del Guerin Sportivo come miglior calciatore europeo sotto i 21 anni, arriva terzo al Pallone d'oro 2007 vinto da Kaká e secondo al FIFA World Player of the Year.
Con la rappresentativa Under-20 si impone a livello internazionale nell'estate 2005 quando, segnando 6 gol in 7 partite, contribuisce alla vittoria della sua nazionale al Mondiale Under 20 in Olanda, venendo eletto miglior giocatore del torneo (Adidas Gold Ball) e ottenendo il titolo di capocannoniere (Adidas Golden Shoe).Il 4 agosto 2005 José Pekerman lo convoca nella Nazionale maggiore e debutta il 17 agosto contro l'Ungheria, ma è si rivela un'occasione da dimenticare. Entrato al 63esimo minuto, viene espulso dopo solo 40 secondi, in quanto l'arbitro della gara, il tedesco Markus Merk, lo punisce per una gomitata rifilata al difensore Vilmos Vanczák, che si era aggrappato alla sua maglia, e lascia il campo in lacrime.
Il mese successivo, il 3 settembre, disputa la sua prima "vera" gara internazionale nella sconfitta dell'Argentina in Paraguay nelle qualificazioni al Campionato mondiale di calcio 2006. Riguardo alla gara afferma: "Questo è un ri-debutto. Il primo era un po' corto."[26].
L'infortunio che lo ha fermato per due mesi al termine della stagione 2005/06 mette in pericolo la partecipazione al Campionato mondiale di calcio in Germania. Nonostante questo viene convocato nella squadra argentina il 15 maggio e riesce anche a disputare qualche minuto della gara amichevole disputata dalla Argentina Under-20 contro l'Angola[27][28].
Rimane a guardare la gara di apertura dell'Argentina contro la Costa d'Avorio dalla panchina, ma nella gara successiva contro la Serbia, diventa il più giovane giocatore a rappresentare l'Argentina ad una Coppa del Mondo, entrando al 74esimo minuto per Maxi Rodríguez. Dopo pochi minuti fornisce a Hernan Crespo l'assist vincente e sigla anche il gol finale della vittoria 6-0, che lo rende il più giovane marcatore della competizione del 2006 ed il quinto in assoluto della Coppa del Mondo[29]. Parte da titolare nel successivo paregio 0-0 contro l'Olanda[30].
Nella seguente gara contro il Messico entra solo al 84esimo minuto, sul punteggio di 1-1. Realizza un gol, annullato per dubbio fuorigioco[31][32] e l'Argentina ha bisogno dei tempi supplementari per vincere. Durante la gara dei quarti di finale contro la Germania si siede in panchina e l'Argentina perde ai rigori[33].
Data la sua giovane età, nel 2008 è stato convocato dal C.T. della Nazionale olimpica Sergio Batista per disputare i Giochi olimpici di Pechino. Realizza il primo gol della vittoria 2-1 sulla Costa d'Avorio Under-23 nella gara inaugurale e nei quarti realizza il primo gol e serve l'assist a Ángel Di María per il secondo gol che batte l'Olanda Under-23 ai tempi supplementari.
Fornisce un'altra grande prestazione contro il Brasile Under-23 in semifinale, in cui l'Argentina si impone 3-0, avanzando alla finale. Nel match che assegna la medaglia d'oro, si guadagna l'Oro Olimpico fornendo a Di Maria l'assist per l'unico gol segnato dai sudamericani, che consente loro di vincere la gara contro la Nigeria Under-23.
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Edgar Davids
Edgar Steven Davids (Paramaribo, 13 marzo 1973) è un calciatore olandese, attualmente svincolato.
È stato soprannominato Cogionazzo dall'ex allenatore dell'Ajax Louis van Gaal per l'aggressività mostrata in campo. Proprio il suo carattere è stato spesso causa di incomprensioni con gli allenatori. Durante gli anni alla Juventus ha sofferto di glaucoma e, per un certo periodo, ha dovuto portare occhiali protettivi, che però ha continuato ad indossare, principalmente per motivi di immagine, anche dopo il superamento della malattia. Ha disputato sei finali di Champions League ma ne ha vinta solo una.
Ha iniziato la sua carriera nell'Ajax nel 1991, contribuendo nelle vittorie di coppa UEFA nel 1992 e la Champions League nel 1995.
Si trasferisce in Italia nel 1996, vestendo inizialmente la maglia del AC Milan, dove rimane per un anno e mezzo, senza brillare particolarmente, per poi passare nel gennaio del 1998 alla Juventus, primo olandese nella storia del club.
In bianconero è tutt'altro giocatore rispetto a quello visto a Milano e diventa un elemento fondamentale per la squadra, facendo nascere alcune critiche verso la dirigenza rossonera, accusata di essere stata troppo precipitosa nel vendere il giocatore, soprattutto ad una rivale storica. La continuità di rendimento unita alla grinta ed all'ottima tecnica individuale ne fanno uno dei migliori interpreti del suo ruolo in quegli anni.
Mentre milita in bianconero, il 17 maggio 2001, viene sospeso dalla FIFA dopo essere risultato positivo ad uno steroide vietato, il nandrolone, insieme ad altri giocatori olandesi dopo un'amichevole tra Olanda e Turchia.
Rientrato dalla squalifica, rimane con la Juve altri anni, contribuendo in maniera determinante alla conquista della finale della Champions League 2003, poi persa ai rigori contro il Milan. A causa di alcuni dissidi con l'allenatore bianconero Marcello Lippi, viene ceduto in prestito al Barcellona a metà della stagione 2004 ed il suo arrivo in blaugrana migliora notevolmente il rendimento della squadra, tanto che furono in molti ad auspicare il suo acquisto a titolo definitivo, ma a fine anno il cartellino del giocatore viene acquistato dall'Inter[1].
Il suo rendimento in nerazzurro è simile a quello visto in rossonero tanto che, a fine stagione, la società milanese pensa alla recissione del contratto[2], per poi cederlo a titolo gratuito al Tottenham Hotspur[3]. Dopo la prima stagione inglese già si diffondono le voci di un suo possibile ritorno all'Ajax[4], ma decide di rimanere ancora con gli Spurs[5], che lascia pochi mesi dopo, nel gennaio del 2007.
Dopo alcune voci che lo volevano diretto alla formazione statunitense di Dallas[6], alla fine di gennaio raggiunge un accordo di 18 mesi con la società che l'ha lanciato, l'Ajax[7]. Ad Amsterdam è artefice di una grande rimonta dell'Ajax, portando la squadra ad un gol dal titolo, e contribuisce alla vittoria della Coppa d'Olanda, segnando il rigore decisivo dopo una partita conclusasi 1-1 ai tempi regolamentari contro l'AZ Alkmaar.
Nella seconda stagione arriva ancora al secondo posto in Eredivisie, a soli tre punti dalla capolista PSV, ma a fine stagione non rinnova il contratto[8] e si ritrova svincolato sul mercato europeo.
Ha fatto parte della Nazionale di calcio olandese dal debutto nell'aprile del 1994 contro l'Irlanda, ma non ha mai vinto alcun titolo con la maglia orange.
Durante gli Europei del 1996 viene rispedito a casa in quanto critica fortemente il tecnico olandese Guus Hiddink.
Nonostante le parole forti rivolte al c.t., rimane sempre apprezzato da questo che lo include nella squadra olandese per i Mondiali in Francia del 1998. Alla fine della competizione l'Olanda arriva quarta e lui viene inserito dalla FIFA nel "Team of the Tournament".
Partecipa due anni dopo anche agli Europei in Olanda e Belgio e viene ancora inserito nell'UEFA "Team of the Tournament", nonostante l'Olanda esca in semifinale ai rigori contro l'Italia.
Dopo l'Euro 2004, in cui l'Olanda esce sconfitta ancora in semifinale, il nuovo c.t. degli orange Marco van Basten gli consegna la fascia di capitano. Giocando pochissimo pero` nell'Inter, perde il posto in nazionale, nella quale viene richiamato solo per un breve periodo dall'ottobre del 2005, per le qualificazioni per i Mondiali in Germania.
È stato soprannominato Cogionazzo dall'ex allenatore dell'Ajax Louis van Gaal per l'aggressività mostrata in campo. Proprio il suo carattere è stato spesso causa di incomprensioni con gli allenatori. Durante gli anni alla Juventus ha sofferto di glaucoma e, per un certo periodo, ha dovuto portare occhiali protettivi, che però ha continuato ad indossare, principalmente per motivi di immagine, anche dopo il superamento della malattia. Ha disputato sei finali di Champions League ma ne ha vinta solo una.
Ha iniziato la sua carriera nell'Ajax nel 1991, contribuendo nelle vittorie di coppa UEFA nel 1992 e la Champions League nel 1995.
Si trasferisce in Italia nel 1996, vestendo inizialmente la maglia del AC Milan, dove rimane per un anno e mezzo, senza brillare particolarmente, per poi passare nel gennaio del 1998 alla Juventus, primo olandese nella storia del club.
In bianconero è tutt'altro giocatore rispetto a quello visto a Milano e diventa un elemento fondamentale per la squadra, facendo nascere alcune critiche verso la dirigenza rossonera, accusata di essere stata troppo precipitosa nel vendere il giocatore, soprattutto ad una rivale storica. La continuità di rendimento unita alla grinta ed all'ottima tecnica individuale ne fanno uno dei migliori interpreti del suo ruolo in quegli anni.
Mentre milita in bianconero, il 17 maggio 2001, viene sospeso dalla FIFA dopo essere risultato positivo ad uno steroide vietato, il nandrolone, insieme ad altri giocatori olandesi dopo un'amichevole tra Olanda e Turchia.
Rientrato dalla squalifica, rimane con la Juve altri anni, contribuendo in maniera determinante alla conquista della finale della Champions League 2003, poi persa ai rigori contro il Milan. A causa di alcuni dissidi con l'allenatore bianconero Marcello Lippi, viene ceduto in prestito al Barcellona a metà della stagione 2004 ed il suo arrivo in blaugrana migliora notevolmente il rendimento della squadra, tanto che furono in molti ad auspicare il suo acquisto a titolo definitivo, ma a fine anno il cartellino del giocatore viene acquistato dall'Inter[1].
Il suo rendimento in nerazzurro è simile a quello visto in rossonero tanto che, a fine stagione, la società milanese pensa alla recissione del contratto[2], per poi cederlo a titolo gratuito al Tottenham Hotspur[3]. Dopo la prima stagione inglese già si diffondono le voci di un suo possibile ritorno all'Ajax[4], ma decide di rimanere ancora con gli Spurs[5], che lascia pochi mesi dopo, nel gennaio del 2007.
Dopo alcune voci che lo volevano diretto alla formazione statunitense di Dallas[6], alla fine di gennaio raggiunge un accordo di 18 mesi con la società che l'ha lanciato, l'Ajax[7]. Ad Amsterdam è artefice di una grande rimonta dell'Ajax, portando la squadra ad un gol dal titolo, e contribuisce alla vittoria della Coppa d'Olanda, segnando il rigore decisivo dopo una partita conclusasi 1-1 ai tempi regolamentari contro l'AZ Alkmaar.
Nella seconda stagione arriva ancora al secondo posto in Eredivisie, a soli tre punti dalla capolista PSV, ma a fine stagione non rinnova il contratto[8] e si ritrova svincolato sul mercato europeo.
Ha fatto parte della Nazionale di calcio olandese dal debutto nell'aprile del 1994 contro l'Irlanda, ma non ha mai vinto alcun titolo con la maglia orange.
Durante gli Europei del 1996 viene rispedito a casa in quanto critica fortemente il tecnico olandese Guus Hiddink.
Nonostante le parole forti rivolte al c.t., rimane sempre apprezzato da questo che lo include nella squadra olandese per i Mondiali in Francia del 1998. Alla fine della competizione l'Olanda arriva quarta e lui viene inserito dalla FIFA nel "Team of the Tournament".
Partecipa due anni dopo anche agli Europei in Olanda e Belgio e viene ancora inserito nell'UEFA "Team of the Tournament", nonostante l'Olanda esca in semifinale ai rigori contro l'Italia.
Dopo l'Euro 2004, in cui l'Olanda esce sconfitta ancora in semifinale, il nuovo c.t. degli orange Marco van Basten gli consegna la fascia di capitano. Giocando pochissimo pero` nell'Inter, perde il posto in nazionale, nella quale viene richiamato solo per un breve periodo dall'ottobre del 2005, per le qualificazioni per i Mondiali in Germania.
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David trezeguet
David Sergio Trézéguet (Rouen, 15 ottobre 1977) è un calciatore francese, attaccante della Juventus. E' il goleador straniero più prolifico nella storia della Juventus, con 160 gol ufficiali (115 in Serie A). Pedina fondamentale dell'attacco bianconero (forma con Del Piero una delle migliori coppie-gol della storia juventina). Nella sua nazionale ha formato, con il compagno e amico Thierry Henry, una fra le coppie d'attacco più prolifiche della storia. Campione del mondo ai Mondiali di calcio Francia 1998. Campione d'Europa al Campionato europeo di calcio 2000, nella cui finale segnò il golden gol. Vice-campione del mondo ai Mondiali di calcio Germania 2006.Centravanti dal rendimento elevato e costante, viene considerato uno tra i goleador più forti d'Europa e del Mondo. Tra le sue caratteristiche migliori può annoverare il colpo di testa, oltre che il gioco in acrobazia (da ricordare il gol rifilato al Real Madrid negli ottavi di Champions League 2004/05). La notevole coordinazione in fase di tiro resta comunque il suo più grande punto di forza, come dimostra il goal di sinistro (non il suo piede preferito) di prima intenzione all'incrocio dei pali, grazie al quale la Francia ha sconfitto l'Italia nella finale degli Europei del 2000, oppure il gol con cui ha deciso il derby del 2007 contro il Torino con un tiro al volo in controtempo. Non fa del possesso di palla o del dribbling il suo punto di forza, ma predilige il lavoro di sponda con tocchi di prima verso il compagno più vicino anche se ciò che lo rende unico sono il senso della posizione, il fiuto del gol e l'intelligenza tattica nei movimenti: infatti, pur non essendo molto appariscente durante la partita, sa sempre sfruttare al meglio l'occasione propizia per segnare. Negli ultimi anni è cresciuto decisamente anche sul piano dell'interdizione, sacrificandosi per la squadra come mai aveva fatto prima.
In ogni caso non lo si può definire un mero opportunista: i suoi gol sono caratterizzati sempre da uno stile personalissimo che lo identifica e contraddistingue. I gesti atletici che lo portano a segnare sono armoniosi e rivelano eleganza di esecuzione, siano essi di piede o di testa. L'unico suo limite è la scarsa capacità di fare "reparto da solo", in quanto non molto abile nel difendere il pallone e nel giocare spalle alla porta. Se si trova costretto a dover giocare di sponda predilige piuttosto passaggi e tocchi di prima.
Attualmente (fine campionato 2007/2008), detiene la più alta media-gol dai tempi di Gunnar Nordahl, l'attaccante del Milan degli anni '50, insieme a Marco Van Basten e Andriy Shevchenko, gli altri attaccanti più forti della storia recente della Serie A: per una singolare coincidenza sono tutti e tre a quota 0,61. Rispetto agli altri però, c'è un particolare che lo pone in una posizione privilegiata: appena 5 gol su 115 realizzati su calcio di rigore.[citazione necessaria]
Cresciuto in Argentina, nazione in cui la sua famiglia, originaria della Francia, era emigrata, inizia a giocare a calcio seguendo le orme del padre, Jorge (attualmente suo procuratore). Dopo un provino viene accettato nella squadra giovanile del Platense e a 16 anni esordisce in prima squadra nel campionato argentino.
Torna in Francia nel 1995, acquistato dal Monaco. Partito dalla Primavera, si fa ben presto notare dal tecnico, l'ex nazionale francese Jean Tigana, che lo fa esordire in prima squadra, a far coppia d'attacco con Thierry Henry.
Nel 2000 vince lo scudetto con la squadra monegasca, bissando quello vinto tre anni prima nel 1997, e segna in totale 52 gol.
Alla Juventus [modifica]
Nell'estate del 2000 viene acquistato, per la cifra di 45 miliardi di lire, dalla Juventus, club dove milita tuttora. La prima stagione lo ha visto spesso in panchina, in quanto l'allenatore Ancelotti gli preferisce Inzaghi e Del Piero. Nel finale del campionato, però, si impone come titolare, mostrando tutte le sue qualità e, pur giocando meno partite di entrambi i titolari, risulta il miglior cannoniere della Juve in stagione con 14 gol in 25 presenze, tanto da convincere la società a puntare su di lui sacrificando Inzaghi. La scelta di madama risulta azzeccatissima: nel 2001/02, con Lippi in panchina, vince il suo primo Scudetto laureandosi capocannoniere del campionato con 24 gol (tutti senza rigori) e componendo con Del Piero una straordinaria coppia d'attacco, che rimarrà tale negli anni a seguire diventando a suon di gol nell'immaginario collettivo la coppia simbolo della storia juventina. Segna anche 8 gol in Champions League, ma la Juve si ferma alla seconda fase.
2002-2004 [modifica]
Nel 2002/03 la Juventus vince la Supercoppa Italiana, ma non scende in campo perché infortunato, ed un altro Scudetto. È una stagione sfortunata, ricca di infortuni, ma ciò non gli impedisce di segnare 4 gol in Champions League, di cui due nelle due semifinali contro il Real Madrid. La finale di Manchester contro il Milan non regala gioie e, dopo una prestazione incolore, si fa parare il rigore da Dida e manca così il grande successo internazionale che ancora oggi non ha conseguito con la maglia della Juventus. Nella stagione 2003/04 vince un'altra Supercoppa Italiana a New York contro il Milan, ai rigori, realizzando nel primo tempo supplementare il gol dell'1-1 che salva la squadra bianconera dalla sconfitta al silver gol. In campionato, pur segnando 16 gol, spesso è vittima d'infortuni che gli impediscono di dare il giusto apporto alla squadra, protagonista di una deludente stagione: fuori agli ottavi di finale di Champions League, il terzo posto in Serie A è il massimo che si possa ottenere.
Nel 1996 vince con la Francia Under 18 il Campionato d'Europa e solo due anni dopo, nel 1998, diventa Campione del Mondo con la nazionale francese. Passano ancora due anni e vince anche il Campionato europeo, grazie al suo decisivo golden gol nel corso dei supplementari della finale contro l'Italia.
Partecipa ai Mondiali in Germania, dove però colleziona solamente due presenze a causa di forti incomprensioni con l'allenatore Raymond Domenech. Entrato all'11° minuto del primo tempo supplementare della finale contro l'Italia, è tra i rigoristi della partita. Il suo calcio di rigore, che tira sulla traversa, risulterà decisivo per la sconfitta della sua squadra.
Al termine della stagione 2007/08, nonostante i 20 gol in Serie A, il selezionatore della nazionale francese Domenech non lo convoca per la fase finale degli Europei 2008; da tempo infatti, tra i due non c'è stima e fiducia reciproca ed a pagare è il giocatore. Domenech d'altronde predilige un gioco con una sola punta di movimento, per cui un uomo d'area di rigore non rientra come prima opzione nei suoi schemi.
Il 9 luglio 2008, durante una conferenza stampa nel ritiro di Pinzolo dove la Juventus sta preparandosi per il campionato, vista la conferma dell'odiato Raymond Domenech sulla panchina della Francia, ha annunciato il ritiro dai blues[3].
Lascia quindi la nazionale dopo aver vinto un Mondiale ed un Europeo,ma non ha escluso che,in futuro,in un eventuale addio di Domenech,possa tornare a vestire la maglia dei blues.
In ogni caso non lo si può definire un mero opportunista: i suoi gol sono caratterizzati sempre da uno stile personalissimo che lo identifica e contraddistingue. I gesti atletici che lo portano a segnare sono armoniosi e rivelano eleganza di esecuzione, siano essi di piede o di testa. L'unico suo limite è la scarsa capacità di fare "reparto da solo", in quanto non molto abile nel difendere il pallone e nel giocare spalle alla porta. Se si trova costretto a dover giocare di sponda predilige piuttosto passaggi e tocchi di prima.
Attualmente (fine campionato 2007/2008), detiene la più alta media-gol dai tempi di Gunnar Nordahl, l'attaccante del Milan degli anni '50, insieme a Marco Van Basten e Andriy Shevchenko, gli altri attaccanti più forti della storia recente della Serie A: per una singolare coincidenza sono tutti e tre a quota 0,61. Rispetto agli altri però, c'è un particolare che lo pone in una posizione privilegiata: appena 5 gol su 115 realizzati su calcio di rigore.[citazione necessaria]
Cresciuto in Argentina, nazione in cui la sua famiglia, originaria della Francia, era emigrata, inizia a giocare a calcio seguendo le orme del padre, Jorge (attualmente suo procuratore). Dopo un provino viene accettato nella squadra giovanile del Platense e a 16 anni esordisce in prima squadra nel campionato argentino.
Torna in Francia nel 1995, acquistato dal Monaco. Partito dalla Primavera, si fa ben presto notare dal tecnico, l'ex nazionale francese Jean Tigana, che lo fa esordire in prima squadra, a far coppia d'attacco con Thierry Henry.
Nel 2000 vince lo scudetto con la squadra monegasca, bissando quello vinto tre anni prima nel 1997, e segna in totale 52 gol.
Alla Juventus [modifica]
Nell'estate del 2000 viene acquistato, per la cifra di 45 miliardi di lire, dalla Juventus, club dove milita tuttora. La prima stagione lo ha visto spesso in panchina, in quanto l'allenatore Ancelotti gli preferisce Inzaghi e Del Piero. Nel finale del campionato, però, si impone come titolare, mostrando tutte le sue qualità e, pur giocando meno partite di entrambi i titolari, risulta il miglior cannoniere della Juve in stagione con 14 gol in 25 presenze, tanto da convincere la società a puntare su di lui sacrificando Inzaghi. La scelta di madama risulta azzeccatissima: nel 2001/02, con Lippi in panchina, vince il suo primo Scudetto laureandosi capocannoniere del campionato con 24 gol (tutti senza rigori) e componendo con Del Piero una straordinaria coppia d'attacco, che rimarrà tale negli anni a seguire diventando a suon di gol nell'immaginario collettivo la coppia simbolo della storia juventina. Segna anche 8 gol in Champions League, ma la Juve si ferma alla seconda fase.
2002-2004 [modifica]
Nel 2002/03 la Juventus vince la Supercoppa Italiana, ma non scende in campo perché infortunato, ed un altro Scudetto. È una stagione sfortunata, ricca di infortuni, ma ciò non gli impedisce di segnare 4 gol in Champions League, di cui due nelle due semifinali contro il Real Madrid. La finale di Manchester contro il Milan non regala gioie e, dopo una prestazione incolore, si fa parare il rigore da Dida e manca così il grande successo internazionale che ancora oggi non ha conseguito con la maglia della Juventus. Nella stagione 2003/04 vince un'altra Supercoppa Italiana a New York contro il Milan, ai rigori, realizzando nel primo tempo supplementare il gol dell'1-1 che salva la squadra bianconera dalla sconfitta al silver gol. In campionato, pur segnando 16 gol, spesso è vittima d'infortuni che gli impediscono di dare il giusto apporto alla squadra, protagonista di una deludente stagione: fuori agli ottavi di finale di Champions League, il terzo posto in Serie A è il massimo che si possa ottenere.
Nel 1996 vince con la Francia Under 18 il Campionato d'Europa e solo due anni dopo, nel 1998, diventa Campione del Mondo con la nazionale francese. Passano ancora due anni e vince anche il Campionato europeo, grazie al suo decisivo golden gol nel corso dei supplementari della finale contro l'Italia.
Partecipa ai Mondiali in Germania, dove però colleziona solamente due presenze a causa di forti incomprensioni con l'allenatore Raymond Domenech. Entrato all'11° minuto del primo tempo supplementare della finale contro l'Italia, è tra i rigoristi della partita. Il suo calcio di rigore, che tira sulla traversa, risulterà decisivo per la sconfitta della sua squadra.
Al termine della stagione 2007/08, nonostante i 20 gol in Serie A, il selezionatore della nazionale francese Domenech non lo convoca per la fase finale degli Europei 2008; da tempo infatti, tra i due non c'è stima e fiducia reciproca ed a pagare è il giocatore. Domenech d'altronde predilige un gioco con una sola punta di movimento, per cui un uomo d'area di rigore non rientra come prima opzione nei suoi schemi.
Il 9 luglio 2008, durante una conferenza stampa nel ritiro di Pinzolo dove la Juventus sta preparandosi per il campionato, vista la conferma dell'odiato Raymond Domenech sulla panchina della Francia, ha annunciato il ritiro dai blues[3].
Lascia quindi la nazionale dopo aver vinto un Mondiale ed un Europeo,ma non ha escluso che,in futuro,in un eventuale addio di Domenech,possa tornare a vestire la maglia dei blues.
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Località : Palermo
Umore : felice scherzoso allegro
Data d'iscrizione : 25.06.08
Thierry Henry
Thierry Henry (Parigi, 17 agosto 1977) è un calciatore francese di madre martinicana e padre guadalupese che gioca come attaccante nel Barcellona e nella Nazionale francese.Nato e cresciuto a Parigi, esordisce nel grande calcio con la maglia del Monaco dove fa coppia con un altro grande attaccante francese, David Trezeguet. I due si ritroveranno spesso accanto anche con la maglia della Nazionale.
Juventus [modifica]
Passa alla Juventus, durante la stagione 1998-1999. L'allenatore Carlo Ancelotti, però, lo utilizza come laterale di centrocampo, posizione non ideale per Henry. Alla Juventus ha comunque il tempo di disputare alcune buone partite come ala e di vivere un pomeriggio di gioia all'Olimpico, quando segna due gol alla Lazio. Fu venduto all' Arsenal dopo uno diverbio avuto con il direttore generale bianconero Luciano Moggi che lo spinse a lasciare Torino.
La svolta della sua carriera arriva con il trasferimento a Londra, all'Arsenal, voluto dal suo mentore Arsène Wenger, che lo aveva allenato già a Monaco. La Juve lo cede per 11 milioni di sterline. Wenger, intanto, ha già avviato il ciclo di vittorie un anno prima, con la conquista del double (Premiership-FA Cup) e con l'acquisto di Henry intende dotare la squadra di un bomber di alto livello, azzeccando la scelta: durante la sua quarta stagione Henry segna già la centesima rete con la maglia dei Gunners e non scende mai sotto le 22 reti stagionali. Molti gol sono di pregevole fattura: in acrobazia, su rigore, punizione, d'astuzia o di potenza. Le sue armi offensive sono così tante e così varie da disorientare qualsiasi difesa. Si ricordano una tripletta alla Roma, una doppietta all'Inter e due reti alla Juventus, rispettivamente nella UEFA Champions League 2002-03 , 2003-04 e alla juve nelle stagioni 2001-02 e 2005-2006. Un punto debole di Henry è il colpo di testa, malgrado l'altezza. In compenso con il tempo ha migliorato sempre di più sui calci piazzati, diventando il tiratore numero uno dell'Arsenal sulle punizioni, e sicuramente uno dei più prolifici d'Europa. Il gioco dell'Arsenal era basato sulle sue caratteristiche: un gioco veloce, verticale che si sposa alla perfezione con la velocità impressionante del francese, sia palla al piede sia senza. Abile nei cambi di direzione, negli scatti improvvisi e nel tiro tagliente e preciso, Henry sa spesso concludere alla perfezione azioni corali. Dell'Arsenal è divenuto ben presto il leader, il bomber e il giocatore simbolo, oltre che il punto di riferimento della Nazionale transalpina insieme a Zinédine Zidane.
Nell'estate del 2007 si trasferisce al Barcellona. Secondo quanto dichiarato dal giocatore, a indurlo ad essere ceduto sono state le dimissioni di David Dein da vice-presidente dell'Arsenal per divergenze con la società e la mancata conferma da parte del tecnico Wenger, che ha rinnovato il contratto in scadenza nel 2008 soltanto dopo la sua cessione. Alla fine della stagione segnerà 12 gol in 30 presenze.Con la maglia della Nazionale francese ha superato il record di marcature di Michel Platini.
Vinse il campionato del mondo 1998, pur non scendendo in campo nella finale e pur avendo segnato 3 gol nel corso del torneo. Conquistò anche il campionato d’Europa 2000, realizzando 3 reti in 6 presenze. Ha preso parte anche alla disastrosa avventura della Francia al campionato del mondo 2002 (eliminazione al primo turno con nessuna rete segnata dalla Francia) e al campionato d’Europa 2004, competizione in cui realizzò 2 reti in 4 partite (entrambe contro la Svizzera). Nel 2006 ha partecipato al Campionato mondiale di Germania e si è classificato secondo (Francia battuta in finale ai rigori dall'Italia), segnando 3 reti in 7 presenze (contro Corea del Sud, Togo e, marcatura fondamentale, contro il Brasile). Ha partecipato anche alla fase finale degli Europei del 2008, dove ha esordito nel secondo match contro l'Olanda, perso dalla Francia per 4-1, e ha messo a segno l'unica rete dei transalpini nel torneo.
Juventus [modifica]
Passa alla Juventus, durante la stagione 1998-1999. L'allenatore Carlo Ancelotti, però, lo utilizza come laterale di centrocampo, posizione non ideale per Henry. Alla Juventus ha comunque il tempo di disputare alcune buone partite come ala e di vivere un pomeriggio di gioia all'Olimpico, quando segna due gol alla Lazio. Fu venduto all' Arsenal dopo uno diverbio avuto con il direttore generale bianconero Luciano Moggi che lo spinse a lasciare Torino.
La svolta della sua carriera arriva con il trasferimento a Londra, all'Arsenal, voluto dal suo mentore Arsène Wenger, che lo aveva allenato già a Monaco. La Juve lo cede per 11 milioni di sterline. Wenger, intanto, ha già avviato il ciclo di vittorie un anno prima, con la conquista del double (Premiership-FA Cup) e con l'acquisto di Henry intende dotare la squadra di un bomber di alto livello, azzeccando la scelta: durante la sua quarta stagione Henry segna già la centesima rete con la maglia dei Gunners e non scende mai sotto le 22 reti stagionali. Molti gol sono di pregevole fattura: in acrobazia, su rigore, punizione, d'astuzia o di potenza. Le sue armi offensive sono così tante e così varie da disorientare qualsiasi difesa. Si ricordano una tripletta alla Roma, una doppietta all'Inter e due reti alla Juventus, rispettivamente nella UEFA Champions League 2002-03 , 2003-04 e alla juve nelle stagioni 2001-02 e 2005-2006. Un punto debole di Henry è il colpo di testa, malgrado l'altezza. In compenso con il tempo ha migliorato sempre di più sui calci piazzati, diventando il tiratore numero uno dell'Arsenal sulle punizioni, e sicuramente uno dei più prolifici d'Europa. Il gioco dell'Arsenal era basato sulle sue caratteristiche: un gioco veloce, verticale che si sposa alla perfezione con la velocità impressionante del francese, sia palla al piede sia senza. Abile nei cambi di direzione, negli scatti improvvisi e nel tiro tagliente e preciso, Henry sa spesso concludere alla perfezione azioni corali. Dell'Arsenal è divenuto ben presto il leader, il bomber e il giocatore simbolo, oltre che il punto di riferimento della Nazionale transalpina insieme a Zinédine Zidane.
Nell'estate del 2007 si trasferisce al Barcellona. Secondo quanto dichiarato dal giocatore, a indurlo ad essere ceduto sono state le dimissioni di David Dein da vice-presidente dell'Arsenal per divergenze con la società e la mancata conferma da parte del tecnico Wenger, che ha rinnovato il contratto in scadenza nel 2008 soltanto dopo la sua cessione. Alla fine della stagione segnerà 12 gol in 30 presenze.Con la maglia della Nazionale francese ha superato il record di marcature di Michel Platini.
Vinse il campionato del mondo 1998, pur non scendendo in campo nella finale e pur avendo segnato 3 gol nel corso del torneo. Conquistò anche il campionato d’Europa 2000, realizzando 3 reti in 6 presenze. Ha preso parte anche alla disastrosa avventura della Francia al campionato del mondo 2002 (eliminazione al primo turno con nessuna rete segnata dalla Francia) e al campionato d’Europa 2004, competizione in cui realizzò 2 reti in 4 partite (entrambe contro la Svizzera). Nel 2006 ha partecipato al Campionato mondiale di Germania e si è classificato secondo (Francia battuta in finale ai rigori dall'Italia), segnando 3 reti in 7 presenze (contro Corea del Sud, Togo e, marcatura fondamentale, contro il Brasile). Ha partecipato anche alla fase finale degli Europei del 2008, dove ha esordito nel secondo match contro l'Olanda, perso dalla Francia per 4-1, e ha messo a segno l'unica rete dei transalpini nel torneo.
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Pavel Nedved
Pavel Nedvěd (pron. IPA: /ˈpavɛl ˈnɛdvjɛt/; Cheb, 30 agosto 1972) è un calciatore ceco, centrocampista della Juventus.Calciatore di grande temperamento, intuito e velocità, è uno dei più grandi centrocampisti della storia del calcio europeo[citazione necessaria]. Può coprire svariati ruoli sul fronte offensivo del centrocampo, dal laterale al trequartista, in virtù di una grande duttilità tattica. Il suo ruolo prediletto è da sempre l'esterno sinistro di centrocampo, in quanto è dotato di un tiro di straordinaria precisione e potenza con entrambi i piedi e di grandi qualità tecniche, che gli permettono di effettuare cross millimetrici, anch'essi indifferentemente con entrambi i piedi. È inoltre un ottimo tiratore di calci piazzati, ma la caratteristica che più lo ha contraddistinto durante tutta la sua carriera è la corsa ininterrotta sulla fascia per 90 minuti, grazie alla quale è in grado di effettuare tempestivi recuperi difensivi, trasformando l'azione in offensiva. Lazio [modifica]
Nel 1991 il Dukla Praga decide lo promuove in prima squadra. L'anno seguente viene acquistato dallo Sparta Praga con cui gioca per cinque felici stagioni, realizzando 26 gol.
Nel 1996 è autore di un Campionato Europeo da protagonista arrivando in finale con la sua Nazionale. Al termine di Euro 1996, fortemente voluto dal tecnico biancoceleste Zdeněk Zeman, passa alla Lazio, che vince la contesa con il PSV Eindhoven per il suo cartellino.
Il 7 settembre 1996 debutta in Serie A con la maglia biancoceleste contro il Bologna.
Con la Lazio disputa due prime brillanti stagioni, vincendo una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. La stagione successiva è sfortunata a causa di un infortunio che lo blocca per un lungo periodo ma, nonostante questo, lascia comunque la sua preziosissima firma nella vittoria della Coppa delle Coppe, segnando il gol nella finale di Birmingham il 19 maggio 1999 che consegna il trofeo alla squadra romana.
La stagione successiva è arricchita dalla vittoria in Supercoppa Europea contro il Manchester United e soprattutto dalla strepitosa vittoria in campionato coi biancocelesti.
Juventus [modifica]
Dopo cinque stagioni con la squadra romana viene acquistato per 70 miliardi di lire dalla Juventus, squadra nella quale attualmente milita. Partito Zidane, Lippi cerca di creare un centrocampo nuovo e lo schiera come esterno sinistro, ma nei primi mesi le cose non girano e segna il suo primo gol soltanto a dicembre contro il Perugia (tra l'altro di testa, quindi non "alla Nedvěd"). Nell'ultima gara prima di Natale vinta 4-0 a Brescia, Lippi lo sposta sulla trequarti alla Zidane, lasciandogli libertà di azione tra le linee di centrocampo ed attacco e fra la fascia destra e quella sinistra ed il rendimento cambia radicalmente. A gennaio 2002 segna il suo primo vero gol "alla Nedvěd" in bianconero con un tiro fortissimo contro l'Udinese (3-0). Alla terzultima giornata la vittoria di Piacenza (0-1) arriva grazie ad un bolide del ceco a tre minuti dalla fine. La sua Juve realizza un'incredibile rimonta in campionato ai danni dell'Inter ed all'ultima giornata la scavalca e vince lo scudetto. Pavel chiude il campionato a quota 4 reti.
La sua stagione migliore è certamente la 2002/03: in quell'anno s'impone come il leader della Juventus, il trascinatore, l'uomo che fa la differenza, insieme ovviamente al capitano Alex Del Piero, anch'egli autore di una grande stagione. Cresce di settimana in settimana, diventando l'incubo delle difese avversarie. Memorabile la sua prestazione contro l'Inter (3-0). Realizza 9 gol in campionato (strepitosi i due che rifila al Modena) e vince un altro Scudetto, che si aggiunge alla Supercoppa Italiana. Straordinaria anche l'annata in Champions League durante la quale segna il suo primo gol nella competizione con la maglia bianconera con un siluro contro la Dinamo Kiev (5-0) e trascina i bianconeri in finale con le sue prestazioni fantastiche e decisive. Segna un gran gol al Camp Nou col Barcellona (1-2 dopo i tempi supplementari) e corona con una fantastica rete una prestazione eccezionale nella semifinale di ritorno contro il Real Madrid (3-1). Purtroppo in quella gara rimedia un'ammonizione evitabile negli ultimi minuti e, essendo diffidato, salta la finale di Manchester per squalifica. Al termine della gara esce dal campo in lacrime, disperandosi in quanto "sogna di vincere la “coppa dalle grandi orecchie” fin da quand'era un bambino"[citazione necessaria]. A Manchester, contro il Milan, la Juve patisce moltissimo la sua assenza, non riuscendo ad essere pericolosa in fase offensiva e perdendo la Coppa ai calci di rigore (2-3).
Nonostante il trauma, inizia molto bene la stagione successiva, vincendo un'altra Supercoppa Italiana. Il suo 2003 straordinario si conclude con la conquista del Pallone d'Oro, il trofeo che lo fa entrare di diritto nell'Olimpo del calcio. Festeggia il trofeo davanti ai suoi tifosi con un gran gol da 40 metri al Perugia (1-0). Da quel momento le sue prestazioni iniziano a calare di livello e la Juventus vive una stagione deludente. L'anno successivo torna protagonista, con Capello in panchina. Nonostante gli anni, dà sempre il suo contributo in fatto di gol, giocate e carattere vincendo altri due campionati (poi uno revocato ed uno non assegnato, per le vicende di Calciopoli), diventando sempre più un simbolo della Juventus, adorato dai tifosi non solo per le qualità calcistiche, ma anche per quelle umane, che lo portano a non arrendersi mai ed a dare sempre il massimo per la maglia che indossa.
Nonostante sia ormai nella fase finale della sua carriera ed ancora fortemente competitivo e richiesto dalle maggiori squadre d'Europa, decide di rimanere alla Juventus anche in seguito alla retrocessione Serie B. Nella stagione 2006/07 si rivela in numerose occasioni indispensabile, segnando più volte gol decisivi e spronando la squadra, confermandosi come pilastro fondamentale sia per il gioco, sia per lo spogliatoio bianconero. Conclude la sua stagione nel Campionato Cadetto con 33 presenze e 11 gol, molti dei quali decisivi.
Ottenuta la promozione, nella notte tra l'11 e il 12 luglio 2007 prolunga di un altro anno il suo contratto da 3.000.000€ con la Juventus[1].
Comincia la stagione 2007/2008 in lieve ritardo di condizione, dando un contributo alla squadra più di qualità che di quantità. Il 9 dicembre 2007 corona la sua partita numero 300 in bianconero siglando il gol della vittoria contro l'Atalanta con un tiro da circa 25 metri dalla porta sul secondo palo. Durante la stagione si dimostra, a 35 anni, per l'ennesima volta una pedina fondamentale per la squadra bianconera, disputando un ottimo campionato, appena carente solo dal punto di vista realizzativo (segna solo 2 gol in campionato ed uno in Coppa Italia), ma determinante per temperamento, grinta ed anche assist (7 in totale). Nonostante abbia più volte annunciato la volontà di ritirarsi dal calcio giocato[citazione necessaria], dopo la conquista della qualificazione in Champions League rinnova ancora per un anno il contratto con la Juventus il 13 maggio 2008, fino al 30 giugno 2009, per tentare un ultimo assalto al titolo da lui più desiderato, la “coppa dalle grandi orecchie”. Inizia alla grande la stagione 2008/2009, mostrando grande condizione altletica e mettendo a segno il gol dello 0-1 alla prima giornata di campionato, a Firenze, contro la Fiorentina, partita poi terminata 1-1 nei minuti finali.
Nazionale [modifica]
Esordisce con la Nazionale ceca il 5 giugno 1994, per poi divenirne capitano. Fa parte della squadra che arriva fino alla finale del campionato d’Europa 1996 in Inghilterra e disputa anche il successivo campionato d’Europa 2000 in Belgio e Paesi Bassi nonché quello del 2004 in Portogallo.
Allontanatosi per un anno e mezzo dalla selezione, viene richiamato per disputare gli spareggi di qualificazione e la successiva fase finale del campionato del mondo 2006 in Germania, al termine del quale ha dichiarato la sua intenzione di non voler più giocare per la Nazionale.
Nel 1991 il Dukla Praga decide lo promuove in prima squadra. L'anno seguente viene acquistato dallo Sparta Praga con cui gioca per cinque felici stagioni, realizzando 26 gol.
Nel 1996 è autore di un Campionato Europeo da protagonista arrivando in finale con la sua Nazionale. Al termine di Euro 1996, fortemente voluto dal tecnico biancoceleste Zdeněk Zeman, passa alla Lazio, che vince la contesa con il PSV Eindhoven per il suo cartellino.
Il 7 settembre 1996 debutta in Serie A con la maglia biancoceleste contro il Bologna.
Con la Lazio disputa due prime brillanti stagioni, vincendo una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. La stagione successiva è sfortunata a causa di un infortunio che lo blocca per un lungo periodo ma, nonostante questo, lascia comunque la sua preziosissima firma nella vittoria della Coppa delle Coppe, segnando il gol nella finale di Birmingham il 19 maggio 1999 che consegna il trofeo alla squadra romana.
La stagione successiva è arricchita dalla vittoria in Supercoppa Europea contro il Manchester United e soprattutto dalla strepitosa vittoria in campionato coi biancocelesti.
Juventus [modifica]
Dopo cinque stagioni con la squadra romana viene acquistato per 70 miliardi di lire dalla Juventus, squadra nella quale attualmente milita. Partito Zidane, Lippi cerca di creare un centrocampo nuovo e lo schiera come esterno sinistro, ma nei primi mesi le cose non girano e segna il suo primo gol soltanto a dicembre contro il Perugia (tra l'altro di testa, quindi non "alla Nedvěd"). Nell'ultima gara prima di Natale vinta 4-0 a Brescia, Lippi lo sposta sulla trequarti alla Zidane, lasciandogli libertà di azione tra le linee di centrocampo ed attacco e fra la fascia destra e quella sinistra ed il rendimento cambia radicalmente. A gennaio 2002 segna il suo primo vero gol "alla Nedvěd" in bianconero con un tiro fortissimo contro l'Udinese (3-0). Alla terzultima giornata la vittoria di Piacenza (0-1) arriva grazie ad un bolide del ceco a tre minuti dalla fine. La sua Juve realizza un'incredibile rimonta in campionato ai danni dell'Inter ed all'ultima giornata la scavalca e vince lo scudetto. Pavel chiude il campionato a quota 4 reti.
La sua stagione migliore è certamente la 2002/03: in quell'anno s'impone come il leader della Juventus, il trascinatore, l'uomo che fa la differenza, insieme ovviamente al capitano Alex Del Piero, anch'egli autore di una grande stagione. Cresce di settimana in settimana, diventando l'incubo delle difese avversarie. Memorabile la sua prestazione contro l'Inter (3-0). Realizza 9 gol in campionato (strepitosi i due che rifila al Modena) e vince un altro Scudetto, che si aggiunge alla Supercoppa Italiana. Straordinaria anche l'annata in Champions League durante la quale segna il suo primo gol nella competizione con la maglia bianconera con un siluro contro la Dinamo Kiev (5-0) e trascina i bianconeri in finale con le sue prestazioni fantastiche e decisive. Segna un gran gol al Camp Nou col Barcellona (1-2 dopo i tempi supplementari) e corona con una fantastica rete una prestazione eccezionale nella semifinale di ritorno contro il Real Madrid (3-1). Purtroppo in quella gara rimedia un'ammonizione evitabile negli ultimi minuti e, essendo diffidato, salta la finale di Manchester per squalifica. Al termine della gara esce dal campo in lacrime, disperandosi in quanto "sogna di vincere la “coppa dalle grandi orecchie” fin da quand'era un bambino"[citazione necessaria]. A Manchester, contro il Milan, la Juve patisce moltissimo la sua assenza, non riuscendo ad essere pericolosa in fase offensiva e perdendo la Coppa ai calci di rigore (2-3).
Nonostante il trauma, inizia molto bene la stagione successiva, vincendo un'altra Supercoppa Italiana. Il suo 2003 straordinario si conclude con la conquista del Pallone d'Oro, il trofeo che lo fa entrare di diritto nell'Olimpo del calcio. Festeggia il trofeo davanti ai suoi tifosi con un gran gol da 40 metri al Perugia (1-0). Da quel momento le sue prestazioni iniziano a calare di livello e la Juventus vive una stagione deludente. L'anno successivo torna protagonista, con Capello in panchina. Nonostante gli anni, dà sempre il suo contributo in fatto di gol, giocate e carattere vincendo altri due campionati (poi uno revocato ed uno non assegnato, per le vicende di Calciopoli), diventando sempre più un simbolo della Juventus, adorato dai tifosi non solo per le qualità calcistiche, ma anche per quelle umane, che lo portano a non arrendersi mai ed a dare sempre il massimo per la maglia che indossa.
Nonostante sia ormai nella fase finale della sua carriera ed ancora fortemente competitivo e richiesto dalle maggiori squadre d'Europa, decide di rimanere alla Juventus anche in seguito alla retrocessione Serie B. Nella stagione 2006/07 si rivela in numerose occasioni indispensabile, segnando più volte gol decisivi e spronando la squadra, confermandosi come pilastro fondamentale sia per il gioco, sia per lo spogliatoio bianconero. Conclude la sua stagione nel Campionato Cadetto con 33 presenze e 11 gol, molti dei quali decisivi.
Ottenuta la promozione, nella notte tra l'11 e il 12 luglio 2007 prolunga di un altro anno il suo contratto da 3.000.000€ con la Juventus[1].
Comincia la stagione 2007/2008 in lieve ritardo di condizione, dando un contributo alla squadra più di qualità che di quantità. Il 9 dicembre 2007 corona la sua partita numero 300 in bianconero siglando il gol della vittoria contro l'Atalanta con un tiro da circa 25 metri dalla porta sul secondo palo. Durante la stagione si dimostra, a 35 anni, per l'ennesima volta una pedina fondamentale per la squadra bianconera, disputando un ottimo campionato, appena carente solo dal punto di vista realizzativo (segna solo 2 gol in campionato ed uno in Coppa Italia), ma determinante per temperamento, grinta ed anche assist (7 in totale). Nonostante abbia più volte annunciato la volontà di ritirarsi dal calcio giocato[citazione necessaria], dopo la conquista della qualificazione in Champions League rinnova ancora per un anno il contratto con la Juventus il 13 maggio 2008, fino al 30 giugno 2009, per tentare un ultimo assalto al titolo da lui più desiderato, la “coppa dalle grandi orecchie”. Inizia alla grande la stagione 2008/2009, mostrando grande condizione altletica e mettendo a segno il gol dello 0-1 alla prima giornata di campionato, a Firenze, contro la Fiorentina, partita poi terminata 1-1 nei minuti finali.
Nazionale [modifica]
Esordisce con la Nazionale ceca il 5 giugno 1994, per poi divenirne capitano. Fa parte della squadra che arriva fino alla finale del campionato d’Europa 1996 in Inghilterra e disputa anche il successivo campionato d’Europa 2000 in Belgio e Paesi Bassi nonché quello del 2004 in Portogallo.
Allontanatosi per un anno e mezzo dalla selezione, viene richiamato per disputare gli spareggi di qualificazione e la successiva fase finale del campionato del mondo 2006 in Germania, al termine del quale ha dichiarato la sua intenzione di non voler più giocare per la Nazionale.
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Re: I grandi campioni del calcio
siiiiiii modestamente cmq io penso che le cose siano un po lunghe anche se è giusto perchè mostrano tutte le informazioni del calciatore
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Re: I grandi campioni del calcio
cosa è completo
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